Cannavaro: "Scudetto Inter? Decide Chiesa! Vittorie Juve nel finale non casuali..."

Il grande ex bianconero esalta Federico in una intervista esclusiva: "È di gran lunga il miglior giocatore italiano e può fare la differenza nella lotta a due per vincere il campionato"

Sono passati quasi 18 anni da quell’indelebile 9 luglio 2006 quando l’Italia conquistò la sua quarta e ultima Coppa del Mondo. Ma per lui, il capitano azzurro che alzò il trofeo verso il firmamento berlinese, è quasi come se il tempo si fosse fermato. Lo aiutano certo il suo look, il sorriso scintillante, il fisico invidiabile che non hanno nulla a che vedere con un cinquantenne (eppure ne compirà 51 a settembre) e soprattutto il suo immutato carisma. Non è un caso se gli organizzatori del 66° Gala per l’Atleta dell’Anno lo hanno invitato come “guest star” della serata svoltasi nella sontuosa cornice del Teatro dell’Opera di Stato ungherese, storico e imponente palazzo in stile neorinascimentale riccamente decorato con inserti barocchi, affreschi e sculture. La Scala magiara, per così dire.

Come si fa per gli Oscar hollywoodiani, è toccato dunque a un applauditissimo Fabio Cannavaro il compito di aprire la fatidica busta e annunciare, fra i tanti premi nelle diverse discipline e categorie, chi fosse il vincitore tra gli allenatori. Scelta caduta sul connazionale e collega Marco Rossi, ct dell’Ungheria, torinese di Druento, che ha superato il tecnico della Nazionale ungherese di pallanuoto campione del mondo (Zsolt Varga) e quello della rappresentativa magiara di pallavolo seconda nell’ultima European Silver League (Péter Nagy).

L’ex fuoriclasse napoletano ha faticato a guadagnare l’uscita al fondo del “Red Carpet”. Ha stretto mille mani, ha posato per centinaia di “selfie”, ha firmato autografi a go go. Quasi fosse ancora giocatore, chissà addirittura il capitano... dell’Ungheria al posto dell’attuale capitano Dominik Szoboszlai, stella del Liverpool, 23 anni, eletto miglior atleta 2023 il quale – sfoggiando un modernissimo e scintillante smoking “perlinato” – lo guardava con ammirazione perché i flash e le attenzioni di (quasi) tutti erano rivolti su un italiano che ha smesso di giocare da 12 anni... Idem quando l’ex Pallone d’Oro ha varcato la soglia di un raffinato ristorante giapponese per la cena con la moglie Daniela e l’inseparabile avvocato bolognese Claudio Minghetti, consulente legale e suo partner nella società KTB Lab. Anche lì lo hanno subito riconosciuto, camerieri e avventori, e anche lì si è pazientemente sottoposto al rito dei “selfie” e degli autografi.

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Fabio, abbiamo notato che persino il primatista mondiale del salto in alto Javier Sotomayor è venuto a farsi una foto con lei...
«Eh sì, lui è una leggenda: il suo 2,45 resiste da trent’anni. Il cubano è doppiamente grande».

Cioè?
«Beh, mi ha detto che è un super tifoso del Real Madrid. E sua moglie pure... Bravi».

Quest’anno i “blancos” sono partiti forte...
«Quando hai il Golden Boy nel motore è più facile. Bellingham è di un altro pianeta».

Come vede il campionato di Serie A?
«Direi che è un torneo decisamente molto più attrattivo e avvincente rispetto alla scorsa stagione con due squadre ravvicinatissime nel punteggio alla fine del girone d’andata. Un vantaggio cospicuo e meritato su tutte le altre concorrenti, dove il Milan cerca la fuga sul gruppo delle inseguitrici».

Inter-Juve: chi vincerà lo scudetto?
«Bella domanda. L’Inter è a mio avviso superiore come giocatori, ha un organico più completo e profondo, sfoggia sostanzialmente un bel calcio offensivo, ha il capocannoniere del campionato Martínez che ha segnato 16 gol e offerto 4 assist in 17 partite disputate. È la squadra che vanta di gran lunga il miglior attacco nonché la miglior difesa. La Juve ha ceduto molti giocatori prendendone pochissimi, esborsi al minimo perché la società ha operato secondo una precisa politica di tagli dopo anni in cui erano stati spesi tantissimi soldi, però la squadra dopo un inizio sofferto ha perso una sola volta a Sassuolo, proprio come l’Inter, e ora è lì, ad appena due punti. Tante vittorie di misura e in piena zona Cesarini? Non è casualità, fa parte del DNA bianconero. Spirito guerriero, indomito. Crederci sempre. Fino alla fine, fin che l’arbitro fischia tre volte».

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Le squadre di Inzaghi solitamente accusano un calo in questo periodo della stagione...
«Io penso che saranno decisivi i prossimi mesi quando ricomincerà la Champions League che la Juve per squalifica non può disputare. Ci sarà un surplus psicofisico per i nerazzurri. Anche se non va scordato che superare gli ottavi, eccetera, costituisce in ogni caso un’iniezione d’autostima».

