Sergio Brio, 378 partite, 4 scudetti, 3 Coppe Italia, una Coppa Campioni, una Coppa delle Coppe, una Coppa Uefa (più una da vice di Trapattoni), una Coppa Intercontinentale e una Supercoppa europea nella Juventus: cosa significa farne parte? «Io tifavo per la Juventus da bambino... Quando arrivi vedi tutti questi che trofei capisci l’importanza della società, della serietà e della dedizione al lavoro. E ti chiedi “Sarò in grado di fare quello che hanno fatto i miei predecessori?” Poi col passare del tempo assimili e capisci cosa vuol dire giocare per questa grandissima squadra. Ci tengo a precisare: io parlo del mio passato e non giudico, né critico le gestioni più recenti: non mi permetterei mai perché io, anche se sprofondasse, la Juventus la difenderei sempre. Non voglio fare paragoni con questa gestione, che sta ricevendo critiche. Ma non ho visto mai una società vincere per sempre. La Juve si rialzerà come si sono rialzate altre Juve».
Qual è il ricordo più significativo della sua carriera per spiegare cos’è la Juventus?
«Anche nei momenti peggiori, interveniva sempre il presidente Boniperti: ti chiamava a casa e ti spronava. Magari dicevi a te stesso “Come sono andato male oggi”, il presidente ti chiamava e ti diceva “Non ti preoccupare, ho fatto il calciatore e so che gli errori ci possono stare, l’importante è superarli”. Questo ti dava la voglia di rifarti e dare il massimo per quei colori: la mia squadra ha pianto per delle sconfitte, ma anche le situazioni bruttissime le abbiamo superate alla grande. Poco dopo essere arrivato mi sono fatto un infortunio per cui mi davano finito per il calcio: Boniperti mi chiamò e mi disse “Io sono sicuro che con il tuo carattere giocherai e giocherai per 10 anni nella Juventus. E ti raddoppio il contratto!”. Ed era un presidente abbastanza parsimonioso... Come faccio a rinnegare la Juventus?».
Cos’ha di differente la Juventus dalle altre società?
«Io ho giocato solo nel Lecce e nella Pistoiese da giovane e poi nella Juventus. La Juve di diverso ha che ha un nome importante in tutto il mondo: ovunque vai ti riconoscono. Ha qualcosa di diverso nel dna, nella gestione ed è un club dove tutte le persone sono al posto giusto e sono scelte prima per le qualità morali e poi per quelle sportive».
Qual è il dirigente della Juventus che ne ha incarnato di più lo spirito?
«Boniperti. Basta pensare alla sofferenza che gli impediva di vedere i secondi tempi delle partite. Una volta mi stirai ad Alba prima di uno Juve-Roma: lui tutte le sere mi chiamava e mi diceva “Oh, fra tot giorni c’è Pruzzo, devi giocare”. Pensava a tutto e sapeva tutto ed ha amato la società in un modo incredibile, con una dedizione mai vista. Quando ho fatto l’assistente di Trapattoni e andavamo in sede la sera lui stava lì fino alle dieci e mezzo».