Juve, stessi punti del 2015/16: ma allora era un'altra cosa

Allora i bianconeri dovevano ritrovarsi, oggi invece devono costruirsi e devono farlo con i giovani
Juve, stessi punti del 2015/16: ma allora era un'altra cosa© /Ag. Aldo Liverani Sas

TORINO - Il 12 settembre del 2015, la situazione era esattamente la stessa: la Juventus aveva un punto in tre partite (sconfitta in casa contro l’Udinese per 1-0, sconfitta all’Olimpico contro la Roma per 2-1 e pareggio, 1-1, in casa contro il Chievo). Era andata male fino alla decima giornata, quando la Juventus si era ritrovata dodicesima con 12 punti. Poi la svolta, quel gol di Cuadrado nel derby al 94’, prima delle 26 vittorie consecutive e dello scudetto in carrozza. Difficile,
tuttavia, che Massimiliano Allegri si appoggi su quel precedente per rilanciare la Juventus oggi, sei anni dopo quel 12 settembre, perché le affinità fra le due situazioni sono solo nei numeri.

La Juventus del 2015-16 era una squadra reduce da una finale di Champions League, piena zeppa di giocatori di esperienza, personalità d’acciaio e caratteri vincenti: Evrà aveva preso la parola negli spogliatoi di Reggio Emilia (dopo l’ultima sconfitta) bruciando l’orgoglio dei compagni; gli aveva fatto eco Buffon e fra chi ascoltava c’erano Mandzukic, Chiellini, Barzagli, Bonucci, Marchisio, Khedira. Quella era una squadra che, svuotata dalla sconfitta di Berlino e da una stagione pazzesca, doveva ritrovarsi. Quella di oggi è una squadra che viene da una brutta stagione, che ha perso un giocatore come Cristiano Ronaldo, che ha più giovani che esperti, che deve costruirsi. E’ una bella differenza che non necessariamente può portare a un finale diverso, ma che rende un po’ sterili i paragoni. Le difficoltà che sta attraversando la Juventus di oggi possono servire a tutti i giovani per forgiare il carattere, rendendoli giocatori più solidi, così come per iniziare una selezione naturale fra chi può reggere certe pressioni e chi no. Il momento critico può servire anche per consolidare il gruppo, perché non c’è niente come superare questi momenti per unirsi e diventare squadra, oppure per disgregarlo progressivamente. Per citare l’enfatico ma esaltante Al Pacino di “Ogni maledetta domenica”, o la Juventus «ora risorge come squadra o cederà un centimetro alla volta, uno schema dopo l’altro fino alla disfatta».

Quando si vuole costruire una squadra con giovani talenti, i rischi sono esattamente quelli di pattinare sullo scivoloso terreno dell’inesperienza e della fragilità caratteriale. Ma vanno fatti due distinguo. Primo: la Juventus, questa Juventus, non è una squadra di giovani qualsiasi, è una squadra che ha visto partire 16 nazionali nell’ultima pausa, molti dei quali (da Kean a Kulusevski, da Chiesa a Locatelli) sono proprio i “giovani” di cui si parla. Secondo: i due punti persi a Udine e i tre punti persi ieri sono frutto di quattro errori madornali, tre dei quali commessi da Szczesny che giovane non è. Ripulire la classifica da quegli episodi significherebbe affrontare discorsi completamente diversi. 

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