“Era giovane, ma era già Conte. Allegri? Spero Roma, a lui piace tanto”

Intervista a Ubaldo Righetti, compagno del tecnico del Napoli e del tecnico della Lazio Baroni: “Quel torello a Lecce…”
“Era giovane, ma era già Conte. Allegri? Spero Roma, a lui piace tanto”
© Marco Canoniero/sync

Marco Baroni al suo fianco in difesa, Antonio Conte qualche metro più avanti. Nel Lecce 1988-89, nono in Serie A, Ubaldo Righetti, oggi opinionista Rai, condivideva campo e spogliatoio con i tecnici di Lazio e Napoli, che si sfidano domani all’Olimpico. 

 
Cominciamo da Baroni: che giocatore e che compagno era? 
«Straordinario. Uno che aveva, come adesso, sempre il pieno controllo della situazione. In campo e soprattutto fuori. Perché i risultati li costruisci soprattutto fuori: guardate quello che ha fatto l’anno scorso a Verona. È riuscito a trasmettere tutti i propri pensieri a un gruppo quasi completamente cambiato a gennaio. È sempre stato così, sempre in pieno controllo». 
 
E Conte? 
«Era giovane, ma era già Conte. Ricordo che un sabato stavamo facendo un torello di quelli per divertirsi. Scherzavamo e ridevamo e lui a un certo punto fa: “Ma che torello è questo?! Il torello si fa seriamente, è allenante!”. Noi ci siamo guardati... “E la miseria!”. Nella testa aveva già quell’idea che ogni cosa deve essere fatta al 100 per 100. Anche se era un allenamento che poteva essere ludico, per lui doveva essere allenante. E a vent’anni aveva la personalità per dire una cosa del genere a giocatori tutti o quasi più anziani: quella che vediamo oggi non è una personalità costruita, lui è sempre stato così, non inganna». 
 
All’epoca c’era qualcosa che poteva far pensare a un loro futuro da allenatori? 
«Era prestissimo... Tornando indietro col tempo, Marco avrei detto di no, anche se è sempre stato un professionista molto serio. Su Conte quella predisposizione per cui ogni momento dell’allenamento doveva produrre qualcosa poteva farlo immaginare». 

 

 

 

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Mazzone il numero uno

In quella stagione avevate un grande maestro in panchina... 
«Carletto Mazzone, il numero uno. A volte si dice che si gioca anche per l’allenatore: ecco, noi giocavamo davvero anche per Mazzone, ed è una cosa che ormai è difficile. Era così tanta la stima nei suoi confronti, così forte il legame, che giocavamo davvero per lui. Non volevamo dargli una delusione e si andava oltre alla preparazione, a quello che dovevi fare in campo. Cosa difficilissima eh!». 
 
In Baroni e Conte rivede qualcosa di lui? 
«Forse qualcosa in Antonio nell’essere così schietto, sincero, diretto. È schietto e sincero anche Marco, ma in una forma diversa. Antonio lo manifesta di più e in questo può ricordare Mazzone». 
 
Veniamo all’attualità: Baroni era stato accolto alla Lazio con scetticismo e invece i bianconcelesti stanno disputando una grande stagione. Qual è il suo merito?

«Da quando è arrivato a Roma ci siamo visti più di una volta e fin dall’inizio lui non si è mai preoccupato di quello scetticismo. Aveva le idee chiare su cosa focalizzarsi, su cosa lavorare e non si è fatto assolutamente distrarre. Era la cosa giusta e i risultati gli stanno dando ragione. Della sua Lazio mi piace molto lo spirito offensivo, ma soprattutto il coinvolgimento totale di tutti i giocatori, anche quelli utilizzati meno. Che però quando vengono utilizzati fanno la differenza. Non è semplice». 
 
Conte ha rilanciato il Napoli cambiando anche sistema e abbandonando la difesa a tre... 
«Più che abbandonata un po’... mascherata! Grazie a Politano che porta un grandissimo equilibrio. Antonio ha trovato questo giocatore che a livello tattico, di resistenza e di duttilità nel fare le due fasi è incredibile. E Conte ha questa capacità straordinaria nel far crescere un calciatore e nell’inserirlo nel proprio contesto tattico». 

 

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Il futuro di Allegri

Apriamo una parentesi, a proposito grandi allenatori suoi amici ed ex compagni: su che panchina si aspetta di vedere Allegri la prossima stagione? 
«Io mi auguro su quella della Roma! Senza nulla togliere a Ranieri, ma tanto sappiamo che passerà dietro alla scrivania... E quindi mi auguro Massimiliano alla Roma. A lui Roma piace tanto... Credo sia abbastanza difficile, ma me lo auguro». 
 
Torniamo a Lazio-Napoli: che partita si aspetta? 
«Aperta. La Lazio ha un gioco molto veloce, rapido, verticale. Il Napoli viene da due pareggi e mi aspetto una scossa, anche perché l’Inter ha accorciato. Quindi penso che vedremo anche un Napoli propositivo e per questo mi aspetto una partita molto aperta. Un pronostico? 2-2». 
 
Buffon ha detto di essersi messo a ridere sentendo Conte parlare di godersi il viaggio verso l’Europa. Lei che ne pensa?

«Antonio è uno stratega anche della comunicazione (ride, ndr)». 
 
Il Napoli per lo Scudetto e la Lazio per un posto Champions: lotteranno fino alla fine? 
«Sì. Per lo Scudetto vedo una lotta fino alla fine tra Napoli e Inter, difficile che l’Atalanta possa rientrare visti anche gli infortuni. Il Napoli può godere delle settimane senza impegni, l’Inter si è guadagnata un riposo prezioso evitando i playoff di Champions. La Lazio se non si fa prendere dalla vertigini è lì: e in questo Baroni farà un ottimo lavoro». 

 

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Marco Baroni al suo fianco in difesa, Antonio Conte qualche metro più avanti. Nel Lecce 1988-89, nono in Serie A, Ubaldo Righetti, oggi opinionista Rai, condivideva campo e spogliatoio con i tecnici di Lazio e Napoli, che si sfidano domani all’Olimpico. 

 
Cominciamo da Baroni: che giocatore e che compagno era? 
«Straordinario. Uno che aveva, come adesso, sempre il pieno controllo della situazione. In campo e soprattutto fuori. Perché i risultati li costruisci soprattutto fuori: guardate quello che ha fatto l’anno scorso a Verona. È riuscito a trasmettere tutti i propri pensieri a un gruppo quasi completamente cambiato a gennaio. È sempre stato così, sempre in pieno controllo». 
 
E Conte? 
«Era giovane, ma era già Conte. Ricordo che un sabato stavamo facendo un torello di quelli per divertirsi. Scherzavamo e ridevamo e lui a un certo punto fa: “Ma che torello è questo?! Il torello si fa seriamente, è allenante!”. Noi ci siamo guardati... “E la miseria!”. Nella testa aveva già quell’idea che ogni cosa deve essere fatta al 100 per 100. Anche se era un allenamento che poteva essere ludico, per lui doveva essere allenante. E a vent’anni aveva la personalità per dire una cosa del genere a giocatori tutti o quasi più anziani: quella che vediamo oggi non è una personalità costruita, lui è sempre stato così, non inganna». 
 
All’epoca c’era qualcosa che poteva far pensare a un loro futuro da allenatori? 
«Era prestissimo... Tornando indietro col tempo, Marco avrei detto di no, anche se è sempre stato un professionista molto serio. Su Conte quella predisposizione per cui ogni momento dell’allenamento doveva produrre qualcosa poteva farlo immaginare». 

 

 

 

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