Pagina 3 | Berti prima di Vieri, il vizio Inter: "Il club mi pedinava. Modelle e 110 kg..."

Una vita sopra le righe con una passione sconfinata per il calcio, ma vissuta con leggerezza e senza troppi pensieri. Nicola Berti è sempre stato così, sin da ragazzo, ed è stato lui stesso a raccontarlo al Corriere della Sera. Un excursus sul passato: un treno di ricordi dall'adolescenza fino all'attualità e nel mezzo i tanti aneddoti della sua carriera da calciatore. Cresciuto in una famiglia semplice e che lavorava tra un mercato e l'altro per vendere prodotti alimentari: "Disossare un prosciutto? Lo ricordo a fatica, mio padre mi ha insegnato nel negozio di famiglia". Ma soprattutto del papà ricorda un'altra cosa: "Non pensava potessi sfondare con il calcio, mi prese un banchetto per girare nei mercati". E invece... gli inizi tra C e B poi l'arrivo in Serie A e la volontà di andare all'Inter, fino a guadagnarsi la chiamata di Sacchi ai Mondiali.

 

Berti, da Parma al professionismo

Nicola Berti ha raccontato gli inizi della sua carriera: "Lavoravo e giocavo come centravanti, avevo 17 anni e Carmignani a Parma mi ripeteva di smettere con i mercati. Tecnicamente non ero il massimo ma avevo una grande tigna. A 17 ho debuttato in B facendo lo stopper".  Da Parma poi una carriera lunga verso la Serie A con la chiamata della Fiorentina, in cui ha giocato dal 1985 al 1988: "Ceduto al Napoli? Ero già in Nazionale e si scatenò l'asta. Tutti a Salsomaggiore per me: Moggi e Boniperti, Galliani poi anche Beltrami dell'Inter. Il rilancio dei nerazzurri arrivava sempre di notte e alla fine sono arrivato a guadagnare più di Bergomi, Ferri e Zenga messi assieme. Abbiamo vinto subito lo scudetto dei record e l’asse fondamentale era Brehme, Berti, Serena". Ma prima dell'Inter ha raccontato anche di un aneddoto con Berlusconi: "L'ho incontrato ad Arcore. Io non sarei mai andato e anche lui poi si è tirato indietro, politicamente non sarebbe stato conveniente, forse. Mi avevano proposto la scorta, che vita sarebbe stata? Per fortuna poi l'Inter si è data una mossa".

E proprio sui nerazzurri: "Mi convocano in sede mostrandomi dove ero stato. In un periodo storto mi mandarono per punizione una settimana a San Pellegrino Terme da solo con il preparatore, in un albergo per camionisti. Non c’era neanche la tv in camera". Una sorta di pedinamento raccontato poi anche da altri calciatori, come Vieri, seguito proprio da Moratti in persona.  Ma i tifosi dell'Inter lo amavano tanto da dedicargli anche un coro: "C’erano ottantamila persone che cantavano ‘Nicola Berti, facci un gol’. A me, un centrocampista. Uno che da ragazzino vendeva le ricotte nei mercati. Pura emozione".  Anche se una volta non gli perdonarono la sconfitta con la Samp: "Mi avevano puntato. Ho chiesto ad Eriksson se mi ospitasse nel pullman doriano per uscire dallo stadio. E mi sono disteso fra i sedili...".

 

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Berti, Sacchi e i Mondiali in Brasile

Dalla Serie A alla chiamata dell'Italia per i Mondiali, c'è chi pensava non fosse adatto al gioco di Sacchi: "Lo ero più degli altri perché giocavo dove voleva lui. Ero uno serio, anche se fumavo il cubano in camera di Baresi. Quell'anno dopo un lungo infortuio ho salvato l'Inter dalla B, ho segnato nella finale d'andata di Coppa Uea, poi vinta, e ho giocato il Mondiale in fascia, un ruolo non mio". La passione per il Brasile, come nazionale, e l'aneddoto sulla finale: "Mi ero candidato per calciare il rigore ma Sacchi mi saltò. Mi consolai per la sconfitta andando a San Diego con gli amici brasiliani". 

