Che preferisse le Coppe era scritto già dai suoi inizi come allenatore, quando, ai tempi della Lazio Primavera, ha alzato al cielo due Coppe Italia e una Supercoppa. La carriera di Simone Inzaghi è continuata sulla falsariga, con le due Coppe Italia regalate a Lotito e Zhang e le tre Supercoppe vinte (e il 18 gennaio, battendo il Milan, avrà l’occasione per fare poker). Il meglio però Inzaghi l’ha mostrato in Champions dove - pur con i dovuti scongiuri del caso - l’allenatore per la terza stagione consecutiva può centrare gli ottavi. Ci è riuscito da “underdog” con la Lazio, si è confermato (però partendo dalla prima fascia grazie allo scudetto vinto da Conte) nel primo anno a Milano e ora è a un passo dal bis. Dopo la doppia euro-impresa con il Barcellona - alzi la mano chi avrebbe scommesso che l’Inter chiudesse i 180’ con 4 punti in più in classifica - basterà battere il Plzen per rendere ininfluente l’ultima gara del girone, a Monaco contro il Bayern.
Inzaghi a Barcellona meglio di Spalletti, Conte e Mourinho
Che Inzaghi sia un allenatore da Coppe, lo dimostrano pure i freddi numeri in stagione: in campionato l’Inter viaggia alla non entusiasmante media di 1,66 punti a partita, mentre in Champions - nonostante il girone di ferro proposto dall’urna di Istanbul - la media si alza a 1,75 a gara. Oltre ai numeri ci sono le prestazioni. E l’Inter in Champions ha tenuto testa a Real Madrid e Liverpool (finaliste dell’ultima edizione) ed, è storia recente, ha messo sotto il Barcellona. Questo grazie all’attitudine europea di Inzaghi, allenatore che unisce il gusto per il bel gioco all’italico pragmatismo, bravo come pochi a motivare la squadra nelle partite che vanno vissute come finali. Qualità che ha permesso a Simone di uscire imbattuto dal Camp Nou, cosa che non era riuscita a Spalletti a Conte e neppure a Mourinho, anche se quella fu una sconfitta comunque dolcissima per i nerazzurri.