Senza un progetto non si può andare avanti a rattoppi

Senza un progetto non si può andare avanti a rattoppi© LAPRESSE

La verità è che non puoi sempre sperare di rimontare. Già è difficile quando costruisci tanto e ancor più tiri in porta, come col Sassuolo; figurarsi quando costruisci poco e in porta non tiri nemmeno una volta, come con la Samp. Checché Nicola si sforzi, comprensibilmente, di difendere una prestazione che di granata ha avuto davvero poco, valorizzando uno sterile e a tratti snervante ti-tic e ti-toc che con il calcio da battaglia che il Toro è chiamato a fare per salvarsi nulla ha da spartire. Con certe statistiche positive, se non sono funzionali a un risultato positivo, ci fai la birra. Vedi, per dire, il 100% di passaggi riusciti per Gojak nel primo tempo: e grazie al cavolo, se la passi a tre metri a destra o quattro a sinistra senza tagliar fuori mezzo avversario forse anche Rincon può sognare di fare il regista. Certo, il compassato bosniaco fa forse più bella figura rispetto a Verdi che entra per non azzeccare una giocata una in verticale - quello per cui due anni fa era stato pagato 24 milioni - ma almeno la volta che ne imbroccherà una (possibilmente prima di fine campionato, grazie) metterà magari un compagno davanti al portiere avversario; e costui, forse, incredibile dictu, farà addirittura gol!

Né, del resto, puoi pensare di ricucire per bene rattoppando alla meno peggio. Che questa squadra sia scarsa lo diciamo da tempo; che il Covid le abbia dato un’altra roncolata, quando il nuovo allenatore stava trovando una qualche quadra, è un fatto; che il Toro sia il club più tartassato dagli arbitri (vedi, anzi riguarda, come avrebbe dovuto fare Orsato, l’affossamento di Belotti in area a Marassi risolto con un fischio ai danni del Gallo ché tanto va di moda) lo attesta qualsivoglia classifica relativa a torti e favori in Serie A; che possa però ancora evitare un’umiliante e disastrosa caduta in B, considerato che ci sono state almeno finora tre squadre capaci di fare peggio, è comunque un pensiero fondato e doveroso. Purché a nessuno, qualora Nicola riuscisse nell’obiettivo per cui è stato ingaggiato al posto di Giampaolo, venga mai in mente di vendere (ai tifosi) o addirittura rinfacciare (alla critica) l’eventuale salvezza come un’impresa. Perché quello che più emerge, sopra ogni altra considerazione contingente, è il fallimento globale del progetto Toro, se mai sotto la reggenza Cairo ve ne è stato uno degno di tal definizione.

L’analisi di tutti i flop (ancorché sommaria, poiché per sviscerare nel dettaglio ogni attentato agli storici valori granata in questi anni di depressione non basterebbe un libro) la potete leggere a destra. Ciò che più colpisce, anzi sconcerta, a latere di questo decalogo del pianto che riassume il vuoto di Toro come un bignami, è la devastazione compiuta negli affetti della tifoseria, la quale una volta - al di là di simpatie o antipatie che ovunque creano fazioni - era comunque unita da un comune sentire granata, da un senso di appartenenza condiviso. La rivendicazione (e conseguentemente la difesa a spada tratta) dell’Idea Toro veniva sempre e in ogni caso prima di qualsiasi opinione in merito alla squadra, al gioco, alle politiche della società. Adesso siamo alla tabula rasa desertificata. I giocatori - a parte Belotti, ma a volte si deraglia perfino lì - più che insultati sono messi alla berlina; il presidente è diventato uno zimbello, per tacere di chi si spinge oltre con auguri irripetibili e inauditi; sul resto della dirigenza, a sentire e leggere i commenti, meglio stendere un pietoso velo. Molti si augurano tafazzianamente la retrocessione, nell’illusione che - oltre al disastro sportivo ed economico - possa portare a una rifondazione societaria purchessia. Nemmeno ci si può più aggrappare ai ragazzi del vivaio, per quasi un secolo fiore all’occhiello e modello per il calcio non solo italiano: ormai si rischia la B anche lì, e sotto la Primavera è pure gelido inverno; mentre i leggendari maestri della gioventù granata - da Ussello a Vatta, da Ellena a Rabitti e all’avvocato Cozzolino - si rivoltano nella tomba. Vista la Juve col Benevento, sembra quasi più facile sperare di far punti nel derby (ei fu) che veder ricostruire un settore giovanile nell'ologramma del Robaldo.

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...