Juve, la vergogna non basta

Andrea Agnelli non è uno da scelte facili o convenzionali. Ma confermare Massimiliano Allegri è di gran lunga la più difficile, rischiosa e impopolare decisione che potesse prendere ieri sera. Un leader deve essere sempre il più lucido e il presidente della Juventus non ha traballato sotto la violenta spinta emotiva di chi voleva l’esonero del tecnico. Ora, al netto della delusione e della rabbia di milioni di tifosi, giustamente inferociti nel vedere non tanto sconfitti, quanto disonorati i loro colori, l’unica cosa che conta è se andare in direzione ostinata e contraria alla corrente comporterà più benefici o costi per la Juventus. Perché è chiaro che Massimiliano Allegri non ha la situazione sotto controllo. E se le colpe di un disastro di tale portata non possono essere ricondotte a una sola persona, le quote di responsabilità non possono essere divise in parti uguali. E non è difficile dimostrare che quella del tecnico sia la più consistente.

Juve, la vergogna non basta

La Juventus, anche ieri, anzi ieri più che in altre occasioni, è parsa una squadra immobilizzata dalla paura, terrorizzata dallo sbagliare, privata di qualsiasi fiducia in se stessa mentre si faceva mettere sotto da un avversario tecnicamente molto più scarso e - a voler fare del populismo calcistico - con il monte ingaggi 25 volte (25!) inferiore. È così da inizio stagione; anzi, la condizione psicologica della squadra è andata via via peggiorando, zavorrata dalle severe critiche del tecnico che ha spesso puntato il dito sugli errori dei giocatori, senza infondere loro la fiducia. Ogni allenatore dosa bastone e carota come meglio crede, ma è evidente che a furia di bastonate la squadra si muove con un’insicurezza insostenibile per chi è abituato a vedere una Juventus magari non bella, ma sempre feroce. Come dire: non può essere colpa di Allegri se lo sciagurato Alex Sandro continua a commettere errori di totale insipienza (ha gravi responsabilità sui due gol di ieri), ma se l’approccio alla partita del gruppo è così timido, se tutti e venticinque i giocatori della rosa non riescono a esprimere il proprio potenziale, sottoperformando con inquietante regolarità, qualcosa sta sbagliando anche chi è al comando della rosa. La Juventus, anche ieri, anzi ieri più che in altre occasioni, è parsa una squadra fiacca, lenta, senza ritmo e intensità. Sempre seconda sulla palla, sempre sovrastata atleticamente dall’avversario. Alla luce delle partite fin qui giocate dal 15 agosto, tutte caratterizzate da una qualche deficit fisico e alla luce della miriade di infortuni che hanno falcidiato la rosa, è obbligatoria una riflessione sulla preparazione atletica, di cui Allegri è responsabile indirettamente, essendo a capo dello staff che ha scelto e con cui condivide le strategie.

Juve, basterà il discorso di Agnelli?

Senz’anima e senza muscoli, la Juventus si avvia a giocare le ultime otto partite prima della sosta Mondiale. Basterà il discorso di Agnelli (che ieri ha parlato alla squadra) per svoltare? Basterà lo shock di ieri per scuotere il gruppo? Non è detto che un cambio di allenatore possa dare risultati, ma quello che rischia la Juventus ora è un fallimento sportivo, un danno economico (mancare il quarto posto da una parte, la svalutazione della rosa dall’altra) e un danno di immagine, perché le sconfitte fanno parte della storia della Juventus come di qualsiasi altro club, le umiliazioni sono rare e dolorose nei 125 anni del club. Ieri Agnelli e la squadra si sono vergognati. Era l’unica cosa da fare, ma non basta per salvare la Juventus.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...