Gravina: "Il calcio italiano non ha problemi, i debiti non sono colpa Figc"

Il presidente federale sferza la Serie A: "Volete fare la Premier? Magari, però vediamo che si intende per autonomia". E intanto Galliani attacca le big

Non si possono attribuire ai vertici del calcio italiano i problemi economici di alcuni club indebitati. È uno dei concetti più significativi della relazione del presidente della Figc, Gabriele Gravina, davanti alla commissione Cultura e Sport del Senato: «Vorrei eliminare il luogo comune che individua in capo al mondo del calcio una sorta di responsabilità nell’accumulo di queste continue perdite. Se nel bilancio integrato la Federazione ha ruolo di impulso, nel mondo dell’imprenditoria è noto a tutti che le scelte aziendali rientrano nell’autonomia del singolo imprenditore e non della Federazione», ha detto Gravina ieri pomeriggio per dribblare le insidie di un appuntamento che avrebbe potuto nascondere qualche ostacolo per il doppio ruolo di Claudio Lotito, componente della commissione da senatore di Forza Italia e al tempo stesso avversario nella politica calcistica di Gravina. Ma non ci sono state tensioni anche perché il proprietario della Lazio si è presentato solo verso la conclusione dell’audizione.

Le critiche a Gravina

Gravina ha dovuto fronteggiare qualche osservazione critica del relatore: Paolo Marcheschi, senatore di Fratelli d’Italia, sconfitto da Gravina alle elezioni per la presidenza della Lega Pro nel 2015. Uno dei temi caldi è stato il proposito della Serie A di seguire il modello Premier League per staccarsi dalla Figc, portato avanti proprio da Lotito nel dibattito interno alla Lega di Via Rosellini: «Il calcio non ha problemi, voglio essere fuori dal coro, i problemi dialettici sono fisiologici. Qualcosa sta diventando patologico perché non si vuole capire che facciamo parte tutti di un’unica filiera. Sento parlare di autonomia, che è legittima.

"Credo che la Serie A sia la motrice del calcio italiano, il problema è cosa si intende per autonomia e l’impatto che ha sulle altre componenti del sistema. La Lega Serie A è libera di autodeterminarsi in ambito commerciale e in ambito di format. Cosa le manca? Vuole il modello Premier? Magari, lì ci sono venti azionisti, ma le quote sono 21 e la ventunesima è della Federazione inglese che ha diritto di veto quasi su tutto».

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Galliani contro Juve, Inter, Milan e Roma

In Senato l’osservazione più polemica è stata di Adriano Galliani, come Lotito sia senatore di Forza Italia che dirigente di club. Il destinatario, però, non è stato Gravina, ma il gruppo di società che hanno chiesto al presidente Figc la riduzione della Serie A da 20 a 18 squadre: «Se fossi stato ancora dirigente del Milan, avrei tentato una manovra meno rozza. Mi sarei mosso in modo diverso da Inter, Juventus, Milan e Roma. Si può passare anche da 20 a 18 squadre, ma con percentuali di ricavi a chi retrocede», ha detto l’a.d. del Monza che era presidente dell’allora Lega Calcio quando la Serie A passò da 18 a 20 squadre, nel 2004.

La questione dei rapporti tra i protagonisti del nostro calcio è stata analizzata anche in mattinata durante una riunione di tutte le componenti federali a Roma. Lega Pro e Lnd – insieme alle associazioni di calciatori, allenatori e arbitri – hanno invitato la Serie A (rappresentata da Andrea Butti, assente il presidente Lorenzo Casini) a presentare un piano preciso sulle modalità scelte per affrancarsi dalla Figc. La Serie A, che ha presentato il progetto ‘Campioni del Made in Italy’ (ogni squadra ha realizzato un video con un calciatore che racconta le eccellenze del territorio), ha risposto a queste osservazioni parlando della ricerca di una maggiore autonomia, non di un’uscita dal sistema. Club e calciatori ritroveranno la sintonia in occasione di una convegno, in programma a Londra il 26 aprile, nel quale le principali Leghe professionistiche di tutti i continenti e Fifpro (il sindacato mondiale dei calciatori) segnaleranno le criticità del nuovo calendario internazionale. Le perplessità maggiori sono legate alle competizioni Fifa, soprattutto il Mondiale per club al via nel 2025.

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Non si possono attribuire ai vertici del calcio italiano i problemi economici di alcuni club indebitati. È uno dei concetti più significativi della relazione del presidente della Figc, Gabriele Gravina, davanti alla commissione Cultura e Sport del Senato: «Vorrei eliminare il luogo comune che individua in capo al mondo del calcio una sorta di responsabilità nell’accumulo di queste continue perdite. Se nel bilancio integrato la Federazione ha ruolo di impulso, nel mondo dell’imprenditoria è noto a tutti che le scelte aziendali rientrano nell’autonomia del singolo imprenditore e non della Federazione», ha detto Gravina ieri pomeriggio per dribblare le insidie di un appuntamento che avrebbe potuto nascondere qualche ostacolo per il doppio ruolo di Claudio Lotito, componente della commissione da senatore di Forza Italia e al tempo stesso avversario nella politica calcistica di Gravina. Ma non ci sono state tensioni anche perché il proprietario della Lazio si è presentato solo verso la conclusione dell’audizione.

Le critiche a Gravina

Gravina ha dovuto fronteggiare qualche osservazione critica del relatore: Paolo Marcheschi, senatore di Fratelli d’Italia, sconfitto da Gravina alle elezioni per la presidenza della Lega Pro nel 2015. Uno dei temi caldi è stato il proposito della Serie A di seguire il modello Premier League per staccarsi dalla Figc, portato avanti proprio da Lotito nel dibattito interno alla Lega di Via Rosellini: «Il calcio non ha problemi, voglio essere fuori dal coro, i problemi dialettici sono fisiologici. Qualcosa sta diventando patologico perché non si vuole capire che facciamo parte tutti di un’unica filiera. Sento parlare di autonomia, che è legittima.

"Credo che la Serie A sia la motrice del calcio italiano, il problema è cosa si intende per autonomia e l’impatto che ha sulle altre componenti del sistema. La Lega Serie A è libera di autodeterminarsi in ambito commerciale e in ambito di format. Cosa le manca? Vuole il modello Premier? Magari, lì ci sono venti azionisti, ma le quote sono 21 e la ventunesima è della Federazione inglese che ha diritto di veto quasi su tutto».

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