TORINO - Nella sobria spietatezza di Andrea Barzagli si specchia lo spirito di questa Juventus. Perché c’è l’uomo, prima del campione. C’è la tremenda determinazione di chi non ha smesso di volersi migliorare nonostante una carriera che molti dei suoi colleghi potranno solo consultare su Wikipedia. C’è l’umiltà di trovarsi sempre un difetto e, alla ventesima stagione da professionista, trasformarlo in uno stimolo per allenarsi di più e meglio (mandando in tilt i computer dello staff che registrano parametri fisici migliori di anno in anno). C’è la saggezza di chi parlando poco dice sempre molto. L’intelligenza di chi governa, insieme agli altri senatori, uno spogliatoio in cui non si fa solo “gruppo”, ma si cresce. C’è l’understatement molto sabaudo (nonostante i natali fiesolani) di non esaltarsi mai troppo per le vittorie e gestire senza isterismi le sconfitte. C’è la gioiosa consapevolezza di essere pagato per giocare a pallone e la severa cognizione di quanto serio sia quel gioco per milioni di persone. C’è la capacità di sognare imprese e la lucida follia per tramutarle in realtà. Ogni quattro anni segna pure un gol, ma è un dettaglio perché chissà quante volte Allegri ha accarezzato l’idea di poter schierare Buffon e dieci Barzagli.