Baudo e la Juve, amore infinito: "La maglia di Del Piero regalo di Agnelli e Marotta"

Quando nel 2014 il presentatore televisivo, catanese e tifoso bianconero raccontava: "Il mio cuore è così diviso: 51% Catania, 49% Juventus"

TORINO - Pippo Baudo si è spento all'età di 89 anni. Il presentatore e gigante della televisione italiana, nel 2014 ci raccontava il suo amore per il calcio e soprattutto quello per i colori bianconeri: «Mi sono appassionato alla Juventus grazie a un mio compagno di classe: lui tifava Toro e io, per sfidarlo, ho scelto la squadra rivale per eccellenza». Pippo Baudo ripensa all’infanzia a Militello, nel Catanese, mischiando gli appunti del passato alle emozioni che ancora oggi il calcio gli regala. Catania-Juventus è come un derby per il "Pippo Nazionale": «Guardo meno partite di un tempo, ma le gare di Catania e Juve non me le perdo quasi mai. Ho gioito per la qualificazione dei bianconeri in Europa League, però non ho ancora digerito la sconfitta dei siciliani contro il Sassuolo. Dopo anni bellissimi, i ragazzi di Maran mi stanno facendo soffrire».

Ma lei si definirebbe un catanese che tifa Juve o uno juventino nato a Catania?
«Il mio cuore è così diviso: 51% Catania, 49% Juventus. Nell’armadio di casa accanto alle tre divise del Catania, custodisco gelosamente la 10 di Del Piero. È stato un regalo di Agnelli e Marotta».

Del Piero è il giocatore al quale è più legato?
«Lo ammiro tantissimo: grande campione, ragazzo educato. Meritava di essere salutato in modo diverso dalla Juve, magari con una partita in suo onore. Invece... niente. L’addio a Del Piero è l’unico rimprovero che posso fare ad Agnelli. Per il resto, Andrea si è dimostrato un grande presidente, illuminato nelle scelte e subito vincente».

E il suo idolo?
«Sono legatissimo a Giampiero Boniperti, con cui ancora sono in contatto. Ma se devo scegliere un uomo solo, dico Carlo Parola. Mi affascinavano le sue rovesciate. Una volta, per imitarlo, mi sono fratturato le braccia».

Me lei non giocava in porta?
«Ho finito da portiere, ma inizialmente ero un mediano. Ero troppo alto, però... I centrocampisti piccolini mi passavano tra le gambe e non mi rimaneva che attaccarmi ai loro calzoncini».

© RIPRODUZIONE RISERVATATutte le news di Juventus

L'amore per la Juve e il Catania

Come si avvicina a questo Catania-Juve?
«Con un mix di tristezza e felicità: è una sfida tra ricchi e poveri. Mi dispiace tanto per il presidente Pulvirenti, che è davvero tifosissimo. Qualche tempo fa ci siamo incrociati all’aeroporto e l’ho incoraggiato. Purtroppo certi giocatori per una provinciale sono come gioielli insostituibili: se li perdi, si fa dura».

Se le offrissero la presidenza onoraria del Catania?
«No, grazie. Ho il senso della misura, non mi sento onnipotente. Quello del presidente è un ruolo che non fa per me. Anche se...».

Anche se?
«Beh, ultimamente la televisione mi ha messo un po’ da parte. In Rai vorrei vedere meno cucina e più cultura. Ho 77 anni, ma fino agli 80 voglio lavorare. Sento dire che Baudo ha fatto il suo tempo. Lo dicevano anche di Pirlo, al Milan... Ecco, sogno un ritorno come Andrea: alla Juve si è riacceso. È un monumento, basta vedere come calcia le punizioni. La palla è come se fosse la sua amica ideale: contro Genoa e Fiorentina ha sfoderato due magie straordinarie. Mi fa piacere sentire che rimarrà ancora alla Juventus».

Meglio le punizioni di Pirlo o quelle di Lodi, lo specialista del Catania?
«Lodi calcia bene, ma Pirlo è un altro mondo. Sono di due categorie diverse. Lodi me lo tengo stretto per il Catania, ma alla Juve non lo vedo nemmeno come vice di Pirlo».

Tevez o Llorente?
«Di Tevez mi fanno impazzire i gol impossibili. Mentre Llorente mi ha stupito: temevo fosse un bluff, invece è un bel centravanti. Ha una forza enorme e di testa la prende sempre».

Ha più paura di perdere Pogba o Vidal?
«Pogba. Settantotto milioni sono tanti e sono convinto che un bravo dirigente come Marotta li saprebbe reinvestire per comprare altri campioni».

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La Juve e Berlusconi

Come tanti juventini, teme anche lei l’effetto Raiola?
«È un furbacchione, un po’ mi fa paura. Valorizza i giocatori al massimo, anche se certe volte te li fa pagare il doppio di quel che valgono. I Raiola esistono anche nel mondo dello spettacolo, ma non fatemi fare i nomi».

