Torino, il 4 maggio di Juric. Prima volta: brividi e operazione Europa

Il tecnico ha dimostrato fin dall’inizio della stagione di voler immergersi totalmente nel mondo granata: forti motivazioni che gettano ulteriore luce e speranze sul suo ciclo triennale
Torino, il 4 maggio di Juric. Prima volta: brividi e operazione Europa

TORINO - Ci sono argomenti (e fatti, episodi, accadimenti) di cui Juric ama discorrere anche in conferenza stampa, spesso e volentieri tra dichiarazioni scoppiettanti. Non si fa molti problemi a sottolineare critiche e inviti a specifici miglioramenti nell’organizzazione societaria, nella gestione del mercato, nella lungimiranza delle strategie ad ampio raggio. Non ha peli sulla lingua anche quando si tratta di pungolare, bacchettare chi talora non è sufficientemente allineato nell’approccio agli allenamenti. Parimenti, in quest’immagine rovesciata come davanti allo specchio, non appena lo ritiene giusto Juric non lesina complimenti ai ragazzi, sottolinea l’unità del gruppo, le fatiche, i meriti. E non si stanca mai di ricordare (giacché ogni strada ha il suo inizio, ogni viaggio porta in grembo una partenza) dove diavolo fosse finito il Toro negli ultimi due anni prima del suo arrivo: 4 allenatori (Mazzarri, Longo, Giampaolo e Nicola), il travaso di 3 direttori sportivi (da Petrachi a Bava a Vagnati), ribaltoni continui e uno sprofondo progressivo camminando sul ciglio del burrone. In una parola, la retrocessione.

Adesso, con 3 partite da giocare muovendo dalla soglia dei 47 punti, davanti a Ivan vi è la possibilità di migliorare il primato conquistato nella sua ancor giovane carriera di allenatore di A: a quota 49 col Verona, 2019- 2020. Ma non è solo o tanto la statistica ad attribuire un peso specifico alla sua rivoluzione (salvifica). Sin dall’inizio ha messo in chiaro ogni aspetto programmatico-organizzativo-gestionale, sin dall’inizio ha parlato da allenatore da Toro e non da vacuo dipendente del Torino Fc, sin dall’inizio ha conquistato i tifosi con una miscellanea di progetti e fatti. Al Fila ha ricostruito un gruppo sfaldato, lucidando stimoli e autostima, resuscitando giocatori, lanciandone altri, creando una squadra con un’identità garibaldina e orgogliosa, partorendo anche un gioco coraggioso e spesso brillante. Alla fine dello scorso maggio firmò un contratto triennale. Si ritrova, oggi, con una collina di rimpianti (i punti persi nei finali di partita: il Toro potrebbe essere addirittura in corsa per l’ultima piazza europea, se...), ma soprattutto con una montagna di traguardi raggiunti, di progressi oggettivi, di prospettive illuminate. Una risorgenza in tre tappe per il mondo granata.

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