Juve e Villar Perosa: forza e potenza di un rito secolare

Lo Speciale di Tuttosport sullo storico appuntamento di inizio stagione: racconti, interviste, reportage e curiosità
Juve e Villar Perosa: forza e potenza di un rito secolare© ANSA

Villar Perosa. Basta la parola per evocare la juventinità, per viaggiare fra il passato e il presente, per correre da Boniperti a Ronaldo, da Anastasi a Vlahovic, da Platini a Del Piero passando per Baggio, lungo i binari infiniti della tradizione, che da quelle parti si chiama famiglia Agnelli. Villar Perosa per un tifoso juventino significa estate, sogni di mercato, speranze per la stagione che verrà, caldo e foto sudate per chi sale in valle, cronache curiose da leggere per chi è sulla spiaggia. Villar Perosa per un giocatore, invece, è ricordi importanti e forti. Lunghi ritiri per quelli di un tempo, giornata emozionante per quelli di oggi. Prendi Moreno Torricelli. Lui, una trentina d’anni fa, si guardò intorno mentre aspettava l’arrivo dell’Avvocato, davanti alla sua villa di Villar Perosa e disse: «Hanno un giardino che è più grande di tutto il mio paese». Franco Causio, invece, aveva adocchiato la 131 Abarth con cui era arrivato l’Avvocato e lo sguardo era talmente libidinoso che Agnelli gli propose di fare un giro, non sapendo di mettere a rischio la sua ala destra: «A momenti mi ammazzo: era modificata e se non fosse stato per qualche dritta dell’autista mi sarei schiantato contro un muro».

Antonio Cabrini era appena arrivato a Villar quando Giampiero Boniperti lo convocò nel suo ufficio subito dopo Boninsegna e prima di Capuzzo, nel rigoroso ordine alfabetico con il quale il presidente era abituato a firmare i contratti: «Mi disse subito: “Sai chi sono questi?”, mostrandomi una foto del Torino. Risposi e lui subito: “Se arriviamo dietro questi dobbiamo andare a nasconderci! Ricordati che questa è la Juve, arrivare secondièunatragedia”. Detto ciò mi mise il contratto sotto il naso: “Firma ragazzo!”. Non c’era la cifra, ma non chiesi niente. E firmai». Omar Sivori si annoiava a morte nei ritiri di Villar Perosa e i suoi tentativi di fuga venivano pianificati come evasioni da film, un giorno Renato Cesarini, suo allenatore e mentore, ne sventò uno con il classico lenzuolo dalla finestra: «Ti prego Omar, se hai bisogno di una serata libera chiedimelo. Meglio se domani sei assonato all’allenamento che con una gamba rotta». La prima Villar Perosa di Andrea Agnelli fu nell’estate del 1982: aveva sei anni e pranzò con la squadra. Quando gli chiesero vicino a quale giocatore volesse mangiare non ebbe dubbi: «Paolo Rossi», l’eroe del Mundial di un mese prima.

E così il futuro presidente esordì al fianco di Pablito. Del Piero era un bambino quando l’Avvocato piiombò a Villar Perosa in un ritiro prepartita, dopo che la Juventus era stata eliminata dal Cagliari dalla Coppa Uefa: «Non volava una mosca, lui sorrideva: “Ho letto sui giornali che siete dei brocchi. Possibile che si sbaglino tutti? Siete davvero dei brocchi?”. Il giorno dopo vincemmo 4-0 contro il Parma, era bastata una battuta in quel contesto».

Gaetano Scirea era giovanissimo quando arrivò a Villar Perosa per la prima volta. Ne aveva sentito parlare, sapeva benissimo cosa rappresentasse ed esitò, sulla macchina del fratello che lo aveva accompagnato: non gli pareva vero di essere arrivato lì così giovane, poi tirò un sospiro e aprì la porta, iniziando in quel momento la sua straordinaria carriera. Armando Picchi nella sua prima estate a Villar Perosa, da giovanissimo allenatore della Juventus, aveva fatto di tutto per ricreare l’unità del gruppo, base di ogni squadra vincente. Aveva smesso da poco e incentivava nel modo giusto il cameratismo e anche la goliardia, spesso un bel collante.

E stava spiegando proprio questo all’inviato di Tuttosport, Vladimiro Caminiti, nel cortile dell’albergo che ospitava il ritiro quando da una finestra del primo piano si abbattè un clamoroso gavettone. Seguirono quelle che Caminiti definì «una serie di colorate considerazioni su vari personaggi biblici in livornese». Platini, come Sivori, si annoiava terribilmente nelle estati a Villar Perosa,ma non tentò mai la fuga. Anzi a chi gli raccontava le avventure di Sivori, rispose sbuffando il fumo della sigaretta: «E io dopo tutta la fatica che mi fanno fare durante il giorno in campo, dovrei farne dell’altra per cercare di scappare?». E si accontentava dei giornali francesi fatti arrivare apposta per lui ogni giorno. Claudio Gentile aveva sempre avuto una passione micidiale per la Formula Uno e durante l’estate di Villar Perosa c’era un Gran Premio decisivo per il Mondiale: fu l’unica volta in cui il difensore simulò un piccolo problema muscolare per saltare l’allenamento del pomeriggio e rimanere in camera a seguire la gara.

A Villar Perosa nasceva in mille modi la Juventus e tutt’ora, anche se solo per un pomeriggio, quel luogo influisce sulla squadra: è la storia di quel luogo che ne crea la forza, la potenza di un rito che si ripete da quasi un secolo e di cui ogni giocatore che passa di lì si sente parte, conquistando un ricordo che lo accompagnerà per sempre o quasi. Battute, grandi campioni e quel pizzico di magia.

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