Restiamo in tema: Conte a chi potrebbe assomigliare?
«A Paolo Bonolis. Sono due eclettici, amano parlare ed essere protagonisti. Le interviste di Conte sono uno spettacolo. Ad Antonio consiglierei soltanto di stare un po’ più tranquillo e di gridare di meno. Detto questo, è un allenatore fantastico. Lasciarlo andare via sarebbe un grande danno per la Juventus. Ma ci perderebbe anche lui».

Per un programma con lei, quale juventino sarebbe più adatto?
«Buffon sarebbe un’ottima spalla per un "Attenti a quei due"».

Cosa farebbe se potesse entrare nello spogliatoio di Vinovo?

«Vorrei sapere da Vidal come nascono quei ghirigori sui capelli. E soprattutto se ha chiesto consiglio a Berlusconi... (risata)». 

A proposito di Berlusconi: che idea si è fatto del caso Seedorf?

«Doveva essere il salvatore della patria, invece fin qui si è dimostrato poco cavalleresco, scaricando tutte le colpe su Allegri. Mi è sembrato strano, perché il Seedorf che ho conosciuto io era un gran signore. Il problema, comunque, è Balotelli: viene troppo coccolato, qualche volta andrebbe punito. Forse abbiamo esagerato celebrandolo come un campione». 

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La Juve e i sorteggi

Per la sua Juve preferirebbe lo scudetto con il record dei 100 punti o la doppietta campionato-Europa League? 

«Non c’è dubbio: molto meglio aggiungere un trofeo internazionale allo scudetto,lasciando perdere i record. L’Europa ci manca tanto: ho ancora gli incubi di Istanbul». 

Il sorteggio ha regalato il Lione alla Juve... 

«È battibile. Può essere l’anno giusto per la Coppa. E se la Juve andasse in finale, potrebbe essere l’occasione giusta per vedere finalmente lo Stadium: mi hanno invitato un sacco di volte, ma alla fine, per un motivo o per l’altro, non sono mai riuscito ad andare». Lei ha condotto 13 volte il Festival di Sanremo: l’ha messa la stella sulla giacca? «In effetti la Rai me la potrebbe anche regalare.Diciamo che idealmente è come se l’avessi».

Il passatempo preferito?
 «Scrivo proposte di spettacolo in continuazione e leggo un sacco di libri di storia. Garibaldi mi affascina parecchio e mi trasmette un grande entusiasmo. Mi sarebbe piaciuto essere come lui. Gli italiani non lo amano per quanto meriterebbe».

Ha imparato a twittare?
«Mi rifiuto, la vedo come una forma ignorante di esprimersi: con 140 caratteri non si può dire niente».

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TORINO - Pippo Baudo si è spento all'età di 89 anni. Il presentatore e gigante della televisione italiana, nel 2014 ci raccontava il suo amore per il calcio e soprattutto quello per i colori bianconeri: «Mi sono appassionato alla Juventus grazie a un mio compagno di classe: lui tifava Toro e io, per sfidarlo, ho scelto la squadra rivale per eccellenza». Pippo Baudo ripensa all’infanzia a Militello, nel Catanese, mischiando gli appunti del passato alle emozioni che ancora oggi il calcio gli regala. Catania-Juventus è come un derby per il "Pippo Nazionale": «Guardo meno partite di un tempo, ma le gare di Catania e Juve non me le perdo quasi mai. Ho gioito per la qualificazione dei bianconeri in Europa League, però non ho ancora digerito la sconfitta dei siciliani contro il Sassuolo. Dopo anni bellissimi, i ragazzi di Maran mi stanno facendo soffrire».

Ma lei si definirebbe un catanese che tifa Juve o uno juventino nato a Catania?
«Il mio cuore è così diviso: 51% Catania, 49% Juventus. Nell’armadio di casa accanto alle tre divise del Catania, custodisco gelosamente la 10 di Del Piero. È stato un regalo di Agnelli e Marotta».

Del Piero è il giocatore al quale è più legato?
«Lo ammiro tantissimo: grande campione, ragazzo educato. Meritava di essere salutato in modo diverso dalla Juve, magari con una partita in suo onore. Invece... niente. L’addio a Del Piero è l’unico rimprovero che posso fare ad Agnelli. Per il resto, Andrea si è dimostrato un grande presidente, illuminato nelle scelte e subito vincente».

E il suo idolo?
«Sono legatissimo a Giampiero Boniperti, con cui ancora sono in contatto. Ma se devo scegliere un uomo solo, dico Carlo Parola. Mi affascinavano le sue rovesciate. Una volta, per imitarlo, mi sono fratturato le braccia».

Me lei non giocava in porta?
«Ho finito da portiere, ma inizialmente ero un mediano. Ero troppo alto, però... I centrocampisti piccolini mi passavano tra le gambe e non mi rimaneva che attaccarmi ai loro calzoncini».

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