La Juve si prende un quattro: Allegri, così non va!

Quarta partita senza vittorie per la squadra bianconera, che a Verona va due volte sotto, rimonta con Vlahovic e Rabiot, ma si ferma al 2-2

Il campionato è ancora lungo, ma anziché un motivo di speranza per la Juventus questo rischia di essere un problema, se la squadra bianconera non riuscirà a uscire in fretta dal tunnel in cui si è infilata. Perché di tunnel si tratta: se il pareggio con l’Empoli e la sconfitta con l’Inter avevano le loro ragioni principali negli oltre 70 minuti in inferiorità numerica contro i toscani e nella superiorità dei nerazzurri, il ko con l’Udinese e questo pareggio 2-2 con il Verona, con tutto il rispetto per le grandi prove degli uomini di Cioffi e Baroni, sono prima di tutto frutto di una Juve spenta nell’agonismo, disattenta tatticamente e imprecisa tecnicamente. Periodi di flessione capitano in una stagione, ma Allegri e i giocatori devono riuscire a chiuderlo in fretta, altrimenti c’è il rischio di rovinarla la stagione, almeno nell’aspetto se non nella sostanza (la qualificazione alla Champions). La sfida del Bentegodi potrebbe forse aver suggerito la strada, con il passaggio al 4-3-3 della ripresa: ma senza ritrovare concentrazione e cattiveria agonistica, non c’è modulo che tenga.

 

Partenza ad handicap

L’avvio, con il pallone consegnato al Verona al primo passaggio dopo il calcio d’inizio, non promette bene: e infatti la Juventus soffre a trovare linee di passaggio contro il 4-2-3-1 scelto da Baroni, che aiuta i gialloblù a piazzarsi uomo contro uomo ed esalta la loro aggressività. Così, dopo un pallone rubato da Folorunsho a Rabiot, dal quale poi peraltro nasce un contropiede in cui Dawidowicz salva su Yildiz, e dopo un pallone regalato da Gatti in impostazione, il Verona guadagna l’angolo da cui nasce il vantaggio. Cross dalla bandierina respinto di testa da Rabiot, Folorunsho al limite dell’area si trasforma in Zidane (perché quando gira male gira male) e di sinistro al volo gira all’incrocio come Zizou nella finale di Champions del 2002. La squadra di Allegri rischia ancora poco dopo, con Neslin che si presenta davanti a Szczesny sulla sinistra senza impensierire il polacco, e non riesce a scuotersi: molle nei duelli e imprecisa nei passaggi, sembra svuotata. Prova però comunque a reagire di nervi e al 27’ trova l’episodio che rimette in parità la partita: tiro di Kostic deviato di mano da Tchatchoua, rigore netto che Vlahovic trasforma in modo impeccabile. Il 13° gol in campionato di DV9 risolve a metà il problema del risultato, non quello del gioco, con la Juve che continua a faticare a superare la pressione del Verona, se non quando riesce ad attivare Yildiz in velocità negli spazi alle spalle dei gialloblù.

