“Motta-Juve, solo il tempo lo dirà. Vlahovic top e affinché torni a segnare…”

-80 giorni al Mondiale per Club: l’allenatore dell’Al-Ain Vladimir Ivic, primo avversario della squadra di Tudor, parla dei bianconeri e delle ambizioni degli Emirati

Travolta da un’inquietante crisi tecnico-societaria, la Juventus vive più che mai alla giornata nella speranza di centrare il posto Champions. Quest’anno il calendario propone anche la partecipazione al fiammante e multimilionario Mondiale Club negli Stati Uniti (il “via” fra 80 giorni) dove i bianconeri debutteranno nel Girone B contro i detentori della Champions League asiatica ovverosia gli emiratini dell’Al Ain. Ne abbiamo parlato con il serbo Vladimir “Vlada” Ivic, 47 anni, ex centrocampista di Partizan, Borussia, Aek e Paok, ma soprattutto nuovo allenatore del cosiddetto “Al Zaeem” (“Il Capo”, tradotto dall’arabo, soprannome della squadra) che ci ha raccontato ambizioni e i progetti dell’Al Ain in vista della prossima trasferta americana. 

 
Il 18 giugno Juventus e Al Ain esordiranno nel prestigioso Mondiale Club a 32 squadre affrontandosi all’Audi Field di Washington: come inquadra questa sfida? Secondo lei c’è ancora troppa differenza fra il calcio europeo e quello degli Emirati Arabi Uniti? 
«È certamente una grande sfida per il club partecipare a un evento calcistico così importante. La Juventus è uno dei più grandi club del mondo, una grande sfida per tutti gli avversari. C’è ancora una differenza tra il calcio europeo e quello asiatico. I club asiatici stanno cercando di ridurre questo divario portando giocatori e allenatori famosi. Credo che siano sulla buona strada per riuscirci in futuro». 
 
C’è invidia per il vicino campionato dell’Arabia Saudita, la stellare Roshn Saudi League, dove si esibiscono super assi planetari come CR7, Benzema, Mané, Kanté, Mahrez, Koulibaly, Brozovic, Firmino, Milinkovic-Savic, Mendy, Kessié, Fabinho, Laporte, Rúben Neves, Bounou, ecc.?  
«Penso di no, il campionato degli Emirati Arabi è interessante e credo che i tifosi si divertano a guardare il calcio». 
 
Lei è arrivato all’Al Ain da poco più di un mese in sostituzione del portoghese Jardim che a sua volta aveva sostituito l’argentino Crespo a novembre: come ha trovato la situazione al club? I calciatori un po’ frastornati avendo cambiato tre tecnici di tre nazionalità e mentalità diverse in così poco tempo... 
«Sì, sono d’accordo sul fatto che cambiare tre allenatori in meno di tre mesi non è comune... I giocatori sono professionisti e cercano di adattarsi alle nuove esigenze. L’Al Ain è la squadra più grande degli Emirati Arabi Uniti, l’unica di questa nazione ad aver conquistato, e per due volte, l’AFC Champions League. Un club organizzato con grandi ambizioni». 
 
La scuola degli allenatori ex jugoslavi è una delle più famose e apprezzate del mondo: tantissimi sono arrivati e continuano ad arrivare soprattutto da Serbia, Croazia e Bosnia. Perché, secondo lei? 
«Penso che l’ex Jugoslavia abbia davvero buoni giocatori e allenatori. Così era prima, così è adesso. Probabilmente il talento». 
 
Il suo cognome, Ivic, fa subito venire in mente un suo celebre omonimo: il grande allenatore spalatino Tomislav, che ha guidato Ajax, Psg, Porto, Atlético Madrid, Benfica, Olympique Marsiglia, Monaco, Nazionale jugoslava e croata, quella degli Emirati Arabi Uniti ecc. collezionando titoli quasi ovunque... 
«Sì, io e lui abbiamo lo stesso cognome. Ma non siamo parenti. È stato e resta uno dei più grandi allenatori della nostra zona». 

