Juve, riecheggiano i fischi di Trapattoni: Allegri divide e impera

Juve, riecheggiano i fischi di Trapattoni: Allegri divide e impera© Juventus FC via Getty Images

Quando Massimiliano Allegri ha sostituito Dusan Vlahovic con Giorgio Chiellini ha spolverato un gesto juventinamente antico, ricordando (agli over 40) i tempi in cui Giovanni Trapattoni sostitutiva Paolo Rossi per mettere il difensore Nicola Caricola (o qualche volta pure un giovane Stefano Pioli). I distinti e la tribuna del Comunale mugugnavano assai, il Trap vinceva. Vinceva più di qualsiasi altro allenatore, visto che nel suo primo decennio bianconero ha portato a casa sei scudetti, tutte e tre le coppe europee di allora, l’Intercontinentale, la Supercoppa Europea e due Coppe Italia. Il tecnico che ha vinto di più nella storia bianconera era discusso, criticato, perfino massacrato quando i social erano i bar (quindi più alcolici, ma meno tossici). E anche una parte della critica bastonava il (presunto) difensivismo di Trapattoni che, tra un fischio e un anacoluto, arricchiva la bacheca bianconera. Oggi è considerato un vate, un padre della patria (non solo juventina) e gli viene riconosciuto, postumo, l’onore di aver schierato contemporaneamente Cabrini, Tardelli, Platini, Bettega, Rossi e Boniek. Il difensivista!

Allegri ha avuto Trapattoni fra i suoi allenatori e maestri (era un suo giocatore a Cagliari) e ha sempre tratto ispirazione da quel pragmatismo calcistico che antepone la vittoria a qualsiasi altra elucubrazione tattica o estetica. E come il Trap vince, ma finisce nel tritacarne. La differenza è che, rispetto al Trap, sembra quasi divertirsi della situazione, ma questo a causa dell’invisibile e profondissimo oceano che separa Livorno da Cusano Milanino. Allegri divide. Allegri impera. Magari non quest’anno, che divide e basta, almeno fino a mercoledì quando potrebbe alzare un trofeo che non è uno scudetto, ma vale più di una semplice Coppa Italia, viste le circostanze e l’avversario. Al netto del pragmatismo, non è stata una bella Juventus: ci sono molte giustificazioni, dalla fuga di Ronaldo all’ultimo minuto al fatto di avere una rosa incompleta, passando dalla scomparsa di Dybala al momento del bisogno e dall’infortunio di Chiesa. Ma Allegri ci ha messo del suo. Ha tardato a registrare la difesa, cambiando solo in inverno la mentalità fricchettona della retroguardia bianconera. Non ha capito subito alcuni giocatori (McKennie e Arthur su tutti).

Negare che nella fiacca stagione della Juventus non ci siano responsabilità dell’allenatore sarebbe disonesto. Affermare che abbia fatto solo danni lo sarebbe ugualmente, perché vorrebbe dire ignorare (o far finta di ignorare) da dove è partito in questa stagione, ovvero dalla ricostruzione di una squadra scombussolata da due stagioni zigzaganti, durante le quali il carattere dello spogliatoio si era impoverito di elementi fondativi. Ora c’è un gruppo solido e si è ricostituita un’unità di intenti molto più distinguibile (vedi la striscia positiva da fine novembre a fine aprile). La Juventus di domani riparte da qui, senza nascondersi tutti i difetti mostrati e cercando anzi di correggerli. Ciò che in questa stagione è stato tollerato, probabilmente non lo sarà più nella prossima e Allegri dovrà rispondere ad aspettative più alte. Tornare a vincere assottiglierebbe la truppa degli scontenti riducendola ai nemici personali di Max, gli altri troverebbero spazio sul carro.

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