Juve, la scelta mercenaria di Khedira

Juve, la scelta mercenaria di Khedira© Marco Canoniero

Di anni trentatré, come Cristo, Sami Khedira è un professionista di assoluto livello come dimostra l’argenteria di casa: 1 titolo in Bundesliga, 1 nella Liga, 2 Coppe del Re, 1 Supercoppa di Spagna, 5 scudetti, 3 coppe Italia, 2 Supercoppe italiane, 1 Coppa dei Campioni, 1 Supercoppa Uefa, 1 Mondiale di club, 1 campionato europeo Under 21. Tutto questo gli ha garantito, nel settembre del duemila e diciotto il prolungamento del contratto fino a giugno prossimo in cambio di milioni sei e mezzo di euro. Nelle ultime due stagioni Khedira Sami, figlio di madre tedesca e di padre tunisino, è stato presente, rispettivamente 17 e 18 volte, realizzando complessivamente gol nel numero di 2. In queste due stagioni è stato fermo, per infortuni vari, 341 giorni. Va da sé che, viste le premesse, si potrebbe dedurre che il tedesco abbia compreso che la carriera sia compromessa e che il rapporto professionale con la Juventus sia da concludere. Ma così non è, perché Khedira Sami rifiuta qualunque transazione, patto, compromesso, offerta, liquidazione, indennizzo, lui è sicuro dei propri muscoli, ritiene di essere fisicamente pronto ad affrontare un campionato e le coppe come se nulla fosse, come se quel bollettino da ASL che lo riguarda sia una fake new, un complotto, una bugia dei giornalisti. E così la Juventus non può liberarsi di quei 13 milioni abbondanti, lordi, di salario al quale non corrispondono le prestazioni dell’atleta.

È un caso emblematico di come il calcio sia nelle mani di chi non lo ama per la passione, per la sfida, per la competizione ma soprattutto per il denaro che è parte decisiva, sia chiaro, di un professionista ma ne smaschera anche la parte più mercantile e mercenaria. Khedira Sami approfitta del contratto come prima di lui seppero fare Mandzukic e lo stesso Dybala (nella trattativa con il Manchester United per Lukaku) o Higuain, il quale, alla fine, troverà la soluzione migliore, sempre in soldi. Trattasi di calciatori che rifuggono lo specchio, evitano di guardarsi per non vedere ferite, rughe, muscolo flaccido, il logorio di una carriera. Se ne infischiano del resto, preferiscono lucidare la panchina e ritirare lo stipendio, vivono da impiegati con il conto corrente degli emiri. È il bello del calcio. È il brutto di Khedira.

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