© RIPRODUZIONE RISERVATA

Mezza svolta

Il calcio d’angolo guadagnato al primo minuto della ripresa e la successiva girata di testa appena alta di Magnani sembrano prefigurare altri 45 minuti di sofferenza bianconera e anche in questo caso il presagio si concretizza: già al 5’ Szczesny è chiamato a respingere coi pugni un tiro da fuori di Noslin, ma l’attaccante gialloblù lo beffa due minuti dopo inserendosi da destra e facendogli passare la palla tra le gambe. Allegri corre ai ripari inserendo Chiesa per Kostic e Alex Sandro per Gatti (a disagio come Rugani contro il pressing alto gialloblù), ma prima ancora che effettui il cambio Rabiot pareggia servito da Locatelli. Rimontato per la seconda volta lo svantaggio e più aggressiva nell’atteggiamento e nell’assetto (4-3-3 con McKennie e Alex Sandro terzini e Cambiaso a centrocampo con Locatelli e Rabiot), la Juve alza il baricentro ma al 20’ Szczesny è ancora chiamato a deviare in angolo un tiro da fuori di Lazovic. Subito dopo Allegri gioca la carta Alcaraz, togliendo Yildiz e alzando Cambiaso, mentre l’argentino si piazza da mezzala e libera subito Rabiot al cross per Vlahovic, che riesce in un complicato colpo di testa ma alza sopra la traversa. È l’ultimo sussulto per DV9, sostituito al 35’ da Allegri che cerca freschezza con Milik e Weah (per Cambiaso). La Juve si rende pericolosa con Chiesa, che alza la mira, ma non riesce a schiacciare il Verona, anche perché si trova praticamente in inferiorità numerica, con Danilo infortunato e i cambi sono finiti. E finisce, dopo un salvataggio di piede di Montipò su Chiesa, la quarta partita di fila senza vittorie per la squadra bianconera. L’Inter è scappata (+10, potenziale +13) e il Milan ha la chance del sorpasso.

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Il campionato è ancora lungo, ma anziché un motivo di speranza per la Juventus questo rischia di essere un problema, se la squadra bianconera non riuscirà a uscire in fretta dal tunnel in cui si è infilata. Perché di tunnel si tratta: se il pareggio con l’Empoli e la sconfitta con l’Inter avevano le loro ragioni principali negli oltre 70 minuti in inferiorità numerica contro i toscani e nella superiorità dei nerazzurri, il ko con l’Udinese e questo pareggio 2-2 con il Verona, con tutto il rispetto per le grandi prove degli uomini di Cioffi e Baroni, sono prima di tutto frutto di una Juve spenta nell’agonismo, disattenta tatticamente e imprecisa tecnicamente. Periodi di flessione capitano in una stagione, ma Allegri e i giocatori devono riuscire a chiuderlo in fretta, altrimenti c’è il rischio di rovinarla la stagione, almeno nell’aspetto se non nella sostanza (la qualificazione alla Champions). La sfida del Bentegodi potrebbe forse aver suggerito la strada, con il passaggio al 4-3-3 della ripresa: ma senza ritrovare concentrazione e cattiveria agonistica, non c’è modulo che tenga.

 

Partenza ad handicap

L’avvio, con il pallone consegnato al Verona al primo passaggio dopo il calcio d’inizio, non promette bene: e infatti la Juventus soffre a trovare linee di passaggio contro il 4-2-3-1 scelto da Baroni, che aiuta i gialloblù a piazzarsi uomo contro uomo ed esalta la loro aggressività. Così, dopo un pallone rubato da Folorunsho a Rabiot, dal quale poi peraltro nasce un contropiede in cui Dawidowicz salva su Yildiz, e dopo un pallone regalato da Gatti in impostazione, il Verona guadagna l’angolo da cui nasce il vantaggio. Cross dalla bandierina respinto di testa da Rabiot, Folorunsho al limite dell’area si trasforma in Zidane (perché quando gira male gira male) e di sinistro al volo gira all’incrocio come Zizou nella finale di Champions del 2002. La squadra di Allegri rischia ancora poco dopo, con Neslin che si presenta davanti a Szczesny sulla sinistra senza impensierire il polacco, e non riesce a scuotersi: molle nei duelli e imprecisa nei passaggi, sembra svuotata. Prova però comunque a reagire di nervi e al 27’ trova l’episodio che rimette in parità la partita: tiro di Kostic deviato di mano da Tchatchoua, rigore netto che Vlahovic trasforma in modo impeccabile. Il 13° gol in campionato di DV9 risolve a metà il problema del risultato, non quello del gioco, con la Juve che continua a faticare a superare la pressione del Verona, se non quando riesce ad attivare Yildiz in velocità negli spazi alle spalle dei gialloblù.

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