Ecco il protocollo della Juve per riportare i tifosi allo Stadium e perché è stato - per ora - bocciato

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Ecco il protocollo della Juve per riportare i tifosi allo Stadium e perché è stato - per ora - bocciato

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Care amiche e cari amici di Tuttosport,
Sì, ora è ufficiale: le prime due partite casalinghe della Juventus in campionato non potranno avere pubblico. Né Juventus-Sampdoria, né Juventus-Napoli potranno ospitare, quindi, quella piccola quota di pubblico (circa 8000 spettatori su 42.500 della capienza dello Stadium), prevista dal protocollo di sicurezza preparato dai bianconeri. Il Comitato Tecnico Scientifico del Governo, infatti, non ha concesso il via libera e si continua a porte chiuse. Perché? Forse il piano non era studiato bene e non era sufficientemente prudente? No, il piano era stato approvato dalla Regione Piemonte che lo ha ritenuto adeguato e, da quanto è trapelato, ha suscitato buone impressioni anche in seno al Cts.  Forse, perché il numeri dei contagi sono troppo alti per riaprire anche solo parzialmente gli stadi? Ni, nel senso che pur aumentando i contagi, la situazione rimane sotto controllo e vengono autorizzate comunque situazioni anche di maggiore rischio per non impedire il funzionamento delle attività produttive, così come dell'attività scolastica. Il problema è la rilevanza socioeconomica dell'attività o dell'evento che si deve autorizzare ed evidentemente gli stadi non sono in questo momento una priorità. Il che è anche ragionevole, purché non si trascuri troppo a lungo l'impatto economico che questa decisione può avere, non solo in termini di guadagno diretto delle società (che perdono biglietti e abbonamenti, sostentamento prezioso), ma anche di indotto per le città, le cui attività commerciali ricevono sempre un importante spinta dalle partite di calcio (Torino nei giorni di Champions registra un +30% fra ristoranti, alberghi, taxi e servizi vari).

Tuttavia, la ragione fondamentale - omessa nelle varie spiegazioni - per cui lo Stadium rimarrà chiuso almeno fino al 7 ottobre è che non vi era certezza che il protocollo pensato dalla Juventus per riaprire il suo impianto potesse essere applicato anche in altri stadi italiani (strutture obsolete, gestite in modo assai meno moderno) e non si voleva creare una disparità di trattamento aprendo solo certi stadi e altri no. E qui siamo già meno nel ragionevole, perché secondo un'abitudine tristemente italiota si fa meritocrazia al contrario.

Ma com'era il protocollo juventino per riaprire lo Stadium? Sintetizzandolo al massimo (si tratta di un documento voluminoso e complesso) si può raccontare in cinque punti. 1. Riducendo di un quinto la capienza dello Stadium, il distanziamento fra i singoli tifosi o i vari gruppi di persone (i cosiddetti "congiunti" possono infatti stare seduti vicini) è ampiamente garantito e supera i due metri (in alcuni casi i tre). 2. La vendita dei biglietti informatizzata consente di disporre il pubblico in modo scientificamente separato, calcolando in automatico il distanziamento. 3. Lo stesso programma che distanzia i tifosi all'interno dello stadio, ne scagliona l'ingresso nel medesimo. Ovvero: sul biglietto non c'è solamente scritto il settore e il seggiolino sul quale sedersi, ma anche la fascia oraria nella quale si può accedere, questo per evitare qualsiasi assembramento al di fuori dell'impianto e pericolose code ai cancelli. Lo stesso vale per lo sfollamento al termine della gara, che non avverrebbe in contemporanea, ma in tempi differenti, sempre per evitare assembramenti. 4. Ai cancelli viene misurata la temperatura e viene rimandato a casa chi risulta sopra i 37.5°. 5. Il sistema di steward che normalmente consente lo svolgimento delle partite con quarantamila persone, verrebbe utilizzato per consentire a tutte le norme di sicurezza di essere rispettate, a partire dall'accesso scaglionato ai servizi igienici.

Tutto questo potrebbe garantire alle persone di tornare negli stadi con una sicurezza tutto sommato maggiore di quella che viene garantita in un supermercato o in un treno. Soprattutto se le regole venissero osservate con disciplina del numero ristretto di appassionati che avrebbero l'opportunità di assistere nuovamente dal vivo a una partita.

Se ne riparlerà ai primi di ottobre, quando si avrà anche una primissima idea dell'effetto che ha avuto la riapertura delle scuole (alle quali il Governo e il Cts non hanno voluto sovrapporre quella degli stadi). Un rinvio che è stato accettato non senza delusione da parte della Juventus che, da luglio, sta facendo di tutto per consentire ai propri tifosi e agli appassionati di tornare sugli spalti dello Stadium. Una questione molto sentita dal presidente Agnelli e non solo per mere ragioni economiche, ma perché - da tifoso quale lui stesso è - non concepisce il calcio senza pubblico. Se andiamo incontro a un lungo periodo di convivenza con il Covid, nella quale si cercherà di tenere sotto controllo la situazione, accettando qualche rischio a fronte di passi avanti verso la normalità, sarà dunque necessario trovare un modo - con tutta la sicurezza possibile - per riportare la gente allo stadio, dopo averla, giustamente, riportata nei cinema e nei teatri.

PS La questione Suarez va avanti, un passettino per volta, in questo momento si può riassumere con: prego, attendere in linea per non perdere la priorità acquisita. Il mercato non è un call center, ma la scelta è stata fatta - è lui - ora la Juventus deve aspettare il passaporto sul quale ci sono - così trapela - solide garanzie. Venissero a mancare scatterebbe uno dei vari piani B, pronti sulla scrivani di Paratici.

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