
Terzo tempo con stacco imperioso, mezzo metro sopra Zappa: sembra il movimento cestistico per una schiacciata, invece è il gol di Bremer al Cagliari, il primo della stagione bianconera del brasiliano, che pure è uno specialista nel sapersi sganciare per colpire in attacco. Un gioiello che arriva da lontano ed è frutto di un lavoro perfezionato negli anni che non è solo prettamente calcistico. Lassù al terzo piano Bremer ha ricordato uno dei suoi idoli del mondo del basket: Michael Jordan.
Quando il difensore della Juve è nato, il 18 marzo 1997, MJ segnava 32 punti con 18 rimbalzi nella vittoria sui Seattle Sonics e si preparava alla cavalcata verso il suo quinto titolo Nba e all’estate che avrebbe poi portato alla sua ultima, trionfale stagione nei Chicago Bulls, quella del 1997/98. The last dance, appunto: proprio la docu-serie cult che ha raccontato la storia di uno dei più grandi sportivi di sempre ha aiutato Bremer a scoprire Michael Jordan, la sua cultura del lavoro, la sua attitudine, la sua carica agonistica, la sua insaziabile fame di vittorie, la sua inesauribile forza mentale senza la quale non sarebbe mai esistita la leggendaria strapotenza fisica e tecnica. Il talento, questo sì, c’era sempre stato, però MJ l’ha portato a un altro livello di competitività, verso tutto il mondo ma ancora prima nei confronti di se stesso.