Juve, intervista a Sartori: "Ma come si può calcolare una plusvalenza fittizia?"

L'ad e fondatore di Football Benchmark propone una soluzione scientifica al problema: "Si utilizzi un algoritmo che soppesi i parametri principali"
Juve, intervista a Sartori: "Ma come si può calcolare una plusvalenza fittizia?"© ANSA

Andrea Sartori è il fondatore e AD di Football Benchmark, dopo 27 anni in KPMG, di cui gli ultimi 19 come partner e responsabile globale dell’area sport, insomma una lunghissima esperienza nel guardare il calcio dal punto di vista economico. E un pensiero preciso sul tema delle cosiddette plusvalenze artificiali. «Per me il problema è da risolvere in modo tecnico-scientifico. Altrimenti non ci sarà mai la possibilità di essere oggettivi. Oggi siamo in grado di stabilire il valore di un giocatore, con un buon grado di approssimazione, attraverso algoritmi capaci di analizzare un numero sufficiente di transazioni e altre metriche per arrivare a una cifra il più possibile vicina alla realtà. Abbiamo le tecnologie per farlo e per regolare un mercato che spesso non ha logica. In questo modo, il problema delle plusvalenze fittizie si risolverebbe alla radice».

Come si fa, però, a stabilire il valore di un giocatore in modo oggettivo?

«Noi abbiamo elaborato con dei matematici un algoritmo molto complesso e articolato; invero diversi algoritmi per diverse posizioni in campo e aggiornati sulla base delle transazioni di mercato delle finestre estive e invernali. Ci sono parametri sportivi, legati alle performance che, a seconda del ruolo, possono assumere importanza diversa. Oggi siamo in grado di radiografare in modo preciso le prestazioni di un singolo calciatore, acquisendo dati da società specializzate a tal fine. Poi ci sono parametri legati alla situazione del calciatore: l’età, gli anni che mancano alla fine del contratto, la squadra in cui gioca, la nazionalità e altre circostanze che possono essere distinte dall’algoritmo. Alla fine, i parametri sono davvero molti. Tutto questo alza la probabilità di stabilire una cifra attendibile, soprattutto quando esiste un ampio campione di transazioni passate comparabili, e ciò non è sempre il caso».

Poi ci vorrebbe qualcuno, per esempio la Fifa, che imponesse quel prezzo.

«In realtà basterebbe che le cifre non oscillassero del 15%-20%, cioè non scatterebbe nessun allarme se il giocatore in questione venisse pagato il 15%-20% in più o in meno della cifra stabilita dall’algoritmo. Deviazioni superiori alla soglia stabilita dovrebbero invece essere giustificate dai club, perché ci sono situazioni che giustificano uno scostamento maggiore in un mercato per sua natura imperfetto e caratterizzato anche da una forte componente emozionale dei partecipanti. Faccio un esempio: se a pochi giorni dalla fine del mercato ti si infortuna il centravanti, è ovvio che si andrà a cercare il sostituto con una posizione più debole e, quindi, con la probabilità che la richiesta venga alzata proprio in virtù dell’emergenza del compratore».

Ha menzionato il fattore emotivo.

«Certo, un calciatore può in parte essere comparato ad un’opera d’arte o ad un’auto d’epoca. Spesso i presidenti si innamorano di alcuni calciatori, come ci si può innamorare di un quadro. Ma stiamo parlando di eccezioni. L’algoritmo non ha la presunzione di definire in modo tassativo il prezzo di un giocatore, ma nel 2023 è possibile farsi aiutare dalla tecnologia per stabilire dei parametri oggettivi in base ai quali stabilire il cosiddetto fair value».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Ma in quasi trent’anni di osservazione del calcio sotto il profilo economico finanziario, che idea si è fatto del problema delle plusvalenze fittizie?

«Che sono uno strumento di cui ha fatto uso un numero altissimo di club, soprattutto negli ultimi anni, ma che finora non è stato mai possibile eradicare perché si è ritenuto impossibile stabilire un valore oggettivo di un giocatore. Questo non è vero. Si può e si deve dare il valore oggettivo dei calciatori anche a fini di bilancio e questo noi lo facciamo da alcuni anni. Detto ciò, è complesso valutare l’esistenza o meno di una violazione e, anche dimostrata in qualche modo la violazione, non se ne può stabilire l’entità in quanto non esistono valori oggettivi accettati dai regolatori di mercato: leghe nazionali, UEFA e FIFA. Di quanto due club hanno “gonfiato” il prezzo in uno scambio? Del 10% è un conto del 50% è un altro. Ma siamo sempre lì: come si fa a stabilire se non esiste un criterio per fissare un prezzo? L’adozione di algoritmi potrebbe aiutare. Infantino aveva accennato alla possibilità di volersene avvalere... vediamo cosa succede. Anche l’Uefa vuole provare a regolamentare con il nuovo Regolamento per le licenze dei club e la sostenibilità finanziaria, in fondo già utilizzavano qualcosa di simile per valutare il “giusto prezzo”».

In che senso?

