Toro, il gelo di Cairo e gli imbarazzi di Vagnati

Per presidente e dt (in difficoltà) scoraggiante balletto di parole: da Baselli a Belotti e Singo
Toro, il gelo di Cairo e gli imbarazzi di Vagnati© LAPRESSE

È difficile spiegare con le parole - a chi non avesse sentito le loro, abbinate alle espressioni (che le mascherine non riuscivano a occultare) e al linguaggio dei corpi - il disagio che hanno suscitato le interviste a Urbano Cairo e Davide Vagnati venerdì notte nell’antistadio del Grande Torino. Usciti quando era già il giorno dopo - abitudine ormai consolidata pure questa, a dispetto delle lunghe e a volte inutili attese dei cronisti al gelo - il presidente e il responsabile dell’area tecnica del Torino FC hanno dato luogo a scambi di battute oggettivamente imbarazzanti. Per loro che parlavano, per chi li ascoltava.

Se all’eloquio mai convincente del proprietario i tifosi hanno ormai da anni fatto il callo - e infatti sulle sue dichiarazioni soprassediamo, limitandoci a rimarcarne i toni distaccati, freddi, un’aria vagamente svanita - stupisce invece sempre più l’inconsistenza delle argomentazioni dispensate in pubblico dal dirigente venuto dalla Spal per non far rimpiangere quel Petrachi inviso a molti (alla lunga anche a Cairo) eppure adesso da buona parte di quei molti rimpianto. Il precedente ds, se non altro, ha sempre rifuggito la ribalta mediatica, rivendicando una sorta di diritto a rimanere nell’ombra forse anche perché consapevole di non disporre di un’arte dialettica e diplomatica particolarmente raffinata. Vagnati, invece, era arrivato nella primavera scorsa forte anche di un’immagine piuttosto curata, di un certo qual appeal televisivo che non a caso, nei primi suoi tempi granata, lo ha portato spesso e volentieri ad apparire nei collegamenti con le varie trasmissioni, oltre che a rappresentare la società in parecchie circostanze dove la forma ha il suo peso (sul campo degli allenamenti, nelle conferenze stampa, agli incontri per il Filadelfia e il Robaldo, nelle rubriche di calciomercato).

Ultimamente, tuttavia, qualcosa dev’essersi incrinato, o comunque certe dinamiche si sono modificate.

Non era sfuggito - alla presentazione di Nicola dopo l’esonero di Giampaolo, il “suo” tecnico - lo spostamento del dt in platea anziché allo scranno presidenziale. La motivazione addotta da Cairo, cioè il distanziamento sociale, quello che nel calcio funziona un tanto al chilo (vedi la foto promozionale con lo stesso Nicola e il suo staff al tavolo delle firme: tutti insieme appassionatamente attaccati, senza mascherine), non aveva convinto più di tanto l’uditorio, generando altresì qualche imbarazzo. Così come imbarazzo, di sicuro nella tifoseria, aveva suscitato Vagnati declamando prima della partita penosa con lo Spezia - a metà mercato già andato - la canonica e ormai insostenibile frase «se si presenterà l’occasione di migliorare la squadra non ci tireremo indietro». Se? Migliorare? Tirarsi indietro? Oibò. Nel frattempo - e siamo al 31 gennaio, domani si chiude - non è arrivato ufficialmente nessun rinforzo per una squadra in clamorosa difficoltà tecnica e mentale (Sanabria, preso di fatto 4 giorni fa, a ieri sera non era ancora stato annunciato). E, appunto venerdì notte, Vagnati è riuscito nell’impresa di ampliare così il succitato concetto: «Se c’è la possibilità di rinforzare ancora (sic!) ulteriormente (arisic!) la squadra... vediamo cosa succede in questi ultimi giorni di mercato. Del resto, ormai manca poco». Ah, su questo siamo tutti d’accordo. Senonché prima, a domanda sull’arrivo di nuovi elementi, aveva replicato: «Il primo acquisto è Baselli. Non solo in termini tecnico-tattici, ma considerata la personalità del giocatore».

