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La plusvalenza sarebbe stata comunque importante, oltre 40 milioni. Quell’ultima offerta del Totteham arrivata ieri mattina, però, era troppo lontana dal valore di Paulo Dybala per poter essere accettata: 62 milioni. Per giunta la cifra era anche più bassa rispetto a quella filtrata quando gli Spurs sono tornati alla carica per la Joya, dopo il naufragio dello scambio con il Manchester United che avrebbe dovuto portare l’argentino ai Red Devils e Romelu Lukaku a Torino. Un ribasso che è stato l’ultimo colpo di scena di 24 ore convulse e che ha portato Fabio Paratici a replicare al Tottenham con un no inevitabilmente senza appello, visto che a quel punto mancavano solo poche ore alla chiusura del mercato in Premier e non c’erano i margini per provare a trovare un’intesa tra la Juventus e il club londinese.
Dybala e il Tottenham: perché l'affare è saltato
Intesa che sembrava invece esserci mercoledì, alla vigilia dello stop inglese agli acquisti, quando i milioni che il Tottenham era disposto a mettere sul piatto erano 70. Meno di quanto la Joya sarebbe stato valutato nello scambio con Lukaku, ma comunque allettanti. Perché nell’operazione con lo United la stessa cifra entrata nelle casse bianconere per l’argentino sarebbe uscita per il belga (formalmente lo scambio consiste nell’acquistare un giocatore e nel cederne un altro allo stesso prezzo) con l’unico vantaggio che i soldi spesi per un acquisto vengono ammortizzati a bilancio per tutta la durata del contratto, mentre quelli incassati per una cessione vanno tutti a bilancio subito. Incassando 70 milioni dal Tottenham per Dybala, Paratici avrebbe poi puntato a spenderne di meno per acquistare un centravanti. A mettersi di traverso nella trattativa tra la Juventus e il Tottenham è stato lo stesso ostacolo che ha fatto saltare quella con il Manchester United: l’accordo da raggiungere con Dybala e il suo entourage, sul quale gli Spurs come i Red Devils si sono arenati quando tutto sembrava volgere a buon fine.