Non spiegano, le motivazioni, il perché Maurizio Arrivabene sia stato condannato per delle violazioni commesse quando lui non faceva parte della dirigenza juventina. Resta, insomma, un mistero inspiegabile e una situazione kafkiana: tutto quanto viene addebitato ai dirigenti della Juventus è stato commesso prima del 1 luglio del 2021, quando lui ne entra a fare parte (e neanche subito come amministratore delegato), eppure lui viene trattato come Andrea Agnelli, Fabio Paratici e Federico Cherubini che, all’epoca dei fatti contestati, avevano delle responsabilità dirette, delle deleghe, del potere di firma. Arrivabene è approdato dopo alla Juventus e viene coinvolto nelle procedimento sportivo con un paio di intercettazioni, nelle quali - peraltro - fa notare ad Andrea Agnelli gli effetti della mala gestione di chi l’ha preceduto. Non viene neanche presa in considerazione, dai giudici sportivi, la sua deposizione presso la Procura della Repubblica di Torino, che pure fa parte delle carte a disposizione della giustizia sportiva e che avrebbe spiegato il contesto e il senso delle conversazioni intercettate. Ma al di là di questo, resta l’assurdità di essere punito per fatti ai quali non poteva, in nessun modo, partecipare e collaborare, non avendo nessuno incarico dirigenziale. Assurdità che apre un’autostrada verso un ricorso al Tar da parte di Arrivabene, che potrebbe chiedere un cospicuo risarcimento per i danni economici, professionali e di immagine subiti per questa condanna. Le sentenze le pronunciano i giudici, ma è difficile pensare che il Tar del Lazio non colga l’incongruenza della sua condanna. È per questo che Arrivabene sta progettando il ricorso e, per quanto non ancora ufficiale, si deve dare per scontato.