Detto che già da mesi i tifosi scommettevano con sarcastica certezza sul fatto che il recupero di Baselli sarebbe stato prontamente spacciato come acquisto di fronte agli altrettanto scontati flop sul mercato, sostenere ora - con tutto il rispetto per il suo valore potenziale, mai dispiegato in pieno - che la personalità in campo sia punto di forza e tratto distintivo del centrocampista bresciano è francamente pretestuoso.

I giudizi e i commenti sul suo rendimento, spesso proprio per carenza di personalità, ce li ricordiamo tutti bene, fino a poco prima che si facesse male. Baselli ha certo tante doti per rivelarsi un bel giocatore, e tutti glielo e ce lo auguriamo, ma davvero speravamo che stavolta - in una simile penuria di punti, di qualità, di carattere - questa risposta ci venisse risparmiata. E invece.

In compenso è stato risparmiato, a Vagnati, il siparietto tv del pre-partita, delegando l’incombenza al dg Comi. Il quale, all’inevitabile domanda sullo slittamento della firma e dell’annuncio di Sanabria, ha ovviamente svicolato («speriamo vada tutto a buon fine»). Non che il dt, a partita ed ennesima delusione consumate, avesse regalato maggior conforto: «Intoppi burocratici, cose normali, si dovrebbero risolvere. Ma in ogni caso sarebbe stato impossibile averlo a disposizione già contro la Fiorentina». Già? Il 29 gennaio? Ci si chiede perché altri club comprino i giocatori e li mandino pronti via in campo, o almeno in panca per fare morale e dare un segnale, mentre qui anche per un’operazione conclusa si debbano attendere sempre le calende greche. E che dire di Belotti? Confermato mille volte a parole, è entrato nell’anno precedente a quello della scadenza di contratto e ancora di rinnovo non si parla; nemmeno come tutela per una futura vendita senza deragliare nel parametro zero, malgrado le rassicurazioni verbali dei dirigenti. Peraltro, a questo giro, sono mancate perfino quelle: «Belotti? No, adesso non è il momento di parlare di Belotti». Terzo sic. Ma se non ora, quando? La prima e unica frase di Vagnati che ci piace ricordare resta: «Ma secondo voi sono venuto al Torino per vendere Belotti?». Speriamo tutti di no, chiaro. Però intanto siamo qui a pettinar le bambole, il Gallo è sfinito e frustrato, chiacchiera in campo con i vertici della Fiorentina e radiomercato - specie dopo il passaggio in rossonero di Meité - lo dà già al Milan per la prossima stagione.

Il dt, la scorsa notte, ha soddisfatto (oddio, soddisfatto) le domande su preciso input del suo principale: «Sentite Vagnati, l’uomo mercato è lui, lasciamogli fare il suo lavoro» ha replicato secco Cairo ai primi quesiti su Sanabria, puntando il ditino nella direzione del dirigente che lo seguiva. E ancora, sulle carenze a centrocampo: «Sentite Vagnati, qui abbiamo Vagnati, vi dice lui». Al di là delle lagnanze per l’arbitraggio, l’allineamento tra i due è parso chiaro solo nel non spiegare la presenza allo stadio, vicino a loro, dell’agente Maxime Nana. «È solo venuto a vedere Singo, non abbiamo parlato di Nkoulou», ha detto Cairo. Vagnati: «Ci siamo salutati, di cosa dobbiamo parlare?», gli ha fatto eco Vagnati. E certo: di cosa dobbiamo parlare? Magari del possibile scambio Nkoulou-Rugani, guarda caso venuto fuori ieri. In quanto alle voci tendenziose su una priorità per Singo promessa alla Juve che gestisce anche Mandragora, in effetti è meglio non approfondire. Per ora, almeno.

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