Il rapporto con Lukaku
La LuLa, dopo l’addio di Conte e la “scappatella” al Chelsea, si sarebbe poi riformata nel secondo anno di Inzaghi ma con gerarchie capovolte: era diventato l’argentino il centro di gravità dell’attacco mentre il belga doveva dividersi il posto con Dzeko, arrivato in questo strano triangolo a tinte nerazzurre proprio dopo che Lukaku aveva chiesto (e ottenuto) di tornare a Londra. Anche qui la storia è nota: il belga soffriva terribilmente il fatto di essere il terzo nelle gerarchie per Inzaghi - come provato dalla parabola in Champions, quando Lukaku non fu mai titolare nelle partite a eliminazione diretta, compresa la finale di Istanbul -. Nonostante questo, anche per ragioni anagrafiche, l’Inter scelse di continuare a puntare sulla LuLa non rinnovando il contratto a Dzeko, di fatto la prima vittima per il voltafaccia di Lukaku (se il belga avesse manifestato subito le sue intenzioni, a Edin sarebbe rimasto). Un “tradimento” che ha mandato in frantumi il rapporto tra i due, come poi spiegato proprio da Lautaro «Ci sono rimasto male, è la verità. Anche io ho provato a chiamarlo in quei giorni di caos ma non mi ha mai risposto, lo stesso ha fatto con altri miei compagni. Dopo tanti anni insieme, dopo tante cose vissute insieme, sono rimasto deluso. Per carità, è una scelta sua. Gli auguro il meglio. Se me lo aspettavo un comportamento simile? No». E un anno fa, quando Lukaku tornò a San Siro con la maglia della Roma, il saluto fu a dir poco gelido. Figurarsi domenica, quando in palio ci sarà pure un pezzetto di scudetto.
