Juventini a Roma, rischi e follie solo per amore

Reportage tra i bianconeri della Capitale «Qui il tifo può creare problemi ogni giorno»
ROMA - «A ragazzì: ma non sei nato a Roma? E tifi Juve?». «Embè? Sono romano e juventino, che nun se pò?». Roma, quartiere Appio Latino, un Municipio della Capitale che arriva sino a 135000 abitanti, roba da riempire due stadi italiani in un big-match di Serie A. Un territorio immenso, esteso per 8 chilometri quadrati, tutti romanisti, centimentro per centimetro. O quasi. E sì, perché chiusi in un pub, il Re Bacco, quasi nascosto, mimetizzato, c’è un manipolo di juventini romani, orgogliosi e sorridenti, seduti al tavolo a bersi la loro birra del tifoso. Il nome della birra? La gobba, manco a dirlo. Sono Tullio, Andrea, Claudio, Gaetano, Valentina e Antonella, riuniti sotto un unica fede calcistica, quella bianconera, appartenenti all’Associazione “Number 10” e allo Juventus Club Roma Terza Stella. «Ma qui da noi viene gente di tutte le età, famiglie, amici, tutti innamorati della Juve, la seguiamo ovunque. C’è pure nonna Vanda, ha 90 anni e noi la chiamiamo Nonna Juve. Una toscanaccia eccezionale. Abbiamo scelto la maglia numero 10 perché è un simbolo, non per un calciatore. Noi juventini crediamo solo alla maglia, non al singolo idolo come i romanisti con Totti. Anche se questa l’ha indossata gente del calibro di Platini e Del Piero».

PASSIONE DI FAMIGLIA - Tullio, 45enne romano di Casalbertone, quartiere di popolo e di fede giallorossa. Claudio, 47enne di Viale Marconi, due file parallele di palazzoni, migliaia di finestre e migliaia di bandiere romaniste appese. Andrea, 30enne di Centocelle, altro posto dove solo nominare la Juve è peccato mortale. «La mia fede è dedicata a papà che non ho mai conosciuto. È morto in un incidente quando mamma era incinta. Friulano, juventino vero, mamma invece è romana, come me. Scegliere la Juventus è stato un modo per avere un legame con lui, che non ho mai potuto avere. E l’ho passato a mio figlio Valerio, di 10 anni» spiega Tullio. «Io l’ho fatto per sfida e giravo nel quartiere con la sciarpa bianconera. Per un periodo il fornaio sotto casa non mi serviva il pane, proprio non me lo dava. Ho dovuto prima mandare mamma a prenderlo, poi ho cambiato panettiere» racconta Claudio. «Pensa che quando facevo il cameriere in una pizzeria, un cliente non si faceva servire da me perché ero della Juve. Roba da pazzi» spiega Andrea. «Al supermercato invece il cassiere non mi voleva passare i quaderni della Juve per mio figlio. Ho chiamato il responsabile, mica scherzo» ribadisce Tullio. «A chi lo dici? Pensa a me che sono donna e tutti sanno per chi tifo. Ti lascio immaginare» chiude Valentina. Scene tipiche, ormai quasi quotidiane, per gli juventini romani.
LA NON-TRASFERTA -Abituati a viaggiare per ogni partita, la sfida Roma-Juventus è l’unica che gli permette di rimanere a casa, nella propria città. Ci si incontra alla Stazione Tiburtina o direttamente allo stadio, scortati dalle forze dell’ordine. Ma la mattina è meglio uscire di casa senza sciarpe, meglio non cercarsi guai. Andrea sa bene cosa significhi prendersi una coltellata: «Era LazioJuve di Supercoppa nel 2013, ero sul Ponte della Musica con mio padre. Sono spuntati dal a alle nostre spalle. Sono finito accoltellato al Gemelli. A Tullio gli ho dovuto mandare le foto dall’ambulanza, mica voleva credermi».

I CLUB DOC - Gli Juventus Club ufficiali, sparsi sul territorio del Lazio, sono 25. A Roma sono 3 quelli storici: lo Juve Club Quirinale (l’istituzionale), lo Juventus Club Roma (lo storico) e il Terza Stella, il più giovane. Tutti riuniti sotto un inquietante denominatore comune: l’assenza di una sede ufficiale. «Gestire una vera e propria location sarebbe molto problematico, anzi, è impossibile. In passato sono accaduti episodi di violenza significativi nelle sedi sociali. A Roma e altrove. Pensate che lo scorso anno a Napoli si sono presentati alla vigilia della partita con le pistole, roba da delinquenza vera. A volte bisogna quasi barricarsi dentro». Parola di Carlo Fracon, presidente dello Juventus Club Roma e responsabile del Centro Coordinamento Juventus Club DOC per il Lazio, quelli ufficiali riconosciuti da casa madre. Torinese, juventino, per certi versi trasformato da Roma: «Vivere nella Capitale ti cambia. Qui il calcio è una ragione di vita. Sono sempre stato juventino, ma non ero così maniacale. A Roma qualsiasi cosa tu faccia, nel bene e nel male, lo juventino viene additato, se non sei romanista non sei nessuno. I laziali sono molto più distaccati, i romanisti invece sono proprio eccessivi». Roma-Juventus, il ritorno, lunedi allo Stadio Olimpico loro sono presenti: sono gli juventini romani.

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