C’è il sistema Juve? Sì quello che investe nel calcio italiano: il miliardo che non fa notizia

In dodici anni il club bianconero ha versato 837 milioni di euro nelle casse di club di Serie A e B. Inoltre, premi di valorizzazione e ingaggi ai “prestiti”. Più di qualunque società

TORINO - In questi giorni la retorica attorno alle inchieste e alle sanzioni che hanno colpito la Juventus si è arricchita di nuovi vocaboli che ormai sono diventati abituali per i tifosi bianconeri. Quello maggiormente in voga è diventato “sistema”: in attesa delle motivazioni della sentenza emessa dalla Corte federale d’appello, parlare di sistema Juventus è diventato il metodo più semplice, e forse anche più semplicistico, per spiegare almeno in parte i perché di un provvedimento che ha bastonato duramente la società con sede alla Continassa, risparmiando al tempo stesso i club con i quali le plusvalenze sono state realizzate. Che fossero pure, artificiali, artefatte o altro, non esclude un dato oggettivo: gli affari si fanno in due. Ma a rispondere per la giustizia sportiva è stato solo un club, per gli altri nemmeno un’ammenda, neanche una tiratina di orecchie, come se fossero “clienti occasionali”, all’oscuro di quanto stesse realmente succedendo. Il perché è riassunto, appunto, in un sostantivo: un sistema, che secondo le accuse la Juventus avrebbe costruito per trarne interesse. E dal suddetto sistema, evidentemente, la Juventus sarebbe anche l’unica società a riceverne beneficio, dando perciò per assodato che gli altri non solo non ne facessero parte, ma che dovessero in qualche modo subirlo.

Il calcio italiano ha attinto a piene mani da quello che, qualcuno, definisce sistema Juventus

Ma la realtà è che il calcio italiano ha attinto a piene mani da quello che, qualcuno, definisce sistema Juventus e lo dimostra l’analisi, come riportato nella tabella in pagina, delle operazioni di mercato in entrata riferite solo all’Italia, durante la presidenza di Andrea Agnelli.

Si parla di oltre 800 milioni di euro (837 considerando gli affari principali) di acquisti bianconeri, per così dire cash, effettuati dalla Juventus pescando dalla Serie A o dalla Serie B, senza considerare operazioni di scambio di cartellini: il club bianconero ha dunque immesso nel mercato italiano, in poco più di 12 anni, una cifra non così lontana dal miliardo di euro. Tetto che viene sfondato serenamente considerando i numerosi prestiti in B e C che si sono trasformati in premi di valorizzazione e gli stipendi pagati dai bianconeri per diversi calciatori ceduti a titolo temporaneo. Certo, tanti soldi sono tornati indietro: sono affari e qui nessuno sostiene che la dirigenza juventina abbia fatto beneficenza. Ma i dati sono sotto gli occhi di tutti. Dal Malaka Martinez del 2010 preso dal Catania per 12 milioni, al botto Vlahovic del 2022 passando per quello che è stato a tutti gli effetti il colpo italiano più roboante e costoso, Higuain dal Napoli pagando i 90 milioni di clausola rescissoria: negli anni tutti, chi più chi meno, si sono accomodati al grande tavolo bianconero imbandito e ne hanno preso parte. E dunque, tornando a parlare di sistema, molto spesso quello Juventus e quello calcio italiano si sono toccati, diventando una cosa sola o quasi: leggendo certi, numeri, non è eccessivo affermare che i milioni immessi dalla Juventus, anche attraverso lo sforzo degli azionisti (aumenti di capitale), abbiano sostenuto la Serie A e più in generale il mondo del pallone nostrano. E lì dove altre società hanno investito massicciamente all’estero, contribuendo all’economia di altri campionati e altre realtà, dalle parti della Continassa si è operato anche e soprattutto all’interno dei confini nazionali.

Una fonte dalla quale tutti, a turno, si sono abbeverati

Un sistema? Questo lo stabilirà la giustizia, ma anche una fonte dalla quale tutti, a turno, si sono abbeverati. Basta dare un’occhiata alla tabella: alla Fiorentina sono entrati oltre 150 milioni da tre operazioni (Vlahovic, Chiesa, Bernardeschi), la Roma aveva incassato i soldi di Pjanic (e prima ancora di Vucinic), l’Udinese ha venduto ai bianconeri Pereyra, Asamoah, Isla, per non parlare di Sassuolo, Atalanta, Genoa, Torino (Ogbonna prima, Bremer poi), Palermo (con l’operazione Dybala da 40 milioni). E pure Inter e Milan, con Hernanes e De Sciglio. La Juventus è forse l’unico club, tra le big, ad applicare un sistema - eccola che torna la famigerata denominazione - per certi versi accostabile a quello della Premier League, in cui si cerca di investire il più possibile all’interno dei confini nazionali per far girare l’economia interna e non disperdere preziose risorse altrove. Del resto affossare la Juventus, cancellandone il “sistema”, significherebbe impoverire il mercato interno italiano, specialmente quello delle medio-piccole, che finora si è sostenuto pure grazie agli investimenti consistenti dei bianconeri: il rischio è di un corto circuito, che non riguarderebbe solo una squadra, ma tutto il calcio italiano. Quello sì, un sistema da salvare: missione alla quale, per anni, la Juventus ha contribuito, che piaccia o meno.

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