Marino: "Vedo il Torino in Europa. Zapata fa la differenza. Juric? Rinnova"

L'ex ds dell'Udinese si è espresso anche sulla Superlega: "Sono contrario. Portano benefici solo a pochi club"
Marino: "Vedo il Torino in Europa. Zapata fa la differenza. Juric? Rinnova"© LAPRESSE

Pierpaolo Marino è uno di quei ds italiani (non molti, in verità) che fanno la differenza, oggi come ieri. E, facile immaginarlo, anche domani. D’altra parte vorrà dire qualcosa anche il fatto che, subito dopo i brillanti esordi all’Avellino a inizio Anni 80, si trovò chiamato e promosso nell’estasi di un Napoli baciato dall’arrivo di Maradona. Post scudetto con Diego, la Roma nell’87, di nuovo l’Avellino (ma da presidente), il Pescara, quindi la nuova grande svolta, il primo ciclo a Udine da dg, con le prime qualificazioni dei bianconeri nelle Coppe. Poi di nuovo il Napoli, dalla in C all’Europa, e la semina lungimirante di Bergamo. Infine il ritorno dai Pozzo, nel ‘19. Un altro ciclo in crescendo, chiusosi lo scorso giugno. L’Udinese di oggi appare tutta un’altra storia, laggiù in classifica. Marino vive sempre a Udine: e i tifosi lo fermano per strada, rimpiangendolo. Ma lui ha stile, non solo qualità da top manager, un’esperienza quarantennale e un fiuto speciale per i giovani di talento da scovare in Italia come in qualche angolo del mondo. Mille scoperte, cascate di plusvalenze.  

 

  
Cosa succede a Udine, Marino? 
«Sono addolorato. L’Udinese è nel mio cuore. Mi spiace molto per la famiglia Pozzo e per i tifosi. Il momento è veramente delicato. Adesso conta solo uscire da questa situazione, da quest’annata anche un po’ stregata. Da quando arrivai nel ‘19, stavamo crescendo progressivamente, ma ora sembra di essere tornati alle difficoltà di 5, 6 anni fa. Mi addolora per la famiglia Pozzo perché l’amicizia che mi lega a loro è veramente fortissima, ormai da una vita. Ogni tanto sento Gino, pure qualche giorno fa. Era sereno, combattivo, fiducioso, nonostante le delusioni: atteggiamento giusto». 
 
Con lei avevano fatto bene sia Sottil sia Cioffi...  

«Ma il Torino commetterebbe l’errore più grosso se pensasse che l’Udinese vale i punti che ha. Tutt’altro, vale molto di più, la rosa è forte. Però poi gli infortuni e altri problemi... Ora spero con tutto il cuore che al più presto la squadra si tiri su. E si giocherà già tanto in questa trasferta a Torino».  
 
Un giovane giocatore dell’Udinese che esploderà negli anni?  

«Adesso è infortunato, purtroppo: senza dubbio lo sloveno Bijol, che prendemmo l’anno scorso. Un difensore fortissimo, abile anche a uscire palla al piede e impostare, di grande qualità e maturità nonostante abbia solo 24 anni. Un giorno giocherà in una big. Lo vedremo anche all’Europeo».  
 
Un giocatore del Torino che ha tentato di portare nell’Udinese? 
«Djidji, 3 anni fa. Ma era un’operazione troppo complessa. Ero anche su Ricci. Ma alla fine la spuntò il Toro, offrì di più all’Empoli. Il giorno dopo telefonai a Vagnati per fargli i complimenti».  
 
Lo stile è stile. Quando tornerà in azione? 
«Quando mi verrà esposta una proposta molto intrigante. Solitamente io in un club sto 4 o 5 anni, apro dei cicli. Non ho fretta. La prossima sarà probabilmente l’ultima squadra, dopo 46 anni di carriera. Per cui sceglierò con giudizio dove andare. E ho ancora lo spirito di un leone».  
 
Ha parlato anche con Cairo, di recente? 

«Onestamente, no. Colgo l’occasione per ricordargli che la mia simpatia e gratitudine per lui sono sempre grandi, così come la stima»: e ride. «Rido perché negli ultimi 15 anni ho guadagnato un bel po’ comprando più volte le azioni del suo gruppo. Sempre ottimi investimenti. “Urbano, sei un bravissimo amministratore, mi hai fatto incassare tanti soldi”: un giorno in Lega glielo dissi. Lui non sapeva nulla delle mie operazioni in Borsa con la Cairo Communication... Io i titoli me li studio bene, prima di investire».  

