Thuram, autogol Inter: in un’intervista l’incredibile assist per gli avversari

L'attaccante dei nerazzurri si è raccontato a Ranocchia nel suo nuovo podcast: vittorie, sconfitte e spogliatoio

MILANO - Marcus Thuram è stato ospite del neonato podcast Frog Talks condotto da Andrea Ranocchia, dove l'attaccante dell'Inter capolista ha trattato diversi temi svelando anche il suo punto debole. Thuram ha parlato del rapporto con suo papà Liliam e del tanto viaggiare seguendolo: "Non mi ha mai messo pressione addosso. Inizialmente non voleva che giocassi a calcio, a 12-13 anni si è arreso perchè ero bravo e allora ha iniziato ad aiutarmi e darmi consigli: è molto severo, non mi dice mai quando ho fatto bene e non mi riempie di complimenti. Forse è proprio questo che mi ha aiutato a crescere ed imparare - sullo spostarsi - Quattro anni a Parma, cinque anni a Torino, poi Barcellona e Parigi prima di iniziare la mia carriera da calciatore. Quando sei piccolo fai facilmente amicizia e segui tuo padre, qualsiasi cosa faccia. Ho capito che mio papà era un calciatore quand'eravamo a Barcellona e ho visto dei giornalini: "Mio papà gioca a calcio con Ronaldinho", è stato strano capirlo. Parlo spagnolo, francese, italiano e inglese. Questo mi ha aiutato".

Vittoria e sconfitta

"Penso che giocare ogni tre giorni aiuti molto a far passare questo tipo di emozioni. Dopo ogni partita, si pensa a quella successiva di Champions o Serie A. Quand'ero al Gladbach, che giocavamo una sola volta a settimana, ammetto che mi capitava spesso di trascinarmi le emozioni della gara per giorni e giorni, fino al mercoledì-giovedì. Ora è tutto diverso".

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Inter

Nelle giornate storte

"Prima della partita contro il Napoli, nel riscaldamento e nell'allenamento, avrò fatto sette tiri ed erano usciti tutti dallo stadio. Volevo finire con un gol e non ci riuscivo, tiravo continuamente senza esito. Mi son detto di calmarmi, perchè non era niente e non cambiava nulla per la partita. Poi sono entrato negli spogliatoi e in campo, avevo dimenticato tutto. Un attaccante ha tante occasioni per rifarsi, non è come per i difensori".

Rapporti

"Mi sono trovato subito bene con Dimash, che ha una personalità incredbiile. Poi Calha, Arna e il gruppetto con Basto e Barella, che sono due matti. Le partitelle sono una "guerra", questo contribuisce a fare gruppo e creare una piccola famiglia. A volte non ci si rivede per anni, ma si ricreano emozioni forti".

Il punto debole

"Non mi piace parlarne, ma lo farò. I difensori, quando c'è un giocatore veloce, ti prendono un metro ma è quello l'errore perchè comunque poi loro devono partire e io li punto. C'è un difensore che conoscevo, ma ora giocandoci insieme ho capito che fa qualcosa di incredibile, che è Acerbi: quando mi giro ha sempre l'attaccante in mano e non lo perde mai di vista. Vuol dire che corre velocissimo".

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MILANO - Marcus Thuram è stato ospite del neonato podcast Frog Talks condotto da Andrea Ranocchia, dove l'attaccante dell'Inter capolista ha trattato diversi temi svelando anche il suo punto debole. Thuram ha parlato del rapporto con suo papà Liliam e del tanto viaggiare seguendolo: "Non mi ha mai messo pressione addosso. Inizialmente non voleva che giocassi a calcio, a 12-13 anni si è arreso perchè ero bravo e allora ha iniziato ad aiutarmi e darmi consigli: è molto severo, non mi dice mai quando ho fatto bene e non mi riempie di complimenti. Forse è proprio questo che mi ha aiutato a crescere ed imparare - sullo spostarsi - Quattro anni a Parma, cinque anni a Torino, poi Barcellona e Parigi prima di iniziare la mia carriera da calciatore. Quando sei piccolo fai facilmente amicizia e segui tuo padre, qualsiasi cosa faccia. Ho capito che mio papà era un calciatore quand'eravamo a Barcellona e ho visto dei giornalini: "Mio papà gioca a calcio con Ronaldinho", è stato strano capirlo. Parlo spagnolo, francese, italiano e inglese. Questo mi ha aiutato".

Vittoria e sconfitta

"Penso che giocare ogni tre giorni aiuti molto a far passare questo tipo di emozioni. Dopo ogni partita, si pensa a quella successiva di Champions o Serie A. Quand'ero al Gladbach, che giocavamo una sola volta a settimana, ammetto che mi capitava spesso di trascinarmi le emozioni della gara per giorni e giorni, fino al mercoledì-giovedì. Ora è tutto diverso".

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