 

 

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"Aggiungerei anche Conte e Gasperini"

 Parlando dei tecnici attualmente in auge, qual è il suo modello e perché? Ancelotti, Guardiola, Mourinho, Klopp... 
«Ognuno di loro è unico, nel nostro ambiente è molto difficile avere lo stesso successo degli allenatori in questione. Penso che Ancelotti e Guardiola siano i più grandi tra i più grandi. Ma aggiungerei anche Conte e Gasperini». 
 
Qual è la sua filosofia di gioco? 
«Che la squadra giochi un calcio d’attacco con l’obiettivo di vincere. E che naturalmente diventi più forte man mano che il tempo passa. Tutto dipende dall’organico in base al quale cerco di ragionare su ciò che va fatto per migliorare il team». 
 
Cosa le hanno lasciato le sue precedenti esperienze di allenatore in Grecia, Israele, Inghilterra e Russia? 
«Prima di tutto, l’adattamento al campionato e alla mentalità in cui ci si trova. Mi è capitato di arrivare sempre in club in difficoltà e di dover costruire una squadra che lottasse per i trofei... Per esempio a Krasnodar mi hanno posto come obiettivo che la squadra si posizionasse tra il 6° e l’8° posto. Abbiamo lottato per il titolo... ». 
 
Ci presenti l’Al Ain, ci racconti pregi e difetti dei “viola” o meglio quali sono i punti di forza e dove lei deve lavorare di più per migliorare la squadra. 
«Stiamo lavorando sui segmenti tecnico-tattici del gioco e allo stesso tempo sul recupero della fiducia in se stessi, che è molto importante. Passo dopo passo... ». 
 
Attualmente siete quinti in campionato, lontano dal primo posto, reduci da due sconfitte consecutive. In compenso vi “consolate” con Kodjo Laba, il vostro esperto attaccante togolese che comanda la classifica marcatori con 16 gol (+1 assist) in 13 partite giocate... 
«Già, come si può vedere abbiamo il capocannoniere del campionato ma, d’altro canto, siamo una squadra che finora ha subìto una sessantina di gol in tutte le competizioni. Non c’è logica. Ci aspetta un duro lavoro, ma siamo qui per questo... ». 
 
Il presidente del club è Sheikh bin Hazza bin Zayed bin Sultan Al Nahyan, fratello minore dell’Emiro Mohammed bin Zayed, sovrano degli Emirati Arabi Uniti: qual è il suo rapporto con lui? Cosa le ha chiesto?  

«Questo è il nostro rapporto interno che preferirei tenere per noi (ndr: Ivic ha firmato un contratto di un anno e mezzo da 4 milioni di euro complessivi). Il mio obiettivo e quello della squadra è cercare di concludere la stagione in una posizione migliore e preparare la rosa per la nuova stagione». 

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La crisi Juve

Chi è il dirigente di riferimento con cui s’interfaccia quotidianamente? 
«Mohammed Ebrahim Al Mahmoud, amministratore delegato e membro del Board del nostro club».  
 
Visto com’è naufragato alla Juve il progetto Thiago Motta? Licenziato in tronco a 9 turni dalla fine dopo una spaventosa serie di figuracce: eliminato nei playoff di Champions League dal Psv, subito fuori nella prima partita di Supercoppa italiana, estromesso dalla Coppa Italia da un Empoli imbottito di ragazzini, fuori dalla lotta per lo scudetto. Lei che idea si è fatto? 
«Thiago Motta è un tecnico giovane con le sue idee. La Juventus è un grande club che negli ultimi anni sta attraversando una crisi non cominciata solo da questa stagione. Io reputo che lui sia un buon allenatore, ma sarà il tempo a dire perché la Juve non ha più creduto in Motta».  
 
Il suo connazionale Vlahovic è ormai riserva fissa, sempre più in crisi. Contro l’Atalanta (0-4 a Torino, peggior sconfitta interna della Juve dopo 58 anni... ) è entrato giocando l’ultimo quarto d’ora mentre contro la Fiorentina (3-0 in Toscana) è rimasto 90’ in panchina. La gente ironizza: è il panchinaro più pagato del mondo... 
«Vlahovic è uno dei migliori attaccanti del calcio italiano. Ogni giocatore a volte attraversa una crisi. Sono sicuro che la supererà e ricomincerà a segnare. Ma perché ciò accada, ha bisogno di avere un’opportunità: non solo dalla panchina come riserva». 
 
