Gatti che aveva già tutto chiaro nella notte di Bellingham e Scirea

Promozione, Eccellenza, Serie D, C, B, A: quanta strada ha percorso Federico, nobile interprete della fatica, del sudore, della disciplina del lavoro sul campo.
Gatti che aveva già tutto chiaro nella notte di Bellingham e Scirea© LAPRESSE

Ogr Torino, gran gala del Golden Boy 2023. Nella notte di Jude Bellingham, arriva il momento in cui Riccardo Scirea, il figlio di Gaetano, consegna la targa intitolata al papà. Ogni anno, Tuttosport l'assegna all'atleta che si sia distinto per i meriti sportivi e per il modo di interpretare i valori di passione, spirito di sacrificio, attaccamento alla maglia, trasmessi da uno dei più grandi difensori nella storia del calcio. Riccardo lo presenta il premiato così: "Federico lo conosco bene. Abbiamo giocato insieme alcuni tornei estivi, otto anni fa. Mi aveva colpito per la sua bravura e per la sua umanità". Federico di cognome fa Gatti, ha 25 anni, è nato a Rivoli, è un gigante alto un metro e novanta, fa il difensore, ma in 15 partite di campionato ha già segnato 3 gol: il primo al Toro e uno juventino nato sa che cosa significhi segnare un gol Toro (come un granata se lo segna alla Juve); il secondo al Monza che ha fruttato 3 punti; il terzo al Napoli, che ne ha procurato altri tre, facendo volare la Juve in sette giorni al nono e al decimo risultato utile consecutivo. Secondo Guido Angelozzi, il direttore sportivo del Frosinone che lo portò in Ciociaria dalla Pro Patria, "Gatti è un Chiellini con i piedi di Bonucci", cioè un Chiellinucci.

Non male come viatico per un ragazzo che otto anni fa, rimembrando le parole di Riccardo Scirea, giocava nei tornei estivi. Notturni. Di giorno, Federico faceva il muratore o il serramentista o riparava i tetti, avendo lasciato la scuola per andare a lavorare dopo che il padre era rimasto disoccupato. Il calcio ama stampigliare etichette sulla schiena dei suoi interpreti: così Gatti è assurto a simbolo della Juve operaia. Sia perché operaio lo è stato sia perché, ha osservato Danilo, incarna la ragione sociale della squadra, votata a battersi "fino alla fine". Detto da un campione del calibro del brasiliano che indossa la maglia di Scirea, è il capitano della Juve e ha giocato nel Santos, nel Porto, nel Real e nel City, questo è un altro complimento più che meritato per Gatti che non ha mai dimenticato da dove venga: "Quando facevo il muratore e montavo serramenti, la sera mi allenavo tra fango, campi ghiacciati e freddo. Ne ho passate tante, ho vissuto esperienze positive e negative: tutto mi è servito per crescere e per diventare ciò che sono oggi, essendo stato disposto ad affrontare qualunque sacrificio, qualunque rinuncia pur di arrivare dove sono. Sempre pronto a lottare contro tutto e contro tutti. Per questo, ringrazio anche quelli che non hanno creduto in me: non hanno idea di quale carica mi abbiano dato".

Promozione, Eccellenza, Serie D, C, B, A: quanta strada ha percorso Federico, nobile interprete della fatica, del sudore, della disciplina del lavoro sul campo. Valori assoluti, clamorosamente riabilitati al tempo di Sinner, di Spalletti, di Sofia Goggia, di Bellingham che al Golden Boy prende il microfono e incendia la platea dei mille invitati, punta gli occhi e il sorriso sugli scatenati cinquecento ragazzi delle società dilettantistiche piemontesi, fra gli ospiti d'onore dell'Evento di Tuttosport. Jude parla in inglese, però il suo è il lessico italiano di Federico: "Anch'io, quand'ero piccolo, sognavo di giocare in una grande squadra e nella Nazionale del mio Paese: continuate a seguire la vostra passione e i vostri sogni, dateci dentro, allenatevi ogni giorno, non abbiate paura di lavorare duro". Gatti aveva già tutto chiaro da quando era alto così. In una magica notte torinese, fra Bellingham e Scirea, ha capito di avere avuto ragione.

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