Muratore dopo il tumore: “Memoria va e viene. La Juve il mio mondo”

L'ex giocatore bianconero, ora collaboratore tecnico nell'Under 14, ha ripercorso la grave malattia che lo ha costretto al ritiro e la delicata operazione. Emozionante anche la testimonianza dalle madre

Rinascere, è quello che ha fatto Simone Muratore alla Juventus. Una giovane promessa che ha dovuto lasciare il calcio in seguto a una grave malattia: una rara forma di tumore cerebrale che lo ha colpito a soli 23 anni. Dopo un delicato intervento, che poteva costargli la vita o la paralisi, e un percorso riabilitativo , ha provato a rimettere piede in campo, ma ormai la sensibilità non gli permetteva di fare le cose come prima. Nel 2024 ha annunciato il ritiro e i bianconeri non lo hanno abbandonato. La società gli ha affidato il ruolo di collaboratore tecnico del settore giovanile, stando a fianco di Simone Loria, allenatore dell'U14. Su Dazn è uscito ora  “Secondo Tempo – La storia di Simone Muratore”, il nuovo Original dello Juventus Creator Lab, in cui si ripercorrono le ultime tappe dell'ex calciatori. Tante le voci presenti nel documentario, in particolare quella della madre, che ha raccontato in modo molto toccante il momento in cui hanno scoperto la grave malattia.

Il mondo Juve parla di Muratore

“Lo vedevo con abbigliamento da allenatore, e mi sembrava strano. Mi chiedevo dentro di me: ‘Ma è possibile che ha già la roba da allenatore quando è giovane?” - ha spiegato Simone Loria, attuale allenatore della Juve Under 14, che guida a fianco di Muratore. Anche Pessotto ha parlato di lui come persona, calciatore e da giovane allenatore: “Era un giocatore di buona qualità, sapeva usare entrambi i piedi, ha fatto diversi ruoli. E quindi ha questa di visione globale di quel che succede dentro al campo. E quando tu ti confronti con i ragazzini che sono lì, con la bocca e il cuore spalancati, pronti ad assorbire ogni cosa, avere di fronte un ragazzo cresciuto nel settore giovanile, che ha esordito in prima squadra, che ha avuto momenti difficili ma li ha superati, sicuramente permette di creare un bel rapporto. Un ragazzo che è sempre stato preso ad esempio, uno di quei ragazzi e giocatori che vuoi in uno spogliatoio. Abbiamo pensato di affidargli il duplice ruolo del secondo gruppo dell'Under 14 e parallelamente nel team del lavoro individuale. Può trasmettere tanto e dare tanto, speriamo che possa imparare e crescere. Lo accompagneremo, fa parte della nostra famiglia e capiremo cosa vorrà fare da grande".

 

Anche Luca Clemenza, suo ex compagno di squadra in Primavera, lo ha elogiato: “Sempre stato un leader silenzioso. Nonostante fosse più piccolo di un anno la sua presenza si sentiva molto”. La parola è poi passata al'ex allenatore dell'attuale U20, Fabio Grosso, reduce dalla grande cavalcata con il Sassuolo: “Diceva poche parole, ma che rimanevano. Tanta volontà, tanta voglia di allenarsi sempre al meglio, tanta voglia di competere e di essere protagonista. Quando un ragazzo sogna di togliersi soddisfazione in campo e una malattia non te lo permette più, poi ritornarci è bello. Può togliersi ora grandi soddisfazioni e le merita".

 

 

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La malattia raccontata dalla mamma di Muratore

La mamma Sonia Garino ha raccontato anche dell'esordio di Muratore con la Juve (11 dicembre 2019 contro il Bayer Leverkusen in Champions League): “Quando ha esordito ci aveva avvisati già il pomeriggio perché nello spogliatoio aveva parlato con Ronaldo, che gli aveva detto ‘Simone tieniti pronto’”. Poi sul trasferimento in prestito al Tondela nel 2021: "Io l’ho vissuta male, nel senso che per me era un distacco troppo forte. Forse era anche un po’ un presentimento per quello che è successo dopo”.  E qui poi la madre ha iniziato a raccontare come il figlio ha scoperto la malattia: “Mi ha detto ‘Mamma sono ancora coricato, non sono andato ad allenarmi perché ho tanto mal di testa’. Io mi sono preoccupata perché lui non era soggetto a mal di testa, non l’avevo mai sentito.

