Napoli e Juve, la pedagogia calcistica di Spalletti

Perché dobbiamo essere grati a Luciano per la squadra delle meraviglie che ha costruito e per la pedagogia applicata al calcio di cui dà sfoggio
Napoli e Juve, la pedagogia calcistica di Spalletti© Marco Canoniero

C’è Napoli-Milan e, stasera, tutti gli occhi saranno comprensibilmente puntati sullo stadio Diego Armando Maradona. La prima delle tre supersfide in sedici giorni, Luciano Spalletti l’ha preparata a modo suo e solo il nostro calcio solo sa quanto gli debba essere grato: per la squadra delle meraviglie che ha costruito e per la pedagogia applicata al calcio di cui dà sfoggio quando ha l’occasione di incontrare i suoi giovanissimi tifosi, a Napoli come a Castel Volturno. Luciano ha donato i cinquemila euro in dotazione al Premio Bearzot alla Fondazione di Don Luigi Merola. Si chiama “A voce d”e creature”. Giorno dopo giorno, l’ammirevole sacerdote che le ha dato il nome cura progetti educativi e formativi per i ragazzi delle periferie partenopee, favorendone l’aggregazione sociale, l’integrazione culturale, la pratica sportiva. Napoli sprizza felicità da ogni poro, in queste settimane scandite dal conto alla rovescia che precede la certezza aritmetica del terzo,storico scudetto. Potete immaginare l’euforia degli ospiti della Fondazione quando Spalletti vi ha messo piede. A un certo punto, hanno cominciato a saltellare intonando il coro «chi non salta juventino è». Subito, Luciano ha esclamato: «Non si fanno gli abbasso, ma solo i viva. Per cui, forza Napoli». Tredici parole, spontanee, chiare, efficaci, per ribadire quanto un altro calcio sia possibile, impermeabile alle degenerazioni tifoidee, all’odioso odio e l’allitterazione rende bene il concetto in ogni dove, sotto ogni bandiera perché tutti sanno quanto incivili, beceri, insopportabili siano gli insulti razzisti che i barbari da stadio e da tastiera, lanciano contro Napoli e il Napoli. Nella stagione più esaltante della sua carriera, Luciano non perde l’occasione per insegnare la sua educazione applicata al pallone.

Spalletti, i bambini e la scuola

Quando avete un attimo di tempo, andate su Google e digitate quattro parole: Spalletti, bambini, Castel Volturno: 25.700 risultati. Si capisce perché i video che scaturiscono dal motore di ricerca sia risultato immediatamente virale. All’uscita del centro sportivo casa del Napoli, l’allenatore incontra alcuni giovanissimi tifosi. Li vede e fa: «E la scuola? C’è sciopero? E quando si recupera questa mattina di scuola?». Risposte: «Mai, mai». «Non ci interessa». Spalletti: «Come non ci interessa? E poi quando io ti devo allenare e non capisci quello che dico, come si fa? Se non andate a scuola, come capirete quello che dico quando vi dovrò allenare? Io quelli che non capiscono, non li voglio. Bisogna capire bene quello che si dice e quello che si ascolta. Di Lorenzo è il capitano del Napoli non soltanto perché sa giocare bene a calcio e perché è bravo, ma perché ha la pagella migliore». E, in un’altra occasione, ribadisce il concetto: «Tutto bene l’allenamento? Ci sono due modi di essere campioni: di pallone e di studio. Sono due sport fondamentali: giocare a calcio e studiare. Anche studiare è uno sport. Anche perché se giochi insieme con me, poi per giocare nel Napoli bisogna capire quello che si deve fare, dove si deve andare. Per cui bisogna sapere calciare bene la palla e saper bene quello che si dice e quello che si ascolta. Sono due sport uguali». Proprio così, Luciano.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...