Così Marotta ha portato la Juve a Milano

Nella sua Inter più decisionismo, divisione dei compiti e responsabilità. Inflessibile nel rispetto delle regole
Così Marotta ha portato la Juve a Milano© www.imagephotoagency.it

TORINO - Juventinizzare l’Inter. Anche se nessun tifoso nerazzurro vuole sentirlo dire in modo così esplicito, più o meno è quell che sta facendo BeppeMarotta da dieci mesi a questa parte. Operazione del tutto naturale, al limite perfino scontata, perché non è una questione di tifo o filosofia di vita: il nuovo amministratore delegato interista importa un modello vincente di organizzazione. Un modello che nel giro di nove anni ha portato un club in crisi tecnica e finanziaria a dominare in modo totale in Italia, a tornare ai vertici sportici europei e moltiplicare il fatturato.

Il divorzio con la Juventus è stato un momento traumatico nella carriera di Marotta, che non se lo aspettava ed è rimasto soprattutto spiazzato dalle tempistiche. L’Inter gli ha dato l’opportunità di rimettersi in moto con pragmatismo lombardo e riprendere da dove aveva incominciato alla Juventus nella tarda primavera del 2010.

La situazione dell’Inter 2019 è certamente migliore di quella della Juventus che ereditò Andrea Agnelli, ma l’amministratore delegato si è trovato davanti a una società che necessitava di una razionalizzazione.

Uno dei perni sui quali è girata sempre bene l’organizzazione juventina è una chiara divisione dei compiti e delle conseguenti responsabilità. Ognuno gestisce il suo ambito con grande automia e con nessuna invasione di campo, ma ne risponde in caso di risultati negativi o problematiche che incidono sul funzionamento del meccanismo organizzativo.

Andrea Agnelli, per esempio, non ha mai voluto interferire troppo sul mercato, per quanto sia stato ovviamente coinvolto al momento delle decisioni, soprattutto le più importanti, ma ha sempre lasciato che Marotta e Paratici scegliessero i giocatori da comprare e decidessero quali vendere, riservandosi solo l’ultima parola e rispettando sempre moltissimo il lavoro altrui.

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