Per finire, suo fratello maggiore Ilija ha giocato un anno nel Torino allenato da Mondonico per poi diventare direttore sportivo di Aek, Olympiakos e Stella Rossa: le ha dato o le sta dando dei suggerimenti per la sua carriera di allenatore?  
«Noi guardiamo il calcio in modo diverso, ognuno dal proprio punto di vista. E non parliamo molto di calcio, quindi ciascuno ha la sua visione». 

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Travolta da un’inquietante crisi tecnico-societaria, la Juventus vive più che mai alla giornata nella speranza di centrare il posto Champions. Quest’anno il calendario propone anche la partecipazione al fiammante e multimilionario Mondiale Club negli Stati Uniti (il “via” fra 80 giorni) dove i bianconeri debutteranno nel Girone B contro i detentori della Champions League asiatica ovverosia gli emiratini dell’Al Ain. Ne abbiamo parlato con il serbo Vladimir “Vlada” Ivic, 47 anni, ex centrocampista di Partizan, Borussia, Aek e Paok, ma soprattutto nuovo allenatore del cosiddetto “Al Zaeem” (“Il Capo”, tradotto dall’arabo, soprannome della squadra) che ci ha raccontato ambizioni e i progetti dell’Al Ain in vista della prossima trasferta americana. 

 
Il 18 giugno Juventus e Al Ain esordiranno nel prestigioso Mondiale Club a 32 squadre affrontandosi all’Audi Field di Washington: come inquadra questa sfida? Secondo lei c’è ancora troppa differenza fra il calcio europeo e quello degli Emirati Arabi Uniti? 
«È certamente una grande sfida per il club partecipare a un evento calcistico così importante. La Juventus è uno dei più grandi club del mondo, una grande sfida per tutti gli avversari. C’è ancora una differenza tra il calcio europeo e quello asiatico. I club asiatici stanno cercando di ridurre questo divario portando giocatori e allenatori famosi. Credo che siano sulla buona strada per riuscirci in futuro». 
 
C’è invidia per il vicino campionato dell’Arabia Saudita, la stellare Roshn Saudi League, dove si esibiscono super assi planetari come CR7, Benzema, Mané, Kanté, Mahrez, Koulibaly, Brozovic, Firmino, Milinkovic-Savic, Mendy, Kessié, Fabinho, Laporte, Rúben Neves, Bounou, ecc.?  
«Penso di no, il campionato degli Emirati Arabi è interessante e credo che i tifosi si divertano a guardare il calcio». 
 
Lei è arrivato all’Al Ain da poco più di un mese in sostituzione del portoghese Jardim che a sua volta aveva sostituito l’argentino Crespo a novembre: come ha trovato la situazione al club? I calciatori un po’ frastornati avendo cambiato tre tecnici di tre nazionalità e mentalità diverse in così poco tempo... 
«Sì, sono d’accordo sul fatto che cambiare tre allenatori in meno di tre mesi non è comune... I giocatori sono professionisti e cercano di adattarsi alle nuove esigenze. L’Al Ain è la squadra più grande degli Emirati Arabi Uniti, l’unica di questa nazione ad aver conquistato, e per due volte, l’AFC Champions League. Un club organizzato con grandi ambizioni». 
 
La scuola degli allenatori ex jugoslavi è una delle più famose e apprezzate del mondo: tantissimi sono arrivati e continuano ad arrivare soprattutto da Serbia, Croazia e Bosnia. Perché, secondo lei? 
«Penso che l’ex Jugoslavia abbia davvero buoni giocatori e allenatori. Così era prima, così è adesso. Probabilmente il talento». 
 
Il suo cognome, Ivic, fa subito venire in mente un suo celebre omonimo: il grande allenatore spalatino Tomislav, che ha guidato Ajax, Psg, Porto, Atlético Madrid, Benfica, Olympique Marsiglia, Monaco, Nazionale jugoslava e croata, quella degli Emirati Arabi Uniti ecc. collezionando titoli quasi ovunque... 
«Sì, io e lui abbiamo lo stesso cognome. Ma non siamo parenti. È stato e resta uno dei più grandi allenatori della nostra zona». 

 

 

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