Ferretti: "Questo Toro è una scatola vuota, noi ex proviamo rabbia"

Giocatore, tecnico della Primavera, vice di Radice, capo osservatori e del vivaio: "Il problema non è solo lo scouting. Ignorati i maestri granata, la storia, i tifosi"
Ferretti: "Questo Toro è una scatola vuota, noi ex proviamo rabbia"

TORINO - È metà mattina quando ci chiama Mirko Ferretti. Una sorpresa e un gran piacere, anche perché non lo sentivamo da qualche tempo. «Pronto? Sono arrabbiato, arrabbiatissimo». Ferretti è quel che si dice una colonna e un pozzo di storia. Uno dei tanti maestri, grandi e veri, del Toro e di Toro sino agli Anni 90, dopo essere stato un allievo al Fila. «Studiando sotto le ali di giganti come Ellena, Bearzot, Rocco». Ci telefona da casa sua ad Alessandria. Il 25 giugno compirà 86 anni.

Torino, le parole di Mirko Ferretti

«Ho appena finito di leggere l’inchiesta che avete pubblicato sulla desolazione e sulla dissoluzione del settore scouting del Torino. E anche la dura, severa, giustissima, perfetta intervista di Carlo Jacomuzzi, che lavora proprio con me da osservatore al Toro alla fine degli Anni 80. Non potevo non telefonare. Voglio farvi i complimenti, ma devo anche sfogarmi. Mi è di nuovo salita la rabbia… Succede sempre così. Da una valanga di anni. Sono decenni, ormai. Una deriva progressiva. E poi mi conoscete, non sono uno che sta zitto, che subisce e sopporta. E no! Io mi incazzo sempre! Noi ex proviamo continuamente tristezza e rabbia nel vedere com’è caduto in basso il nostro Toro. Un dolore psicologico, ma anche fisico. Come se qualcuno ci mangiasse lo stomaco da dentro, morso dopo morso. Vediamo tutta la nostra semina, tutto il nostro lavoro, tutta la nostra fatica di una vita, tutta la nostra eredità calpestata, ignorata, dimenticata, magari anche sbeffeggiata. Io agli inizi degli Anni 90, quando lavoravo ancora nel Toro come capo del vivaio e di tutti gli osservatori, dentro di me sentivo di portare avanti anche una missione nata 70, 60 anni prima. Con i Balon Boys del leggendario Baloncieri, quando alla fine degli Anni 20, da giocatore e campione granata, iniziò a organizzare e creare un settore giovanile fin avveniristico, per quei tempi. E quindi capite bene che passione, che fuoco sacro granata potevo avere. Che dovere morale sentivo. E, come me, tanti, tantissimi altri professionisti di sangue granata al mio fianco in società e nel settore giovanile. O nei decenni precedenti. Quando giocavo, oppure quando allenavo la Primavera, o quando iniziai a far da vice a Radice, un anno dopo lo scudetto».

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