
TORINO - Viviamo in un mondo che fa schifo. Questo è l'unico commento possibile alle parole di Marco Guida, l'arbitro campano che a Radio CRC ha spiegato la sua decisione, così come quella del collega Fabio Maresca, di chiedere l'esenzione dal dirigere le partite del Napoli. «Non ci sono più le linee territoriali nella designazione arbitrali, ma Fabio Maresca ed io abbiamo deciso di non arbitrare il Napoli. Quando ho commesso degli errori non era così sicuro passeggiare per strada, così come andare a fare la spesa. A Napoli il calcio viene vissuto in maniera diversa da altre città come Milano, viene vissuto con molta emotività».
Un problema culturale
Se un arbitro di Serie A deve temere per la sua sicurezza, c'è qualcosa che non va. E le violenze subite dagli arbitri nelle serie minori ce lo ricordano con una sinistra e inquietante puntualità. Nel nostro Paese c'è da sempre un grave problema di cultura sportiva, e gli arbitri ne sono spesso vittime, e la deriva brutale è figlia dei nostri terribili tempi, dove la violenza diventa troppo spesso l'unica soluzione.
Sono arbitri sereni?
In questo contesto, però, le parole di Guida stonano un po', perché si prestano a troppe interpretazioni e lasciano troppi dubbi. Al netto di come Napoli e i suoi appassionati di calcio abbiano preso le dichiarazioni sulla loro pericolosa «emotività», resta infatti un dubbio di fondo: se Guida e Maresca non si sentono sicuri ad arbitrare il Napoli, quest'anno dovrebbe valere la stessa cosa per l'Inter, che del Napoli è la rivale scudetto. E, più in generale, se un arbitro teme per la sua sicurezza e sceglie di non arbitrare certe partite, si può davvero contare sulla sua serenità nell'arbitrarne delle altre?