Spunta la Juve dal monte...Il "Tazenda" che tifa Juve

Tuttosport intervista Gino Marielli, chitarrista del famoso gruppo. Spunta, soprattutto, una bella storia di tifo, di passione. Di coraggio anche, per certi versi. Perché per "uscire allo scoperto" così, proprio a ridosso di Cagliari-Juventus, ci va del coraggio
TORINO - “Spunta la Juve dal monte”. E spunta una bella storia di tifo, di passione. Di coraggio anche, per certi versi. Perché per “uscire allo scoperto” così, proprio a ridosso di Cagliari-Juventus, ci va del coraggio. Uscire allo scoperto e, tramite una lettera a Tuttosport, raccontare: «Mi chiamo Gino Marielli e sono uno di quei tre ragazzi sardi che nel ’91 cantarono “Spunta la luna dal monte” a Sanremo con il grande Pierangelo Bertoli. Uno dei Tazenda, insomma. Ma la cosa più importante è che sono juventino. Dunque mi giustifico, ma... oggi non posso tifare Cagliari. Quando avevo quattro anni ricevetti per posta la foto autografata, e con dedica personale, di Omar Sivori (solo molti anni più tardi scoprii che era un falso, scritto e speditomi da mio zio Nicolino, grande juventino...) Praticamente quando il Cagliari salì in serie A, nel campionato 1964-65, la mia psiche malleabile di bambino era già stata incisa in modo irreversibile. Ero stato juventinizzato a sufficienza per reggere l’assalto, terribilmente affascinante come una sirena, dell’avvento di Gigi Riva e compagni. Avevo capito cosa era una fede incrollabile. Juve per sempre. Questa appartenenza non mi ha creato nessun problema fino a quando non ho fondato la band sarda che è diventata un riferimento per tutti i sardi, o almeno per tantissimi. Noi Tazenda, la bandiera della Sardegna, non tifiamo Cagliari? Ma come? Ho sempre risposto che quando il Cagliari non gioca contro la Juve sono rossoblù. Ma la vera regola è che una squadra non si cambia mai. Scrivo queste righe, che da tanto volevo esternare, per urlare alla mia squadra: “Ci sono anch’io!”. Lo scrivo adesso che sono esaltato, ipereccitato dalla bellezza della mia Vecchia Signora, perché un po’ di paura del Cagliari mi è rimasta, dato che in passato mi ha fatto soffrire non poco, e per il fatto che Juve-Cagliari si avvicina ed è sempre una partita che gli juventini sardi temono e soffrono, visto che molti sono bi-tifosi. Io che ho scelto la monogamia sto in tensione e basta. Se vince godo, se perdo mi brucia. Dicendo queste cose mi rendo conto che perderò tanti fan e qualche disco in meno lo venderò, ma almeno ho scritto seguendo il mio cuore. Il calcio è un gioco, non condivido gli estremismi e, quando li vedo, anche negli juventini, mi ritraggo e mi dissocio. Sono conscio quindi che anche il mio essere juventino è un gioco e quando, raramente, la Juve perde, per consolarmi mi avvalgo di altri valori che non mi abbandonano mai. Chiudo con un “a volte ritornano”: questo Natale mio figlio Cristiano ha trovato sotto l’albero una foto autografata dal suo idolo Fernando Llorente, ma per fortuna questa volta, dopo più di cinquant’anni, un piccolo Marielli l’ha ricevuta autentica. I tempi sono cambiati, ma la discendenza della stirpe Juve continua e di conseguenza anche la storia, come dice quella bellissima canzone che si sente allo Stadium, “La storia di un grande amore”».

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