«Per risolvere il problema delle sponsorizzazioni fittizie la UEFA si è spesso affidata a periti esterni per esprimere un’opinione di giusto valore. Ma, parlo per esperienza personale, è molto più difficile valutare in modo oggettivo il prezzo di un naming right per uno stadio che quello di un calciatore ».

Perché?

«Perché l’analisi è tanto più precisa quanti più casi riesce a comparare. E le transazioni di calciomercato sono un numero infinitamente più alto dei contratti di sponsorizzazione per il nome di uno stadio, quindi l’approssimazione è più precisa».

Ma l’applicazione dell’algoritmo in fase di controllo della giustizia sportiva come potrebbe funzionare?

«Si potrebbero monitorare le transazioni che avvengono a cifre superiori a una certa percentuale rispetto all’algorimo che calcola il valore del giocatore. Sopra una certa percentuale può esserci l’attenzione da parte di chi controlla. Perché non è detto che sia sempre una violazione, ci possono essere circostanze particolari, penso a certi giovani che sono l’equivalente calcistico di una start-up: investire qualche dollaro in Amazon nel 1994 avrebbe reso ricco chiunque, ma ci sono decine di altre compagnie partite e fallite. Insomma, nel giudicare un giovane calciatore ci sono più margini di errore. Ma in linea di massima avere un parametro oggettivo con il quale valutare il mercato è uno strumento che potrebbe rivelarsi utile».

Alla fine, secondo lei, è giusta la penalizzazione di 15 punti inflitta alla Juventus?

«Dovrei capire prima qual è il criterio con cui è stata punita, visto che al momento non esiste una norma specifica sulle plusvalenze, oltre a non esistere un criterio per valutarle. Se mi attengo a quello che è stato scritto sui vari media e al fatto che le altre società sono state prosciolte, devo pensare che le plusvalenze in sé non siano state la ragione della condanna, altrimenti anche le controparti della Juventus avrebbero dovuto essere punite. Ma non ha senso parlarne adesso, aspettiamo le motivazioni».

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Andrea Sartori è il fondatore e AD di Football Benchmark, dopo 27 anni in KPMG, di cui gli ultimi 19 come partner e responsabile globale dell’area sport, insomma una lunghissima esperienza nel guardare il calcio dal punto di vista economico. E un pensiero preciso sul tema delle cosiddette plusvalenze artificiali. «Per me il problema è da risolvere in modo tecnico-scientifico. Altrimenti non ci sarà mai la possibilità di essere oggettivi. Oggi siamo in grado di stabilire il valore di un giocatore, con un buon grado di approssimazione, attraverso algoritmi capaci di analizzare un numero sufficiente di transazioni e altre metriche per arrivare a una cifra il più possibile vicina alla realtà. Abbiamo le tecnologie per farlo e per regolare un mercato che spesso non ha logica. In questo modo, il problema delle plusvalenze fittizie si risolverebbe alla radice».

Come si fa, però, a stabilire il valore di un giocatore in modo oggettivo?

«Noi abbiamo elaborato con dei matematici un algoritmo molto complesso e articolato; invero diversi algoritmi per diverse posizioni in campo e aggiornati sulla base delle transazioni di mercato delle finestre estive e invernali. Ci sono parametri sportivi, legati alle performance che, a seconda del ruolo, possono assumere importanza diversa. Oggi siamo in grado di radiografare in modo preciso le prestazioni di un singolo calciatore, acquisendo dati da società specializzate a tal fine. Poi ci sono parametri legati alla situazione del calciatore: l’età, gli anni che mancano alla fine del contratto, la squadra in cui gioca, la nazionalità e altre circostanze che possono essere distinte dall’algoritmo. Alla fine, i parametri sono davvero molti. Tutto questo alza la probabilità di stabilire una cifra attendibile, soprattutto quando esiste un ampio campione di transazioni passate comparabili, e ciò non è sempre il caso».

Poi ci vorrebbe qualcuno, per esempio la Fifa, che imponesse quel prezzo.

«In realtà basterebbe che le cifre non oscillassero del 15%-20%, cioè non scatterebbe nessun allarme se il giocatore in questione venisse pagato il 15%-20% in più o in meno della cifra stabilita dall’algoritmo. Deviazioni superiori alla soglia stabilita dovrebbero invece essere giustificate dai club, perché ci sono situazioni che giustificano uno scostamento maggiore in un mercato per sua natura imperfetto e caratterizzato anche da una forte componente emozionale dei partecipanti. Faccio un esempio: se a pochi giorni dalla fine del mercato ti si infortuna il centravanti, è ovvio che si andrà a cercare il sostituto con una posizione più debole e, quindi, con la probabilità che la richiesta venga alzata proprio in virtù dell’emergenza del compratore».

Ha menzionato il fattore emotivo.

«Certo, un calciatore può in parte essere comparato ad un’opera d’arte o ad un’auto d’epoca. Spesso i presidenti si innamorano di alcuni calciatori, come ci si può innamorare di un quadro. Ma stiamo parlando di eccezioni. L’algoritmo non ha la presunzione di definire in modo tassativo il prezzo di un giocatore, ma nel 2023 è possibile farsi aiutare dalla tecnologia per stabilire dei parametri oggettivi in base ai quali stabilire il cosiddetto fair value».

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