 

Aveva perfino la voce affaticata. Il giorno dopo va ad allenarsi, la società però ha preferito farlo vedere: gli han subito fare una Tac, era venerdì e il risultato è arrivato nel pomeriggio. Questo medico ha consigliato alla società di farlo tornare a casa. Lui ci dice ‘Mamma stasera torno’, e per noi è stata una sorpresa perché non ci aveva detto di questa visita. Io e mio marito siamo andati a prenderlo a Milano, eravamo felici visto che tornava a casa per due giorni. Simone era strano, non era il solito che aveva voglia di ridere o di raccontare. Pensavamo potesse essere stanco per il viaggio. Invece appena arrivati mi dice di sedermi, che doveva parlarmi. Ci ha detto questa cosa, e che il giorno dopo saremmo già dovuti essere a Torino per una risonanza, e quindi ho capito la gravità della cosa. Perché non è successo a me? Perché a lui, che è un ragazzo che sta realizzando il suo sogno, il suo percorso. Dico sempre che lui era sulla vetta, e poteva spiccare il volo. Invece da quel 13 novembre 2021 tutto è cambiato”. A Simone Muratore viene diagnosticato un tumore al cervello, un neurocitoma al ventricolo sinistro: con l’operazione rischia la vita, la paralisi della parte destra e la carriera. “Il 13 di dicembre Simone ha cenato, avevamo la camera insieme, dormivo con lui: non lo avevo mai visto crollare. Quella sera ci diamo la buonanotte e dopo 10 minuti, con le luci spente, poi sento piangere. Credo che sia stato il momento più difficile”.

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L'intervento delicato, il pericolo paralisi e il ritorno a Torino

Il 14 dicembre Simone entra in sala operatoria, l’intervento dura 12 ore. “Mi ricordo che ho fissato la maniglia della porta della camera tutto il giorno, con la speranza che si aprisse, che venisse qualcuno per dirmi qualcosa. Quando l’ho visto il mio pensiero è stato ‘Chissà se lo porto a casa’. Era con gli occhi sbarrati, non so se mi ha riconosciuta, io lo accarezzavo ma non mi dava cenni. Aveva quest’occhio fisso e gli ho chiesto tante volte se mi riconosceva, lui l’unica cosa che ha fatto è stato un verso” - ha detto la madre. Da quel momento Simone resta per altre 6 notti in terapia intensiva. "La Juventus ci ha spalancato le porte, gli ha detto che c'era per tutto. E quindi appena è stato autonomo per guidare è andato a Torino. Ha fatta tanta fisioterapia, ma lui ci ha sempre creduto. Ad oggi lo vedo felice".

 

Poi è stato intervistato anche il padre di Muratore: “Una settimana o dieci giorni dopo l’operazione Simone era uscito dalla sala rianimazione  e abbiamo fatto una videochiamata. Io ero in casa da solo, perché mia moglie era vicina a lui, e mentre ha girato il telefono verso Simone l’occhio destro, che prima era fisso, stava guardando il telefono. E da lì ho cominciato a rincuorarmi, perché ho visto un piccolo miglioramento. Da quel momento in poi piano piano tutti i giorni qualcosa di nuovo". Poi la sorella: “Lui è una persona molto molto forte, e con una voglia di vivere altissima. Ho un video sul telefono che ritrae lui che corre in cortile dopo 20 giorni dopo che era tornato a casa: quello è stato wow! Non ci aspettavamo avesse una ripresa così veloce dopo un intervento che doveva durare 4 ore ed è durato 12”. Lorenzo Daniele, amico di Simone: "Mi chiamava dopo l'allenamento e mi diceva che non riusciva a fare le cose di prima, non aveva la stessa sensibilità".