Non solo calcio perché Berti amava anche le feste, il godersi la vita anche fuori dal campo: "Milano era bellissima, anche se oggi è troppo incasinata e sto bene a Piacenza. Nell’appartamento milanese sono rimasto nove anni: duecentocinquanta metri quadri, con terrazza sul Duomo, se i muri potessero parlare... Non facevo festa tutti i giorni, perché organizzare per cento persone non era una cosa semplice. Il festaiolo ero sempre io, ma c’erano tanti compagni e tanti milanisti. Veniva anche Vialli da Torino". 

 

 

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Lo scherzo delle Iene, modelle e i 100 kg

Nicola Berti poi ha raccontato anche dello scherzo subito da Le Iene: "Figlia illegittima dai Caraibi? Ci sono cascato alla grande e secondo me l'ideatore è stato Aldo Serena, non mi dirà mai la verità. C’è stato un periodo in cui a Saint Barth ero single e passavano di lì le navi da crociera, poi c’erano gli shooting delle modelle...". Proprio ai Caraibi dove ha conosciuto sua moglie: "Era la direttrice del ristorante più bello dell'isola. È francese con origini algerine. Sapeva che ero un ex calciatore e in quel periodo pesavo centodieci chili, giravo con lo scooter e il sigaro. Avevo progettato di andare a vivere lì per sapevo che l'adrenalina mi sarebbe mancaa da morire. Sono rimasto ai Caraibi per cinque anni e ho tenuto anche casa. Ho ammortizzato l'addio al calcio".

A chiudere ha parlato del calcio come festa raccontando sempre un aneddoto: "Il giorno del derby lo zio Bergomi era tutto incupito perché doveva marcare Van Basten e ogni tanto lo prendo ancora in giro per questo. Io non vedevo l’ora di trovarmi davanti a quella folla: San Siro per me era la gioia assoluta". E ogni tanto i compagni gli facevano pagare questa cosa: "Per scherzo mi hanno bruciato un paio di scarpe da squash a cui tenevo molto. Le avevo indossate per due mesi di fila: l’ideatore fu Pagliuca".

 

 

 

 

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Lo scherzo delle Iene, modelle e i 100 kg

Nicola Berti poi ha raccontato anche dello scherzo subito da Le Iene: "Figlia illegittima dai Caraibi? Ci sono cascato alla grande e secondo me l'ideatore è stato Aldo Serena, non mi dirà mai la verità. C’è stato un periodo in cui a Saint Barth ero single e passavano di lì le navi da crociera, poi c’erano gli shooting delle modelle...". Proprio ai Caraibi dove ha conosciuto sua moglie: "Era la direttrice del ristorante più bello dell'isola. È francese con origini algerine. Sapeva che ero un ex calciatore e in quel periodo pesavo centodieci chili, giravo con lo scooter e il sigaro. Avevo progettato di andare a vivere lì per sapevo che l'adrenalina mi sarebbe mancaa da morire. Sono rimasto ai Caraibi per cinque anni e ho tenuto anche casa. Ho ammortizzato l'addio al calcio".

A chiudere ha parlato del calcio come festa raccontando sempre un aneddoto: "Il giorno del derby lo zio Bergomi era tutto incupito perché doveva marcare Van Basten e ogni tanto lo prendo ancora in giro per questo. Io non vedevo l’ora di trovarmi davanti a quella folla: San Siro per me era la gioia assoluta". E ogni tanto i compagni gli facevano pagare questa cosa: "Per scherzo mi hanno bruciato un paio di scarpe da squash a cui tenevo molto. Le avevo indossate per due mesi di fila: l’ideatore fu Pagliuca".

 

 

 

 

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