Zanetti come Conte e Trapattoni: svelato il mistero, ecco cosa baciava in tribuna

Il vicepresidente dell'Inter protagonista di un gesto che ha fatto incuriosire tutti durante la sfida di Champions League contro il Borussia Mönchengladbach
Zanetti come Conte e Trapattoni: svelato il mistero, ecco cosa baciava in tribuna

Quello compiuto dal vicepresidente dell'Inter Javier Zanetti nel corso della sfida Champions Borussia Mönchengladbach-Inter sembra essere un rito che i protagonisti del calcio italiano e nerazzurro devono ripetere ogni 9 anni: 2002, 2011, 2020. Tutto iniziò con Trapattoni (ex allenatore dell'Inter) ai Mondiali 2002: il ct venne sorpreso dalle telecamere con in mano una ampolla di acqua santa, forse donatagli da suor Romilde (ovvero sua sorella, scomparsa nel 2013), nell'atto di versare il liquido magico sul campo. In quell'edizione della Coppa del Mondo le cose non andarono bene per l'Italia, complice quel diavolaccio di Moreno, ma la religiosità in campo portò almeno ad un pareggio nel secondo episodio di questa particolare serie. Il protagonista è Antonio Conte, l'attuale allenatore dell'Inter, che nel 2011, durante un Chievo-Juventus si affidò all'acqua santa. Conte non era nuovo a questo tipo di gesti, dato che durante una precedente sfida all'Artemio Franchi contro il Siena, aveva baciato un santino. Nove anni dopo, eccoci a parlare del vicepresidente nerazzurro Zanetti. Stavolta le immagini non erano così chiare e ci ha pensato la moglie a svelare il mistero tramite Instagram: sì, anche l'argentino stava baciando una bottiglietta di acqua santa.

La scaramanzia degli allenatori

La scaramanzia non sembra conoscere confini anche nel mondo del calcio: di seguito alcune curiosità circa gli allenatori. Bruno Pesaola, visto anche sulla panchina della Fiorentina e del Napoli tra gli anni Sessanta e gli anni Ottanta, doveva ascoltare il suo disco portafortuna prima di ogni partita. Un giorno, prima di una trasferta, percorse 500 km per andare a recuperarlo, salvo scoprire che la squadra era partita senza di lui. Passiamo a Valeriy Lobanovskiy, leggendario tecnico della Dynamo Kiev e della Nazionale ucraina: con lui nessuno poteva indossare la maglia numero 13, le donne non potevano salire sul pullman della squadra (da cui lui scendeva sempre per ultimo) e per vincere ci doveva essere almeno un calciatore con i capelli rossi. Torniamo in Italia con Renzo Ulivieri, che nel 1996 non si è mai separato dal proprio cappotto portafortuna, dopo averlo indossato durante tutta la stagione che riportò in A il suo Bologna, compreso l’ultimo turno giocato in una bollentissima giornata di maggio. Gira voce che Nils Liedholm usasse consultarsi con uno stregone per sciogliere qualche dubbio di formazione, mentre Horst Ehrmanntraut, allenatore dell’Eintracht Francoforte negli anni Novanta, era solito guardare le partite non dalla panchina, ma da una sedia separata, ancora conservata nel museo del club, dalla quale si emanavano fluidi positivi. Anche se la scusa ufficiale era: "Mi concentro meglio...".

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