Pagina 2 | “Fenomeno del c… i calci in faccia!”: quando Lautaro fece sbottare Conte

L’altra faccia della LuLa porta con fierezza la fascia da capitano ben stretta al braccio e domenica - per il popolo nerazzurro - sarà il buono contro il giocatore più detestato dai tempi di Ronaldo (il Fenomeno). I grandi amori, spesso, finiscono con i piatti rotti. E pure il rapporto tra Lautaro Martinez e Romelu Lukaku si è azzerato nei giorni in cui Big Rom svelò il suo piano di fuga, dandosi alla macchia e non rispondendo più al telefono ai dirigenti, ma pure agli amici, quale si considerava Lautaro. Una coppia nata un po’ per caso: Antonio Conte - per la prima volta domenica da avversario, ma gli verrà tributato sicuramente il giusto omaggio per lo scudetto vinto - voleva due “armadi” come terminali d’attacco della sua Inter e, dopo aver bocciato con sdegno la candidatura di Leao (che era stato bloccato da Ausilio e Baccin), per non intaccare il budget destinato a Lukaku, intendeva mettergli al fianco Edin Dzeko. La storia è nota: il bosniaco, viste le lungaggini della trattativa, scelse di rinnovare con la Roma e l’Inter virò su Alexis Sanchez, mentre Lautaro, da terzo nelle gerarchie, si ritrovò spalla di Lukaku.

Lautaro e Conte

Il biennio di Conte è stato fondamentale nella crescita dell’argentino che però restava sempre un gradino sotto rispetto al Grande Totem chiamato Romelu, come provano le sostituzioni in serie che gli riservava Conte. Alla fine Lautaro sbottò: era il 12 maggio 2021 e in un’Inter-Roma, dopo essere entrato per Sanchez al 36’ del primo tempo e richiamato in panchina al minuto 77’ scoppiò il caos (con tutto perfettamente udito dai (pochi) presenti essendo ancora in epoca Covid). Lautaro ebbe la non buona idea di assestare un bel calcione a una bottiglietta, provocando l’eruzione di Conte: «I calci in faccia te li devi dare Lautaro, hai capito? I calci te li devi dare tu, hai capito? Fenomeno, fenomeno del...». «Andiamo dentro, dopo vediamo dentro...», la risposta dell’interessato, subito rimproverato da Oriali («Macché dentro, non siamo mica all’O.K. Corral qui, dentro niente, bisogna stare zitti, stai zitto») con scarso successo vista la replica: «No, ci vediamo dentro, non deve rompere... tutte le volte così pure a Bergamo, oh». Match chiuso in tackle sempre da Conte: «Che... ha appena iniziato a giocare». La pace venne siglata il giorno dopo tra grasse risate alla Pinetina con tanto di incontro di boxe andato in scena con tanto di guantoni e foto ricordo, ma l’ultima considerazione dell’allenatore rende l’idea sul fatto che per Conte, allora, Lautaro fosse ancora un giovane in crescita, mentre Lukaku un giocatore fatto e finito. E probabilmente, va detto, Lautaro non sarebbe quello di oggi senza i due anni passati agli ordini del sergente di ferro per antonomasia. Anni in cui l’argentino - e con lui tutta l’Inter - hanno fatto il definitivo salto di qualità a livello di mentalità vincente.

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Inter

Il rapporto con Lukaku

La LuLa, dopo l’addio di Conte e la “scappatella” al Chelsea, si sarebbe poi riformata nel secondo anno di Inzaghi ma con gerarchie capovolte: era diventato l’argentino il centro di gravità dell’attacco mentre il belga doveva dividersi il posto con Dzeko, arrivato in questo strano triangolo a tinte nerazzurre proprio dopo che Lukaku aveva chiesto (e ottenuto) di tornare a Londra. Anche qui la storia è nota: il belga soffriva terribilmente il fatto di essere il terzo nelle gerarchie per Inzaghi - come provato dalla parabola in Champions, quando Lukaku non fu mai titolare nelle partite a eliminazione diretta, compresa la finale di Istanbul -. Nonostante questo, anche per ragioni anagrafiche, l’Inter scelse di continuare a puntare sulla LuLa non rinnovando il contratto a Dzeko, di fatto la prima vittima per il voltafaccia di Lukaku (se il belga avesse manifestato subito le sue intenzioni, a Edin sarebbe rimasto). Un “tradimento” che ha mandato in frantumi il rapporto tra i due, come poi spiegato proprio da Lautaro «Ci sono rimasto male, è la verità. Anche io ho provato a chiamarlo in quei giorni di caos ma non mi ha mai risposto, lo stesso ha fatto con altri miei compagni. Dopo tanti anni insieme, dopo tante cose vissute insieme, sono rimasto deluso. Per carità, è una scelta sua. Gli auguro il meglio. Se me lo aspettavo un comportamento simile? No». E un anno fa, quando Lukaku tornò a San Siro con la maglia della Roma, il saluto fu a dir poco gelido. Figurarsi domenica, quando in palio ci sarà pure un pezzetto di scudetto.

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Il rapporto con Lukaku

La LuLa, dopo l’addio di Conte e la “scappatella” al Chelsea, si sarebbe poi riformata nel secondo anno di Inzaghi ma con gerarchie capovolte: era diventato l’argentino il centro di gravità dell’attacco mentre il belga doveva dividersi il posto con Dzeko, arrivato in questo strano triangolo a tinte nerazzurre proprio dopo che Lukaku aveva chiesto (e ottenuto) di tornare a Londra. Anche qui la storia è nota: il belga soffriva terribilmente il fatto di essere il terzo nelle gerarchie per Inzaghi - come provato dalla parabola in Champions, quando Lukaku non fu mai titolare nelle partite a eliminazione diretta, compresa la finale di Istanbul -. Nonostante questo, anche per ragioni anagrafiche, l’Inter scelse di continuare a puntare sulla LuLa non rinnovando il contratto a Dzeko, di fatto la prima vittima per il voltafaccia di Lukaku (se il belga avesse manifestato subito le sue intenzioni, a Edin sarebbe rimasto). Un “tradimento” che ha mandato in frantumi il rapporto tra i due, come poi spiegato proprio da Lautaro «Ci sono rimasto male, è la verità. Anche io ho provato a chiamarlo in quei giorni di caos ma non mi ha mai risposto, lo stesso ha fatto con altri miei compagni. Dopo tanti anni insieme, dopo tante cose vissute insieme, sono rimasto deluso. Per carità, è una scelta sua. Gli auguro il meglio. Se me lo aspettavo un comportamento simile? No». E un anno fa, quando Lukaku tornò a San Siro con la maglia della Roma, il saluto fu a dir poco gelido. Figurarsi domenica, quando in palio ci sarà pure un pezzetto di scudetto.

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