Allegri e quel “grazie” che manca: il triste finale di un romanzo eccezionale

Arrivato tra le proteste, Max aveva vinto in Italia e portato la squadra a giocarsi la Champions. Poi il ritorno in un triennio pieno di guai

Un brutto finale può offuscare nell’immediato, ma certo non rovinare nel tempo, quanto di bello un libro, un film, un concerto, una storia d’amore possono aver regalato fino a quel momento. E la storia d’amore calcistico tra la Juventus e Allegri di bello ha regalato tantissimo: emozioni e trofei. Nonostante pure l’incipit fosse stato brutto. O forse proprio per quello, con la contestazione all’arrivo a Vinovo il 16 luglio 2014, due giorni dopo le dimissioni di Antonio Conte, a fornire quella difficoltà iniziale che rende più appassionanti le storie di successo. E di successo rimane la storia tra la Juventus e Allegri, successo talmente straordinario nella sua prima parte da riverberarsi anche sulla seconda, comunque chiusa sollevando l’unico trofeo che la squadra bianconera era all’altezza di sollevare. Ben diversa da quella a cui il tecnico livornese si presentò quel 16 luglio 2014.

Allegri-Juve, l'addio e la contestazione

Quella Juve era tre volte campione d’Italia in carica, aveva difesa e centrocampo tra i più forti della sua storia e un attaccante di valore mondiale come Tevez. Allegri la condusse al quarto Scudetto di fila, aggiungendo una Coppa Italia che mancava da 20 anni, e fino a una finale di Champions League che a inizio stagione pareva un miraggio, dopo l’eliminazione ai gironi della stagione precedente, e che pareva un miraggio anche dopo il sorteggio della semifinale contro il Real Madrid campione in carica di Cristiano Ronaldo. E la condusse a giocarsela, quella finale, contro il Barcellona di Messi, Suarez e Neymar, molto più di quanto dica il 3-1 finale, col terzo gol arrivato al 97’.

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Il rammarico con Ronaldo

Proprio la mancata conquista della Champions è stata l’unico rammarico di quelle cinque stagioni, in cui Allegri vinse altrettanti Scudetti, quattro Coppe Italia e due Supercoppe. Ed è l’unica zavorra che lo tiene, al di là dei gusti personali, un gradino sotto Giovanni Trapattoni e Marcello Lippi nel pantheon degli allenatori juventini. Trap e Lippi rispetto ai quali, senza nulla togliere al loro primato, ha avuto in sorte di guidare la Juve in un periodo storico in cui il calcio italiano non era più il più importante e il più ricco d’Europa come negli anni Ottanta o a cavallo tra i Novanta e i Duemila. La Juve di Allegri l’ha sfiorata un’altra volta, la Champions: nel 2017 a Cardiff, quella volta arrendendosi (nettamente nella ripresa) al Real di CR7 in finale dopo aver eliminato il Barcellona di Messi ai quarti. Poi l’altro grande rammarico, l’eliminazione ai quarti con la sorpresa Ajax nel 2019, con Ronaldo quella volta in bianconero.

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L'Allegri-bis e le difficoltà

Proprio quell’eliminazione, assieme al fisiologico deterioramento di un ciclo lunghissimo, fu una delle principali ragioni del primo esonero di Allegri dalla Juventus, celebrato in gloria con tanto di conferenza e consegna di maglia celebrativa. Tre anni più tardi il ritorno, fortemente voluto da Andrea Agnelli. Iniziato molto meglio, ufficializzato mentre lui giocava una “gabbionata” benefica circondato dall’affetto della sua Livorno e tra la fiducia della maggior parte della tifoseria (non la totalità, una parte di quelli che non lo volevano quel 16 luglio 2014 non ha mai cambiato idea), il secondo ciclo di Allegri è stato invece decisamente meno appagante, nonostante il traguardo dei mille punti in Serie A, primo allenatore a riuscirci, e il fresco record di cinque Coppe Italia in carriera.

Ed è stato decisamente più difficile, tra un po’ di ruggine che lui aveva accumulato nei due anni di stop, una Juventus che iniziava a dover guardare più ai conti che al campo e una serie di complicazioni imprevedibili quanto pesanti: l’addio di Cristiano Ronaldo all’ultimo giorno di mercato nella prima stagione; l’infortunio di Pogba e poi la tempesta plusvalenze, con le dimissioni dell’intera dirigenza a cominciare dal presidente Agnelli, nella seconda; le squalifiche di Pogba e Fagioli in quella che si sta per concludere. Con un altro esonero, anticipato di un paio di settimane per le ingiustificabili scenate di mercoledì sera, stavolta per nulla glorioso e senza neppure un “grazie” che nel comunicato avrebbe dovuto starci, ma anche con il ritorno in Champions League e un trofeo, la Coppa Italia, alzato al cielo. Dopo una partita che è stata l’ultima pagina bella prima del brutto finale. Decisamente brutto, ma che non rovina certo un libro splendido.

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Un brutto finale può offuscare nell’immediato, ma certo non rovinare nel tempo, quanto di bello un libro, un film, un concerto, una storia d’amore possono aver regalato fino a quel momento. E la storia d’amore calcistico tra la Juventus e Allegri di bello ha regalato tantissimo: emozioni e trofei. Nonostante pure l’incipit fosse stato brutto. O forse proprio per quello, con la contestazione all’arrivo a Vinovo il 16 luglio 2014, due giorni dopo le dimissioni di Antonio Conte, a fornire quella difficoltà iniziale che rende più appassionanti le storie di successo. E di successo rimane la storia tra la Juventus e Allegri, successo talmente straordinario nella sua prima parte da riverberarsi anche sulla seconda, comunque chiusa sollevando l’unico trofeo che la squadra bianconera era all’altezza di sollevare. Ben diversa da quella a cui il tecnico livornese si presentò quel 16 luglio 2014.

Allegri-Juve, l'addio e la contestazione

Quella Juve era tre volte campione d’Italia in carica, aveva difesa e centrocampo tra i più forti della sua storia e un attaccante di valore mondiale come Tevez. Allegri la condusse al quarto Scudetto di fila, aggiungendo una Coppa Italia che mancava da 20 anni, e fino a una finale di Champions League che a inizio stagione pareva un miraggio, dopo l’eliminazione ai gironi della stagione precedente, e che pareva un miraggio anche dopo il sorteggio della semifinale contro il Real Madrid campione in carica di Cristiano Ronaldo. E la condusse a giocarsela, quella finale, contro il Barcellona di Messi, Suarez e Neymar, molto più di quanto dica il 3-1 finale, col terzo gol arrivato al 97’.

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