Il valore del maestro Pirlo

Nella prima stagione alla guida della Juventus, nonché la prima da allenatore professionista in Serie A, Andrea Pirlo, 41 anni, ha sinora vinto la Supercoppa di Lega; ha guadagnato la finale di Coppa Italia, la ventesima nella storia della società; si gioca questa sera l’accesso ai quarti di finale di Champions e in campionato non mollerà l’inseguimento all’Inter fino alla fine, anche se la risicata vittoria di Conte sulla Dea spinge la capolista sempre più in là. Sono trascorsi 213 giorni da quell’8 agosto, quando Agnelli lo insediò sulla panchina dei Campioni, nove giorni dopo averlo nominato allenatore dell’Under 23. Un triplo salto mortale per il Maestro il cui valore è emerso subito forte, evidente, chiaro. Soprattutto nei momenti di difficoltà che Pirlo ha dovuto affrontare in questo tempo soggetto alla pandemia, ai suoi tamponi positivi, agli infortuni, alle assenze anche di sette titolari, com’è accaduto a Verona.

Per questo, prima e non dopo la partita con il Porto e qualunque ne sia l’esito, l’elogio di Pirlo e del suo lavoro s’impone. Per confutare i giudizi sommari e improvvidi, trinciati a seconda dei risultati e mai scaturiti da un’analisi approfondita della conduzione del tecnico, proclamato o fenomeno assoluto o sprovveduto mandato alla sbaraglio. Non è così. Sin dall’inizio, Andrea ha cavalcato con bravura l’onda verde sollevata dalle scelte societarie: sono nove gli Under 25 fra i giocatori più impiegati dall’allenatore che, da Frabotta in poi (schierato addirittura contro la Samp nella prima di campionato), accanto a de Ligt, Demiral Kulusevski, Mc Kennie, alla bisogna non ha esitato a lanciare nella mischia Dragusin, Fagioli, Di Pardo, Da Graca, Vrioni per citare alcuni dei ragazzi della seconda squadra che hanno già assaporato l’emozione del debutto nella prima. Già, l’Under 23: un altro punto a favore di un club che ha visto lontano e già raccoglie i frutti di una scelta lungimirante, per il campo e per il bilancio. Dietro Pirlo c’è anche questo.