Tiribocchi: "Jovic? Una belva. Ecco perché De Ketelaere ha fallito al Milan”

L’ex attaccante: "Theo Hernandez centrale, che assist a Pioli! Leao è trattato da stella ma non si comporta da stella”

MILANO - Simone Tiribocchi, per Mediaset stasera commenterà Milan-Atalanta: che partita si aspetta?
«Sicuramente combattuta. Il campionato sta dicendo che il Milan ha nove punti in più rispetto all’Atalanta ma nello scontro diretto si è visto quante difficoltà abbia avuto nell’affrontarla e come è andata... È una sfida che vale tanto per entrambe: per il Milan, senza più la Champions e con lo scudetto lontano, la Coppa Italia diventa un obiettivo concreto insieme all’Europa League; mentre l’Atalanta ha la possibilità di vincere quel benedetto trofeo che Gasperini insegue da un po’ di tempo e che meriterebbe a conclusione di un ciclo. Dulcis in fundo, l’uscita dell’Inter da quella parte del tabellone fa sì che in semifinale chi la spunterà a San Siro sia favorito».

Cosa è rimasto della sua Atalanta e cosa ha portato in più Gasperini?
«Della mia Atalanta sono rimasti il presidente, il figlio Luca, qualche dirigente e chi la ama da sempre, ovvero i tifosi. Per il resto è cambiato tanto, dal centro sportivo di Zingonia fino all’idea che dà l’Atalanta nell’opinione comune, ovvero che non sia più una “provinciale” ma una squadra d’alta classifica. Un salto che la squadra ha compiuto con Gasperini: il fatto che a Bergamo si pronunci la parola scudetto è prova del percorso che è stato fatto da quando Percassi ha acquistato il club. Non credevo che l’Atalanta potesse arrivare tanto in alto in poco più di dieci anni».

Mentre Gasp è ben saldo sulla panchina, Pioli rincorre la conferma.
«C’è tanto parlare intorno a Pioli, ma nel mercato sono arrivati tanti doppioni che non hanno inciso davvero in partita. E poi c’è il fattore infortuni: se ti mancano dieci giocatori inevitabilmente il livello scade in allenamento e questo poi si riflette sul rendimento in partita».

Nell’emergenza Pioli si è inventato Theo Hernandez centrale. Si aspettava che il francese entrasse così facilmente nel ruolo?
«No, ma è un segnale importante sulla presa che ha l’allenatore sulla squadra. Theo non stava giocando bene a sinistra e questa sua esplosione al centro va vista anche come un messaggio dato a Pioli, un mettersi a disposizione per il bene della squadra e pure per puntellare la posizione di chi ne è alla guida».

Cosa manca invece a Leao per diventare fuoriclasse?
«Bisognerebbe vederlo lavorare tutti i giorni per rispondere. Certo è che in partita ha fatto dei passi indietro. È trattato da stella, ma non si sta comportando come tale: manca in determinazione, voglia di prendersi responsabilità, abnegazione e credo che stia diventando anche difficile gestirlo, perché ogni qual volta viene sostituito si incupisce...».

© RIPRODUZIONE RISERVATA


Quanto pesa per l’Atalanta l’assenza di Lookman?
«Tanto, perché ti dà profondità, gioca tra le linee, cerca l’uno contro uno e ha caratteristiche uniche in rosa».

Perché De Ketelaere al Milan ha fallito?
«Perché è stato giudicato sin dal primo giorno, anche per quella interminabile trattativa col Bruges che ha reso ancora più alte le aspettative su di lui. De Ketelaere come indole forse preferisce un ambiente più ovattato e sicuramente è passato da un campionato troppo facile per lui a uno troppo difficile. A Bergamo mi sembra cresciuto fisicamente e soprattutto mentalmente perché vedi che reagisce in maniera diversa all’errore: ecco, forse all’Atalanta sta facendo quel passaggio che gli serviva prima di arrivare al Milan...».

Stasera Pioli si affiderà a Jovic.
«Lui, a differenza di De Ketelaere, è fortissimo a livello mentale, come prova la sua parabola a Firenze e quello che sta facendo al Milan dopo aver preso fischi e insulti. Ha pure colpi da grande giocatore ed è devastante negli ultimi venti metri, ma gli va messa vicina una seconda punta, altrimenti da solo combina poco. Però sotto l’aspetto mentale è una belva».

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MILANO - Simone Tiribocchi, per Mediaset stasera commenterà Milan-Atalanta: che partita si aspetta?
«Sicuramente combattuta. Il campionato sta dicendo che il Milan ha nove punti in più rispetto all’Atalanta ma nello scontro diretto si è visto quante difficoltà abbia avuto nell’affrontarla e come è andata... È una sfida che vale tanto per entrambe: per il Milan, senza più la Champions e con lo scudetto lontano, la Coppa Italia diventa un obiettivo concreto insieme all’Europa League; mentre l’Atalanta ha la possibilità di vincere quel benedetto trofeo che Gasperini insegue da un po’ di tempo e che meriterebbe a conclusione di un ciclo. Dulcis in fundo, l’uscita dell’Inter da quella parte del tabellone fa sì che in semifinale chi la spunterà a San Siro sia favorito».

Cosa è rimasto della sua Atalanta e cosa ha portato in più Gasperini?
«Della mia Atalanta sono rimasti il presidente, il figlio Luca, qualche dirigente e chi la ama da sempre, ovvero i tifosi. Per il resto è cambiato tanto, dal centro sportivo di Zingonia fino all’idea che dà l’Atalanta nell’opinione comune, ovvero che non sia più una “provinciale” ma una squadra d’alta classifica. Un salto che la squadra ha compiuto con Gasperini: il fatto che a Bergamo si pronunci la parola scudetto è prova del percorso che è stato fatto da quando Percassi ha acquistato il club. Non credevo che l’Atalanta potesse arrivare tanto in alto in poco più di dieci anni».

Mentre Gasp è ben saldo sulla panchina, Pioli rincorre la conferma.
«C’è tanto parlare intorno a Pioli, ma nel mercato sono arrivati tanti doppioni che non hanno inciso davvero in partita. E poi c’è il fattore infortuni: se ti mancano dieci giocatori inevitabilmente il livello scade in allenamento e questo poi si riflette sul rendimento in partita».

Nell’emergenza Pioli si è inventato Theo Hernandez centrale. Si aspettava che il francese entrasse così facilmente nel ruolo?
«No, ma è un segnale importante sulla presa che ha l’allenatore sulla squadra. Theo non stava giocando bene a sinistra e questa sua esplosione al centro va vista anche come un messaggio dato a Pioli, un mettersi a disposizione per il bene della squadra e pure per puntellare la posizione di chi ne è alla guida».

Cosa manca invece a Leao per diventare fuoriclasse?
«Bisognerebbe vederlo lavorare tutti i giorni per rispondere. Certo è che in partita ha fatto dei passi indietro. È trattato da stella, ma non si sta comportando come tale: manca in determinazione, voglia di prendersi responsabilità, abnegazione e credo che stia diventando anche difficile gestirlo, perché ogni qual volta viene sostituito si incupisce...».

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