Adesso dateci undici Iling

È il momento del primo bilancio per la Juventus. Se la clamorosa sconfitta contro gli israeliani aveva provocato la vergogna di Andrea Agnelli, l’avvilente lezione di calcio subita ieri sera a Lisbona non può non innescare gravi conseguenze, nonostante la fiammata giovane nel finale
Adesso dateci undici Iling© Juventus FC via Getty Images

È il momento del primo bilancio per la Juventus perché la Champions è finita ieri, primo pezzo di stagione che se ne va insieme a circa 25 milioni di mancati introiti e alla dignità di una squadra che ha umiliato l’amore di milioni di tifosi. Una squadra che tra rosa e allenatore costa 175 milioni di euro e riesce a racimolare solo tre punti in quattro partite contro il Maccabi Haifa e il Benfica. Se la clamorosa sconfitta contro gli israeliani aveva provocato la vergogna di Andrea Agnelli, l’avvilente lezione di calcio subita ieri sera a Lisbona non può non innescare gravi conseguenze, nonostante la fiammata giovane nel finale (o, anzi, anche per quella fiammata, dimostrazione che, volendo, la faccia si può salvare).

Che siano conseguenze immediate, come reclamano i tifosi urticati dall’ennesima mortificante sconfitta, o a fine stagione quando è solita fare i conti la Juventus, resta fondamentale avere chiaro che la rinascita di un ciclo vincente non può prescindere da decisioni drastiche, spietate contro chi ha macchiato la maglia bianconera con superficialità, inconsistenza caratteriale, scelte sbagliate, errori inconcepibili. Non esiste per nessuno, nemmeno per la Juventus, l’obbligo di vincere sempre. Le sconfitte esistono, come rivendica Allegri, ma uscire dalla Champions a ottobre, con quattro gare perse su cinque, viola il divieto del disonore imposto dalle regole della casa.

Massimiliano Allegri è da tempo l’imputato principale del disastroso avvio di stagione. La sua più grande responsabilità è l’imbarazzante condizione atletica della squadra, surclassata sul ritmo ieri e in troppe altre occasioni. Al netto del gioco, gli avversari vanno al doppio della velocità della Juventus e questo rende ogni partita, soprattutto quelle di Champions League, una salita dolomitica. Non bastasse, questa squadra ha una grave fragilità emotiva che non può essere solamente imputabile al carattere dei singoli giocatori, ma anche alla mancata costruzione del coraggio collettivo. Paradossalmente la mancanza di gioco è un problema secondario: correndo di più e con meno paure, questa Juventus sarebbe ancora dentro la Champions e nel gruppo di testa del campionato. Ma limitarsi a snocciolare le responsabilità di Allegri confinerebbe l’analisi in un recinto troppo angusto per risolvere veramente i problemi bianconeri. Gli imbarazzanti errori difensivi commessi dalla Juventus ieri sera non possono essere ricondotti al tecnico. Così come certi errori sotto porta. Ci sono giocatori che stanno sbagliando tanto e troppo, facendo scontare al club la loro parabola discendente. Ci sono giocatori che devono ancora dimostrare la loro adeguatezza al livello a cui la Juventus appartiene e al quale deve tornare rapidamente. Consentire ai giocatori di trovare un nascondiglio nelle pecche della guida tecnica sarebbe un errore che condizionerebbe in negativo anche le prossime stagioni. È il momento di riflessioni pesanti per chi comanda. È un momento buio che non può essere illuminato dalla scintilla scaturita nel finale della partita di ieri da quei giovani che con incoscienza e impeto stavano rimontando. Però i tifosi adesso meritano di vedere più l’entusiasmo di Iling e meno la spaventata e spaventosa mollezza di molti altri.

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