Quando la Cassazione rinforza il ricorso Juve: la sentenza del febbraio 2022

La Corte specifica come la giustizia sportiva non possa comunque prescindere dal principio del giusto processo. Una sentenza dello scorso anno chiarisce quali siano i confini dell’autonomia dello sport

Nel ricorso della Juventus al Collegio di Garanzia del Coni il “diritto di difesa” viene citato ventuno volte. Nei nove punti con i quali i legali del club contestano la sentenza della Corte Federale d’Appello è ricorrente, infatti, il fatto che più volte non è stato consentito ai deferiti di potersi difendere e che sono stati violati più volte i principi del giusto processo, garantito dalla Costituzione, nel corso del procedimento del 20 gennaio, che ha decretato i 15 punti di penalità per la Juventus.

Il cambio del thema decicendum durante la camera di consiglio, quindi privando le difese del dibattimento sul nuovo piano di accusa è un passaggio importante del ricorso. Così come clamoroso è l’emergere nella sentenza dell’operazione Arthur/Pjanic che spunta all’improvviso, senza che fosse citata nelle 15 operazioni contestate dalla Procura. Scrivono i legali bianconeri: «Risulta pertanto del tutto fuori luogo che la Corte Federale di Appello abbia citato per otto volte un’operazione di compravendita estranea al deferimento, richiamandola in ben quattro rilevanti passaggi argomentativi che rappresentano parte integrante e fondante della motivazione di condanna per la sanzione ex art. 4, comma 1», ovvero l’articolo costato i 15 punti.

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E a proposito dei principi del giusto processo (le cui violazioni riscontrate dai legali bianconeri sono molte di più delle due sopracitate), vale la pena ricordare una sentenza della Corte di Cassazione del 2 febbraio 2022 (numero 3101) che, a sezioni unite, si era occupata del caso dell’Associazione sportiva dilettantistica Tiro a segno nazionale - Sezione di Palermo. Una questione legata alle elezioni per il rinnovo delle cariche sociali che aveva seguito tutto il corso della giustizia sportiva, era poi finita al Tar, al Consiglio di Stato e, infine, alla Cassazione. E proprio lì, la questione aveva spinto la Corte a spiegare bene i confini dell’autonomia della giustizia sportiva, spesso sbandierata negli ultimi tempi.

E per spiegarlo, all’interno della sentenza, la Cassazione cita la Corte Costituzionale, disegnato un perimetro molto preciso e poco equivocabile di fin dove possa muoversi la giustizia sportiva. «Nell’individuare l’esatto confine tra i due ordinamenti la Corte Costituzionale ha stabilito che gli eventuali collegamenti “devono essere disciplinati tenendo conto dell’autonomia di quello sportivo e delle previsioni costituzionali in cui essa trova radice” (v. Corte Cost. n. 160 del 2019), ma anche del limite necessario al bilanciamento dell’autonomia del suo ordinamento con il rispetto delle altre garanzie costituzionali che possono venire in rilievo, fra le quali è da annoverare quella alla pienezza ed effettività della tutela giurisdizionale presidiata dagli articoli 24, 103 e 113 della Costituzione». E torniamo all’inizio, al diritto di difesa garantito dall’articolo 24 della Costituzione e spesso rievocato nel ricorso della Juventus al Collegio di Garanzia e, in qualche modo, richiamato dalla sentenza del Tar sulla famosa carta segreta. La giustizia sportiva è autonoma, ma fino a un certo punto.

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Nel ricorso della Juventus al Collegio di Garanzia del Coni il “diritto di difesa” viene citato ventuno volte. Nei nove punti con i quali i legali del club contestano la sentenza della Corte Federale d’Appello è ricorrente, infatti, il fatto che più volte non è stato consentito ai deferiti di potersi difendere e che sono stati violati più volte i principi del giusto processo, garantito dalla Costituzione, nel corso del procedimento del 20 gennaio, che ha decretato i 15 punti di penalità per la Juventus.

Il cambio del thema decicendum durante la camera di consiglio, quindi privando le difese del dibattimento sul nuovo piano di accusa è un passaggio importante del ricorso. Così come clamoroso è l’emergere nella sentenza dell’operazione Arthur/Pjanic che spunta all’improvviso, senza che fosse citata nelle 15 operazioni contestate dalla Procura. Scrivono i legali bianconeri: «Risulta pertanto del tutto fuori luogo che la Corte Federale di Appello abbia citato per otto volte un’operazione di compravendita estranea al deferimento, richiamandola in ben quattro rilevanti passaggi argomentativi che rappresentano parte integrante e fondante della motivazione di condanna per la sanzione ex art. 4, comma 1», ovvero l’articolo costato i 15 punti.

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