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Scommetterebbe anche sulle azioni di Juric?  
«Sì. In Italia, Juric, come Gasperini e pochi altri, è un allenatore che coniuga ciò che serve al calcio di oggi: preparazione fisica, intensità, aggressività. E poi, in un così bel contesto, trova il modo per lanciare giocatori di talento. Il calcio di Juric e Gasperini mi piace. Cairo ha avuto il merito di sostenerlo sempre, Ivan, anche quando il tecnico lo attaccava ripetutamente in pubblico. Allenatori col suo carattere vivono tutto così intensamente da subire stress emozionali fortissimi, che poi li portano anche a fare dichiarazioni mal sopportabili da una dirigenza. Invece Cairo ha sempre perdonato, sopportato e supportato Juric nonostante i suoi errori di comunicazione. E lo ha anche ascoltato, nelle scelte. I risultati positivi sono sotto gli occhi di tutti, in questi due anni e mezzo».  
 
Ma Juric è in scadenza a giugno.  
«Ma secondo me tra febbraio e marzo lui e Cairo rinnoveranno il contratto: la cosa più probabile. Da molto tempo Juric non critica più la società, i toni sono distesi, la classifica è buona e prevedo che sarà anche decisamente migliore, alla fine. La classifica è cortissima e il Toro ha la rosa per lottare per l’Europa League. Ed è sicuramente in lizza per la Conference. Col girone di ritorno inizierà il vero campionato: e il Torino disputerà un ottimo ritorno, ne sono convinto. Ora poi che Juric ha anche trovato il modulo giusto con la doppia punta... Zapata sta tornando a brillare ed è uno che fa la differenza. Anche Sanabria sta crescendo. La svolta è stata giusta, il Toro ha due attaccanti da alta classifica».  
 
Realisticamente, Buongiorno potrà diventare una bandiera? 

«Sarebbe bellissimo per come vedo io il calcio: passione e attaccamento alla maglia, prima di tutto. Ma quando un top club italiano o straniero si presenta con una vagonata di milioni davanti a un club meno potente e a un giocatore, diventa quasi impossibile fermare il treno in corsa. Anche perché devi valutare pure l’aspetto motivazionale: quali sarebbero gli effetti sul rendimento di un giocatore trattenuto controvoglia? Anche questo ormai ci si deve domandare, sempre più spesso».  
 
La sua risposta è un assist per chiederle della Superlega.  
«Una svolta epocale, ciò che è successo. D’ora in poi un’eventuale scissione di club in Europa sarà possibile, è stata legalizzata. Non subito, ma non mi stupirei se tra una decina anni avessimo una Nba in salsa europea. Il trend sembra chiaramente questo, viste le multinazionali, i fondi e le potenze economiche sempre più gigantesche in ballo attorno al calcio d’élite. Oltre agli arabi, naturalmente. Quando i tribunali ordinari mettono mano al calcio creano scompiglio. Lo si era già visto ai tempi di Bosman o con la legge 91. Però questo è un terremoto enormemente più grande. Io sono contrario, perché queste svolte nei tribunali non sempre portano benefici. Oppure li portano solo a pochi club, che sono già i più ricchi e potenti. Nei fatti, la Superlega sarebbe un torneo quasi esclusivamente a iscrizione, svuoterebbe di interesse i campionati nazionali, la forbice tra pochi club e tutti gli altri diventerebbe ancora più enorme, in particolare le società di medio e medioalto livello sarebbero le più danneggiate. Il tutto, a vantaggio anche di club che già non rispettano nemmeno il fairplay finanziario... E poi penso ai tifosi: la massa non capirebbe. Io sono per il calcio antico: la passione che si tramanda di padre in figlio, gli stadi pieni, le qualificazioni alle Coppe frutto solo di meriti guadagnati sul campo... Cosa sarà il nostro calcio tra 10 o 15 anni? Solo uno show plastificato, temo, per pochi club eletti, che si invitano tra loro a tavolino a giocare un torneo con la certezza tutti gli anni di incassi smisurati da tv e sponsorizzazioni. Non è il mio calcio, ma nemmeno quello di milioni e milioni di tifosi». 