Allegri sta lanciando giovani che stanno facendo molto bene tipo Yildiz, Iling-Junior e ora pure Nonge...
«Ho visto. Ma l’uomo che può risultare decisivo nella lotta scudetto, in grado di fare la differenza, è Chiesa. Di gran lunga il miglior giocatore italiano d’oggigiorno. Se è a posto fisicamente, difficile contenerlo. Non ce n’è per gli avversari. Federico sa spaccare le partite con i suoi strappi, i suoi sprint brucianti, il cambio di passo, le incursioni devastanti, i suoi gol e i suoi assist. Ma dev’essere in forma, al top, non condizionato da problemi o problemini fisici».

E Vlahovic?
«Se gliela dai giusta, lui la butta dentro. L’incornata aerea è una sua specialità. Ha un fisico prorompente. Poi succede anche che possa passare un lungo periodo all’asciutto e finire pure in panchina. Ma ora mi sembra ritrovato, in piena fiducia».

Cosa pensa del Var e delle furibonde polemiche che settimanalmente ne scandiscono il semi-fallimento?
«Il Var va usato per quello che è: un importantissimo, fondamentale aiuto per il calcio e per cancellare gli errori umani degli arbitri. Ma va sfruttato appieno, al 100%. Sempre e comunque. Non parzialmente, non così ogni tanto e magari pure a casaccio con i varisti che vanno nel pallone e i direttori di gara che non insistono per il “review”. Var magari per corner e falli laterali, sì, come hanno detto in Inghilterra. E chissenefrega se le partite dureranno 5 o 10 o 15 minuti in più. Quale sarà mai il problema? Ai Mondiali in Qatar abbiamo assistito a diversi incontri con recuperi anche oltre i 10’. La strada è quella del tempo tecnico come nel basket».

Parliamo un po’ del suo futuro da allenatore disoccupato. Dopo la brillante esperienza cinese, al Benevento è andata molto male, un’avventura durata quattro mesi...
«Meglio lasciar perdere... ».

Perché non profeta in patria nella sua Napoli?
«Sarebbe anche ora, eh! Mi pare il caso, io sono pronto. Ma a decidere è il presidente e, onestamente, non mi sono arrivati messaggi in tal senso. L’unico contatto reale, concreto, è stato con i turchi del Besiktas. Alla fine però, proprio qualche giorno fa, hanno optato per Fernando Santos, l’ex ct del Portogallo. Al Napoli la situazione è molto difficile: il dopo Spalletti, tecnico straordinariamente meticoloso, non ha funzionato. E sono pesate anche le ulteriori partenze di Kim e Giuntoli. Ventidue punti in meno rispetto a un anno fa sono un’enormità, i tifosi rabbiosi... ».

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Sono passati quasi 18 anni da quell’indelebile 9 luglio 2006 quando l’Italia conquistò la sua quarta e ultima Coppa del Mondo. Ma per lui, il capitano azzurro che alzò il trofeo verso il firmamento berlinese, è quasi come se il tempo si fosse fermato. Lo aiutano certo il suo look, il sorriso scintillante, il fisico invidiabile che non hanno nulla a che vedere con un cinquantenne (eppure ne compirà 51 a settembre) e soprattutto il suo immutato carisma. Non è un caso se gli organizzatori del 66° Gala per l’Atleta dell’Anno lo hanno invitato come “guest star” della serata svoltasi nella sontuosa cornice del Teatro dell’Opera di Stato ungherese, storico e imponente palazzo in stile neorinascimentale riccamente decorato con inserti barocchi, affreschi e sculture. La Scala magiara, per così dire.

Come si fa per gli Oscar hollywoodiani, è toccato dunque a un applauditissimo Fabio Cannavaro il compito di aprire la fatidica busta e annunciare, fra i tanti premi nelle diverse discipline e categorie, chi fosse il vincitore tra gli allenatori. Scelta caduta sul connazionale e collega Marco Rossi, ct dell’Ungheria, torinese di Druento, che ha superato il tecnico della Nazionale ungherese di pallanuoto campione del mondo (Zsolt Varga) e quello della rappresentativa magiara di pallavolo seconda nell’ultima European Silver League (Péter Nagy).

L’ex fuoriclasse napoletano ha faticato a guadagnare l’uscita al fondo del “Red Carpet”. Ha stretto mille mani, ha posato per centinaia di “selfie”, ha firmato autografi a go go. Quasi fosse ancora giocatore, chissà addirittura il capitano... dell’Ungheria al posto dell’attuale capitano Dominik Szoboszlai, stella del Liverpool, 23 anni, eletto miglior atleta 2023 il quale – sfoggiando un modernissimo e scintillante smoking “perlinato” – lo guardava con ammirazione perché i flash e le attenzioni di (quasi) tutti erano rivolti su un italiano che ha smesso di giocare da 12 anni... Idem quando l’ex Pallone d’Oro ha varcato la soglia di un raffinato ristorante giapponese per la cena con la moglie Daniela e l’inseparabile avvocato bolognese Claudio Minghetti, consulente legale e suo partner nella società KTB Lab. Anche lì lo hanno subito riconosciuto, camerieri e avventori, e anche lì si è pazientemente sottoposto al rito dei “selfie” e degli autografi.

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