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La Juve, la malattia e il nuovo ruolo: parla Muratore

Infine Muratore ha parlato in prima persona della sua esperienza alla Juve e anche della malattia. “L’ho sempre detto che io, finita la mia carriera calcistica, avrei chiuso a chiave questo portone e non ne volevo sapere più niente”. “Sentire Buffon, Chiellini, Bonucci, Ronaldo caricarsi a vicenda son state cose che ricordo con molto piacere. Da piccolo quando andavo a fare il raccattapalle allo stadio ero lì, vedevo i giocatori, i tifosi, e quindi dopo un po’ ritrovarmi a giocare è stata una grande emozione”. Poi è ritornato sull'operazione: “Ho pensato, ‘E se domani mi sveglio e sono paralizzato? O magari non mi sveglio?’. Avevo bisogno di mia madre, perché poi un suo abbraccio fa la differenza: in quel momento lì è stato unico per me. La parte destra non è uguale alla sinistra, non ho la stessa sensibilità di prima e anche la memoria va e viene. Se sei consapevole di questo sei a posto con te stesso. In una scala prima mettevo avanti il calcio, ora sicuramente la salute e la famiglia al primo posto. Per me il calcio è divertimento, felicità e passione ed è quello che cerco di trasferire ora ai ragazzi. Stanno seguendo il loro sogno. Questo è il mio mondo, è casa, l'aria di Vinovo è diversa".

 

 

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Rinascere, è quello che ha fatto Simone Muratore alla Juventus. Una giovane promessa che ha dovuto lasciare il calcio in seguto a una grave malattia: una rara forma di tumore cerebrale che lo ha colpito a soli 23 anni. Dopo un delicato intervento, che poteva costargli la vita o la paralisi, e un percorso riabilitativo , ha provato a rimettere piede in campo, ma ormai la sensibilità non gli permetteva di fare le cose come prima. Nel 2024 ha annunciato il ritiro e i bianconeri non lo hanno abbandonato. La società gli ha affidato il ruolo di collaboratore tecnico del settore giovanile, stando a fianco di Simone Loria, allenatore dell'U14. Su Dazn è uscito ora  “Secondo Tempo – La storia di Simone Muratore”, il nuovo Original dello Juventus Creator Lab, in cui si ripercorrono le ultime tappe dell'ex calciatori. Tante le voci presenti nel documentario, in particolare quella della madre, che ha raccontato in modo molto toccante il momento in cui hanno scoperto la grave malattia.

Il mondo Juve parla di Muratore

“Lo vedevo con abbigliamento da allenatore, e mi sembrava strano. Mi chiedevo dentro di me: ‘Ma è possibile che ha già la roba da allenatore quando è giovane?” - ha spiegato Simone Loria, attuale allenatore della Juve Under 14, che guida a fianco di Muratore. Anche Pessotto ha parlato di lui come persona, calciatore e da giovane allenatore: “Era un giocatore di buona qualità, sapeva usare entrambi i piedi, ha fatto diversi ruoli. E quindi ha questa di visione globale di quel che succede dentro al campo. E quando tu ti confronti con i ragazzini che sono lì, con la bocca e il cuore spalancati, pronti ad assorbire ogni cosa, avere di fronte un ragazzo cresciuto nel settore giovanile, che ha esordito in prima squadra, che ha avuto momenti difficili ma li ha superati, sicuramente permette di creare un bel rapporto. Un ragazzo che è sempre stato preso ad esempio, uno di quei ragazzi e giocatori che vuoi in uno spogliatoio. Abbiamo pensato di affidargli il duplice ruolo del secondo gruppo dell'Under 14 e parallelamente nel team del lavoro individuale. Può trasmettere tanto e dare tanto, speriamo che possa imparare e crescere. Lo accompagneremo, fa parte della nostra famiglia e capiremo cosa vorrà fare da grande".

 

Anche Luca Clemenza, suo ex compagno di squadra in Primavera, lo ha elogiato: “Sempre stato un leader silenzioso. Nonostante fosse più piccolo di un anno la sua presenza si sentiva molto”. La parola è poi passata al'ex allenatore dell'attuale U20, Fabio Grosso, reduce dalla grande cavalcata con il Sassuolo: “Diceva poche parole, ma che rimanevano. Tanta volontà, tanta voglia di allenarsi sempre al meglio, tanta voglia di competere e di essere protagonista. Quando un ragazzo sogna di togliersi soddisfazione in campo e una malattia non te lo permette più, poi ritornarci è bello. Può togliersi ora grandi soddisfazioni e le merita".

 

 

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