Rilancio Yildiz, tocca arrivare a quota 100: cosa ha in mente Tudor

Ai margini nell’ultimo periodo, secondo il Cies il turco della Juventus resta tra i primi 15 giocatori al mondo per valutazione

Quota cento stavolta non corrisponde a un pensionamento, anzi. Riguarda, o meglio riguarderebbe una rinascita, una ripresa o una rivitalizzazione fate voi. Quella di Kenan Yildiz, eletto a “predestinato” dai dirigenti juventini al punto da assegnargli l’iconica maglia numero 10 a 19 anni non ancora compiuti, ma ultimamente avvitatosi in una crisi di identità che lo ha condotto ai margini del mitologico “progetto” bianconero. Una dinamica, quella della gestione dell’attaccante turco, che ha certamente contribuito ad accelerare la fine dell’esperienza di Thiago Motta sulla panchina bianconera. Con il tempo, certo, si abbasserà il polverone che segue sempre a questi crolli così fragorosi (perché quello che è successo alla Juventus lo è, altro che) e si capiranno meglio dettagli, dinamiche e perfino - parola grossa - responsabilità. Si capirà, per esempio, se quelle perplessità di Motta circa il “pretendere senza dare” fossero riferite anche a lui, oppure se semplicemente il ragazzo si sia trovato di fronte a qualcosa di più grande di lui: il peso ella maglia, le aspettative, le difficoltà di mantenere la propria linearità quanto tutto ha girato in incertezza, le indubbie spigolosità di un allenatore abituato a essere diretto con i propri calciatori, a considerali adulti invece che a blandirli e a coccolarli.

Tra sostituzioni e panchine

E, non da ultimo, qualche divagazione mentale indotta dagli incontri di mercato con potenti e famosi procuratori internazionali. Tutto si tiene. Poi ognuno è libero di far pendere la bilancia delle responsabilità dove meglio crede, ma che il finale della storia sia stato per lo meno complicato è nei fatti. A parte l’utilizzo sulla destra, le ultime settimane Yildiz le ha passate tra sostituzioni e ripetute panchine. Con picco di “sgridate” per il riscaldamento con il paracollo nella tagliente (in tutti i sensi) notte di Eindhoven o di accantonamenti come nell’ultima gara guidata da Motta: quella di Firenze in cui non è nemmeno entrato in campo nonostante la Juventus fosse per lo meno bisognosa di qualche apporto offensivo.

 

 

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Recuperare Kenan

Tra i compiti più urgenti di Tudor, così, vi sarà anche quello di riportare all’onore del mondo un ragazzo che comunque resta tra i più apprezzati talenti giovanili d’Europa. Nell’ultimo report stilato qualche giorno fa dall’istituto di statistica Cies sul valore stimato dei migliori giocatori, Yildiz resta comunque al 15esimo posto con una quotazione che varia tra i 75 e 95 milioni di euro. Eccola, dunque, la “quota 100” a cui devono tendere insieme Tudor e il ragazzo turco: quella della valutazione di mercato che tenga conto di una ripresa e di una continuità di prestazioni. Il tecnico croato ha già accennato che potrebbe pensare a un suo utilizzo in una posizione maggiormente vicina agli attaccanti, anche se poi ha comunque fatto riferimento all’equilibrio tattico della squadra.

E allora non può essere un caso che anche Vincenzo Montella in Nazionale lo utilizzi in fascia (quella sinistra, certo) e non da ridosso degli attaccanti. Perché Yildiz ha la tendenza a cercare un dribbling che spesso lo espone alla perdita del pallone e se questo avviene in una zona del campo e in una fase di gioco delicate può esporre la squadra a un “elastico” con la conseguenza di subire pericolose ripartenze. Ma in fondo son dettagli: quel che conta è rimettere Yildiz al centro del villaggio con il numero 100 che lampeggia come un gran pevese a festa. 

 

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Quota cento stavolta non corrisponde a un pensionamento, anzi. Riguarda, o meglio riguarderebbe una rinascita, una ripresa o una rivitalizzazione fate voi. Quella di Kenan Yildiz, eletto a “predestinato” dai dirigenti juventini al punto da assegnargli l’iconica maglia numero 10 a 19 anni non ancora compiuti, ma ultimamente avvitatosi in una crisi di identità che lo ha condotto ai margini del mitologico “progetto” bianconero. Una dinamica, quella della gestione dell’attaccante turco, che ha certamente contribuito ad accelerare la fine dell’esperienza di Thiago Motta sulla panchina bianconera. Con il tempo, certo, si abbasserà il polverone che segue sempre a questi crolli così fragorosi (perché quello che è successo alla Juventus lo è, altro che) e si capiranno meglio dettagli, dinamiche e perfino - parola grossa - responsabilità. Si capirà, per esempio, se quelle perplessità di Motta circa il “pretendere senza dare” fossero riferite anche a lui, oppure se semplicemente il ragazzo si sia trovato di fronte a qualcosa di più grande di lui: il peso ella maglia, le aspettative, le difficoltà di mantenere la propria linearità quanto tutto ha girato in incertezza, le indubbie spigolosità di un allenatore abituato a essere diretto con i propri calciatori, a considerali adulti invece che a blandirli e a coccolarli.

Tra sostituzioni e panchine

E, non da ultimo, qualche divagazione mentale indotta dagli incontri di mercato con potenti e famosi procuratori internazionali. Tutto si tiene. Poi ognuno è libero di far pendere la bilancia delle responsabilità dove meglio crede, ma che il finale della storia sia stato per lo meno complicato è nei fatti. A parte l’utilizzo sulla destra, le ultime settimane Yildiz le ha passate tra sostituzioni e ripetute panchine. Con picco di “sgridate” per il riscaldamento con il paracollo nella tagliente (in tutti i sensi) notte di Eindhoven o di accantonamenti come nell’ultima gara guidata da Motta: quella di Firenze in cui non è nemmeno entrato in campo nonostante la Juventus fosse per lo meno bisognosa di qualche apporto offensivo.

 

 

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