Lunedì sera, Federico Cherubini si specchierà nel suo passato, la Juventus nel suo futuro. Nella sfida dei sentimenti che rimette l’amministratore delegato del Parma di fronte ai dodici anni folgoranti per la sua carriera, si possono leggere pezzi di storia poco raccontanti dell’era di Andrea Agnelli, quando l’abbagliante serie di nove scudetti e diciannove trofei ha oscurato il resto, ovvero il grande progetto di innovazione che quella Juve ha realizzato attraverso una serie di sottoprogetti: dallo stadio ai centri sportivi, dal cambio di logo alle Women, dalla squadra prestiti alla Next Gen, alcuni dei quali portati avanti da Cherubini. O, meglio, da Cherubini e da un nutrito gruppo di dirigenti, perché una delle caratteristiche peculiari di quel periodo è stato proprio il lavoro di squadra, in campo e in sede, dove nessuno ha mai fatto il solista.
Cherubini e la "squadra prestiti" alla Juve
Cherubini entra nella Juventus a maggio 2012, quando Antonio Conte sta vincendo il primo dei nove campionati e Beppe Marotta intuisce il talento del giovane dirigente del Foligno, a cui viene affidata un’idea di Fabio Paratici: la “squadra prestiti”. Nessuno, all’epoca, ce l’aveva in Italia (ora è molto diffusa) e a livello internazionale c’era solo qualcosa di simile al Chelsea. In pratica si tratta di mettere in piedi una micro società con un suo ds (Cherubini appunto) per seguire i giocatori in prestito (alla Juve una trentina, ma sono stati anche di più) in modo più costante, andando a vederli dal vivo, parlando con loro e con allenatore e dirigenti del club in cui giocavano. Risultato: i giocatori non si sentivano abbandonati, se ne poteva seguire in modo più attento progressi o involuzioni, gestendo il loro percorso in modo più conveniente per tutti. All’epoca, un modo nuovo per affrontare il numero esorbitante di giocatori sotto controllo. Cherubini lo porta avanti anche con Claudio Chiellini (il gemello di Giorgio), che sarà uno dei suoi più assidui compagni di viaggio nei dodici anni di Juventus.