La Juve è tra la fine di un ciclo e l'inizio di un altro, ma Ronaldo ci crede e ha i suoi perché

Il ringiovanimento da una parte e l'appagamento dall'altra sono fattori che condizionano i risultati, ma questa stagione è quanto mai difficile da mettere a fuoco. C'è chi spera sul crollo della dittatura e chie, nella Juve, progetta la rimonta
La Juve è tra la fine di un ciclo e l'inizio di un altro, ma Ronaldo ci crede e ha i suoi perché© LAPRESSE

TORINO - Si respira aria di fine dittatura. Mentre la giovane Juventus perde colpi e distribuisce colpe (molte a se stessa, ma qualcuna no), intorno si percepisce quel sottile e italianissimo godimento nell'intravedere crepe sulla facciata del più forte (Enzo Ferrari aveva sintetizzato tutto in un aforismo bello come le sue macchine: «Gli italiani ti perdonano tutto, tranne il successo»). Si legge fra le righe delle severe omelie della critica come nella giustificata euforia del tifo avverso: nove anni di successi sono tanti, ma soprattutto inediti e, per certi, versi innaturali per un ambiente che sui veri e vari perché del lungo dominio ha imparato poco o niente.

Ma è davvero arrivato l'anno in cui finirà la striscia di scudetti bianconeri? E' presto per dirlo di una squadra ancora difficile da decifrare in un campionato così strano, inserito in una stagione ancora più strano. Un fatto è certo: la Juventus ha smesso di essere nettamente la più forte e si è giocata già tanti dei malus del pacchetto concesso un campionato. Anche se un'occhiata in giro per l'Europa offre strani orizzonti.

Il calcio-Covid è uno sport più imprevedibile e particolarmente incostante. Dopo 14 giornate in Europa ci sono molte grandi in crisi o, per lo meno, con un andamento altalenante e le classifiche contemplano numeri anomali. Prendendo in considerazione le prime tre dei cinque principali campionati, solo una squadra non ha ancora subito una sconfitta (il Milan), ma soprattutto sommando pareggi e sconfitte di tutte si arriva a 80 su 217 partite quasi il 40%. Nessuno è riuscito a organizzare una fuga, insomma, perché tutti hanno incontrato o incontrano qualche problema di continuità. Incidono la mancanza del pubblico, il calendario serrato ai limiti dell'umano, i cambiamenti che il virus ha comunque introdotto nel quotidiano, allenamenti compresi (sarà poi interessante poi scoprire quali sono i fattori con più influenza).

La Juventus, da parte sua, aggiunge due coefficienti. Da una parte c'è la stanchezza dei nove anni di successi (che nessuno dei senatori o della società ammetterà mai, ma per quanto invisibile è una sensazione che inevitabilmente striscia). Dall'altra l'inesperienza di una rosa brutalmente ringiovanita. Per capire questa Juventus si deve ripensare a ciò che aveva detto Andrea Agnelli nella notte fra il 7 e l'8 agosto. Allo Stadium, a bordo del campo dove si era appena consumata l'eliminazione contro il Lione, il presidente aveva ordinato il ringiovanimento. E ringiovanimento è stato, con una serie di under 25 che in certe combinazioni possono rappresentare anche i 6/11 della formazione. I giovani garantiscono il futuro, ma inficiano il presente, perché l'esperienza conta e loro ne hanno necessariamente poca. Come il loro allenatore esordiente. La Juventus, intesa come società, è consapevole di questo e se in questo momento la preoccupazione della dirigenza appare contenuta è proprio perché le difficoltà iniziali erano state messe in conto.

Esiste, tuttavia, che le difficoltà permangano e che i difetti non siano passeggeri. Ci sono stati, finora, qualche errore di Pirlo nella lettura delle partite, la tenuta mentale per tutti i 90 minuti, l'approccio sbagliato a certe partite, un numero superiore alle media di errori dei singoli. Emettere per tutto questo una sentenza definitiva di condanna (come perfino certi tifosi della Juventus fanno nella frustrazione di risultati) è frettoloso e insensato, perché ci sono stati anche segnali di segno completamente opposto e partite entusiasmanti. C'è, infine, l'elemento sfortuna che, nelle prime tredici partite, ha inciso soprattutto a livello arbitrale: se sarebbe fuorviante dargli troppo peso, con un paio di decisioni azzeccate e tre/quattro punti in più la classifica sarebbe diversa. Ma la realtà, è al solito, più complessa e meno incline a farsi incastrare in sintesi semplicistiche.

Il fatto è che i tifosi della Juventus, e non solo loro, si erano abituati a capire molto, forse quasi tutto della stagione, arrivati a gennaio. Anche nell'anno dell'orribile partenza post Berlino (2015-16), alla ripresa di gennaio la Juventus stava completando la travolgente rimonta, vincendo l'ottava e la nona partita della serie di 26 vittorie consecutive. Negli altri anni del ciclo, arrivati a gennaio, si era capito che solo la Juventus poteva perdere lo scudetto con una imprevedibile e disastrosa sequenza di errori . Oggi la sensazione è che serva una fiammeggiante sequenza di partite azzeccate per acchiappare Milano. Ma attenzione a quest'epoca si erano giocate almeno 18 partite, oggi la Juventus ne ha disputate 13, i giudizi sono prematuri anche per l'anomalo slittamento temporale. Crederci, come fa e incita a fare Cristiano Ronaldo, è il primo indispensabile passaggio, poi servono i gol e le prestazioni. Comunque vada sarà una stagione diversa: l'ultima di questo ciclo o la prima di quello nuovo.

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