Addio a Schnellinger: "Ciao Volkswagen e grazie per quel gol"

Il ricordo di Albertosi: "Senza la rete che mi fece nel recupero all’Azteca, quell’Italia-Germania sarebbe stata una partita normale, non quella del secolo"
Addio a Schnellinger: "Ciao Volkswagen e grazie per quel gol"

Karl-Heinz Schnellinger, ex giocatore di Roma e Mantova, ma soprattutto colonna difensiva del Milan di metà Anni 60 e 70 - vestì, dal 1965 al 1974, la casacca rossonera in 334 occasioni, siglando un totale di 3 reti -, si è spento due giorni fa all'ospedale San Raffaele di Milano, all’età di 85 anni. Il tedesco, capace di conquistare col Diavolo uno scudetto (1967-68), un tris di Coppe nazionali (1966-67, 1971-72, 1972-73, precedute dalla vittoria con la Roma del 1963-64), per due volte la Coppa delle Coppe (1967-68 e 1972-73), oltre ad una Coppa dei Campioni (1968-69) e a un’Intercontinentale (1969), era stato chiaramente anche un pilastro della sua nazionale, con la quale aveva collezionato 47 gettoni e una rete tutt’altro che banale.

Il ricordo di Albertosi

Visto che Schnellinger realizzò il pareggio contro l’Italia, nei minuti di recupero della semifinale del mondiale messicano del 17 giugno del 1970 allo stadio Atzeca, regalandoci così quei leggendari supplementari durante i quali gli azzurri si imposero per 4-3 contro gli acerrimi rivali sportivi. "Ha aiutato a far diventare quell’incontro la partita del secolo - il ricordo, sinceramente emozionato da parte di Enrico Albertosi, il portiere di quell'Italia, a Tuttosport -. Senza il suo gol avremmo vinto noi per 1-0, sarebbe stato un match normale, diciamo quasi insignificante. Eravamo riusciti a passare in vantaggio, poi ci eravamo difesi senza creare molto, loro avevano attaccato, io avevo fatto due belle parate, ma davvero nulla di più".

"Invece grazie all’1-1 di Schnellinger sono stati successivamente disputati dei supplementari assolutamente meravigliosi, storici, con un’alternanza di marcature incredibili. Oggi posso dire: 'Meno male che ho preso gol da lui', così è quella è diventata una partita indimenticabile". Albertosi prosegue svelando un aneddoto forse già pronto ad entrare nella leggenda: "Quando mi ha fatto gol, gli ho detto: 'Ma che cavolo ci facevi qui?'. Lui mi rispose: 'Mi stavo avvicinando agli spogliatoi, la partita era finita. Mi sono trovato qua per caso e ho segnato'. Bravo lui". Il resto è diventato, per davvero, storia:

"Una partita così l’Italia non la giocherà mai più. Dopo il pareggio ci davano tutti per spacciati, ma c’è stata una reazione incredibile da parte di tutta la squadra. E alla fine abbiamo vinto. E sa cosa le dico? Che tanti anni fa abbiamo giocato una partita di beneficenza con molti dei protagonisti di quel match: anche in quell'occasione, in quella sorta di rivincita, vincemmo nuovamente noi". Resta dunque la soddisfazione per quel che è stato, oltre all’ammirazione totale per il ragazzo di Duren, uno che sapeva, eccome, farsi ascoltare e rispettare: "Non siamo stati insieme al Milan, però ci conoscevamo, visto che abbiamo giocato contro anche in Serie A, non solo in Nazionale. Quindi posso parlare di Karl-Heinz per le cose di campo - specifica Albertosi -.

Il messaggio della Roma

"Era un grande giocatore, un avversario leale, un grande stopper che ha fatto grande il Milan. Un difensore arcigno, ma molto corretto, il classico giocatore di una volta che le dava e la prendeva, senza dire nulla. Mica come oggi che appena uno viene toccato si butta per terra e urla". Tra le varie manifestazioni pubbliche d’affetto per il tedesco spicca chiaramente quella del Milan: "Karl-Heinz Schnellinger campione d’Italia, d’Europa e del Mondo con il Milan. Il Carletto del Paròn è stato con Gianni Rivera il protagonista della Partita del Secolo allo stadio Azteca di Città del Messico. Ciao indimenticato e indimenticabile Karl. Con un immenso grazie da tutto il Milan e da tutti i Milanisti".

Soprannominato “Volkswagen”, adorato dai telecronisti per quell’infondibile chioma bionda, Schnellinger aveva conquistato in Patria un campionato, prima di accettare la chiamata della Serie A, nel 1961-62, con la casacca del Colonia. Trasferitosi a vivere in Italia, dove risiedeva da oltre mezzo secolo, era ormai malato da tempo. Lascia la moglie, tre figlie e quattro nipoti. A loro va il pensiero della Roma: "Il Club si stringe al dolore dei familiari", il messaggio del club giallorosso dopo aver ricordato l’iter del tedesco nella capitale.

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