Giuntoli, la Juve come il Napoli: cosa ci si aspetta dal dt bianconero

Non solo la Coppa Italia, c’è anche la qualificazione in Champions. Ora il mercato: bisogna alzare il livello della rosa

Il suo primo pensiero, quando l’arbitro Maresca ha fischiato la fine del match e l’inizio della sua prima gioia torinese, deve essere andato al babbo, che lo lasciò troppo presto dopo avergli trasmesso la passione viscerale per quella maglia a strisce verticali bianche e nere. Cristiano Giuntoli, fiorentino doc, quasi architetto, è un tifoso della Juventus dalla nascita e ora che può dirlo senza remore di sorta, la goduria provata per questa Coppa Italia alzata al cielo non ha pari. Certo, è abituato a vincere il nuovo dt assoldato da John Elkann per traghettare il club da una situazione semidisastrata a livello di bilancio a una condizione congrua per chi vuole restare in piedi da una parte e provare a restare protagonista dall’altra. La sua carriera come leggerete tra poco è una sequela di scommesse vincenti dove la parola scommesse è azzeccata sino a un certo punto.

Il mantra di Giuntoli

Perché se nel calcio le certezze sono poche e le scelte a volte si scontrano con parametri impreventivabili, in grado di mandare a gambe all’aria qualsiasi pianificazione, è altrettanto vero che quando nel tempo continui a raccogliere significa che c’è qualcos’altro. Che sai come e dove seminare. Già, un mix di abilità, fiuto e perché no, anche fortuna. Spesso, tra il divertito e lo scherzoso, tra il serio e il faceto lo ripete spesso Giuntoli, “Io sono fortunato eh”, quasi un intercalare, un mantra a calamitare energia positiva da dirottare sulle sue creature. Da dirigente le fortune le ha viste crescere in due città prima di approdare sotto la Mole e riuscire a interrompere il digiuno di trofei che da tre anni impediva di festeggiare alla Continassa e portare nella bacheca del JMuseum un nuovo trofeo da aggiungere. Il triangolo magico di Giuntoli ha come vertici Carpi, Napoli e Torino.

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Una vittoria storica

L’acuto lo scudetto conquistato la scorsa annata a Napoli che gli ha permesso di essere premiato nel Golden Boy 2023 per la sezione “La più grande impresa della stagione”. C’era lui in regia a scrivere un film che ha riportato sotto il Vesuvio dopo 33 anni quel sogno firmato Maradona. Uomo di calcio da sempre, prima come difensore centrale tra Serie C e D, poi come dirigente di altissimo livello. Infatti dopo aver raccolto il massimo che poteva con il Carpi, che porta sino alla Serie A, ecco l’offerta irrinunciabile del Napoli. E sul golfo dell’amore resta otto stagioni, culminando il tutto con il tricolore. Una vittoria storica nel vero senso della parola, arrivata grazie a un lavoro di rafforzamento graduale e stratificato stagione dopo stagione. La sua esperienza napoletana inizia col post Benitez che lo vede quindi all’esordio da direttore sportivo del Napoli con Maurizio Sarri.

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L'esperienza al Napoli

Tre stagioni che significano, oltre a un calcio godibile e divertente, un 2° posto con 82 punti (in netto miglioramento rispetto al 5° con 62 punti del tecnico spagnolo), un 2° posto a pari merito con la Roma a quota 87 e ancora un 2° posto con 91 punti. Poi ecco il 2° posto con Ancelotti figlio di 79 punti, il 6° posto dell’annata Ancelotti-Gattuso che però regala la Coppa Italia vinta in finale contro la Juventus, la stagione con Gattuso e quindi le due annate con Spalletti culminate con l’apoteosi tricolore e il bilancio in positivo. Per questa sua prima annata sotto la Mole l’obiettivo principale era tornare a giocare in Champions, anche se si sa che l’appetito vien mangiando,e infatti come dessert c’era anche la Coppa Italia. Ora, dopo aver tagliato entrambi i traguardi, dirotterà le 24 ore della giornata sul mercato per alzare il livello di una rosa che dovrà giocare su più fronti e quasi per 12 mesi. Al Napoli ha portato, pagandoli poco, una serie di giocatori diventati campioni: Di Lorenzo, Lobotka, Lozano, Politano, Raspadori, Simeone, Anguissa, Kim, Osimhen e Kvaratskhelia. A Torino sperano che si ripeta con altri assi sconosciuti, proseguendo la tradizione. Intanto alla casella obiettivi ecco due spunte su due...

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Il suo primo pensiero, quando l’arbitro Maresca ha fischiato la fine del match e l’inizio della sua prima gioia torinese, deve essere andato al babbo, che lo lasciò troppo presto dopo avergli trasmesso la passione viscerale per quella maglia a strisce verticali bianche e nere. Cristiano Giuntoli, fiorentino doc, quasi architetto, è un tifoso della Juventus dalla nascita e ora che può dirlo senza remore di sorta, la goduria provata per questa Coppa Italia alzata al cielo non ha pari. Certo, è abituato a vincere il nuovo dt assoldato da John Elkann per traghettare il club da una situazione semidisastrata a livello di bilancio a una condizione congrua per chi vuole restare in piedi da una parte e provare a restare protagonista dall’altra. La sua carriera come leggerete tra poco è una sequela di scommesse vincenti dove la parola scommesse è azzeccata sino a un certo punto.

Il mantra di Giuntoli

Perché se nel calcio le certezze sono poche e le scelte a volte si scontrano con parametri impreventivabili, in grado di mandare a gambe all’aria qualsiasi pianificazione, è altrettanto vero che quando nel tempo continui a raccogliere significa che c’è qualcos’altro. Che sai come e dove seminare. Già, un mix di abilità, fiuto e perché no, anche fortuna. Spesso, tra il divertito e lo scherzoso, tra il serio e il faceto lo ripete spesso Giuntoli, “Io sono fortunato eh”, quasi un intercalare, un mantra a calamitare energia positiva da dirottare sulle sue creature. Da dirigente le fortune le ha viste crescere in due città prima di approdare sotto la Mole e riuscire a interrompere il digiuno di trofei che da tre anni impediva di festeggiare alla Continassa e portare nella bacheca del JMuseum un nuovo trofeo da aggiungere. Il triangolo magico di Giuntoli ha come vertici Carpi, Napoli e Torino.

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