 

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Pierpaolo Marino è uno di quei ds italiani (non molti, in verità) che fanno la differenza, oggi come ieri. E, facile immaginarlo, anche domani. D’altra parte vorrà dire qualcosa anche il fatto che, subito dopo i brillanti esordi all’Avellino a inizio Anni 80, si trovò chiamato e promosso nell’estasi di un Napoli baciato dall’arrivo di Maradona. Post scudetto con Diego, la Roma nell’87, di nuovo l’Avellino (ma da presidente), il Pescara, quindi la nuova grande svolta, il primo ciclo a Udine da dg, con le prime qualificazioni dei bianconeri nelle Coppe. Poi di nuovo il Napoli, dalla in C all’Europa, e la semina lungimirante di Bergamo. Infine il ritorno dai Pozzo, nel ‘19. Un altro ciclo in crescendo, chiusosi lo scorso giugno. L’Udinese di oggi appare tutta un’altra storia, laggiù in classifica. Marino vive sempre a Udine: e i tifosi lo fermano per strada, rimpiangendolo. Ma lui ha stile, non solo qualità da top manager, un’esperienza quarantennale e un fiuto speciale per i giovani di talento da scovare in Italia come in qualche angolo del mondo. Mille scoperte, cascate di plusvalenze.  

 

  
Cosa succede a Udine, Marino? 
«Sono addolorato. L’Udinese è nel mio cuore. Mi spiace molto per la famiglia Pozzo e per i tifosi. Il momento è veramente delicato. Adesso conta solo uscire da questa situazione, da quest’annata anche un po’ stregata. Da quando arrivai nel ‘19, stavamo crescendo progressivamente, ma ora sembra di essere tornati alle difficoltà di 5, 6 anni fa. Mi addolora per la famiglia Pozzo perché l’amicizia che mi lega a loro è veramente fortissima, ormai da una vita. Ogni tanto sento Gino, pure qualche giorno fa. Era sereno, combattivo, fiducioso, nonostante le delusioni: atteggiamento giusto». 
 
Con lei avevano fatto bene sia Sottil sia Cioffi...  

«Ma il Torino commetterebbe l’errore più grosso se pensasse che l’Udinese vale i punti che ha. Tutt’altro, vale molto di più, la rosa è forte. Però poi gli infortuni e altri problemi... Ora spero con tutto il cuore che al più presto la squadra si tiri su. E si giocherà già tanto in questa trasferta a Torino».  
 
Un giovane giocatore dell’Udinese che esploderà negli anni?  

«Adesso è infortunato, purtroppo: senza dubbio lo sloveno Bijol, che prendemmo l’anno scorso. Un difensore fortissimo, abile anche a uscire palla al piede e impostare, di grande qualità e maturità nonostante abbia solo 24 anni. Un giorno giocherà in una big. Lo vedremo anche all’Europeo».  
 
Un giocatore del Torino che ha tentato di portare nell’Udinese? 
«Djidji, 3 anni fa. Ma era un’operazione troppo complessa. Ero anche su Ricci. Ma alla fine la spuntò il Toro, offrì di più all’Empoli. Il giorno dopo telefonai a Vagnati per fargli i complimenti».  
 
Lo stile è stile. Quando tornerà in azione? 
«Quando mi verrà esposta una proposta molto intrigante. Solitamente io in un club sto 4 o 5 anni, apro dei cicli. Non ho fretta. La prossima sarà probabilmente l’ultima squadra, dopo 46 anni di carriera. Per cui sceglierò con giudizio dove andare. E ho ancora lo spirito di un leone».  
 
Ha parlato anche con Cairo, di recente? 

«Onestamente, no. Colgo l’occasione per ricordargli che la mia simpatia e gratitudine per lui sono sempre grandi, così come la stima»: e ride. «Rido perché negli ultimi 15 anni ho guadagnato un bel po’ comprando più volte le azioni del suo gruppo. Sempre ottimi investimenti. “Urbano, sei un bravissimo amministratore, mi hai fatto incassare tanti soldi”: un giorno in Lega glielo dissi. Lui non sapeva nulla delle mie operazioni in Borsa con la Cairo Communication... Io i titoli me li studio bene, prima di investire».  

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