Cairo e Juric, il grande freddo Toro

Tra pochi mesi scadrà il contratto del tecnico e della questione il presidente non vuole più sentire parlare: una situazione che rischia di destabilizzare. L’incertezza sul futuro dell’allenatore non aiuta una squadra che sta provando ad andare in Europa
Cairo e Juric, il grande freddo Toro© LAPRESSE

Al centesimo “vivacchiare” Cairo è esploso. Mettendo in evidenza quanto era prevedibile: la perdurante situazione di stallo in riferimento al proseguimento o meno del rapporto tra il Toro e Ivan Juric crea tensioni proporzionali all’avvicinarsi della primavera. Un po’ perché il presidente vorrebbe essere il migliore in circolazione, come tale ambito dai propri allenatori e le continue perplessità del croato lo indispettiscono, un po’ perché nel vincolare la permanenza al raggiungimento dell’Europa da parte di Juric c’è qualcosa che non torna. Sì, bello, ma sottostante al quanto personalmente e a livello di società si possa ancora fare per aumentare il livello di qualità dei granata. Senza Europa me ne vado, altrimenti, è un po’ come il pallone è mio e me lo porto via. Si sente una sorta di distacco, con tale argomentazione. “Il Toro è casa mia e assieme cresceremo” sl Toro è casa mia e assieme cresceremoarebbe un discorso indubbiamente più empatico.

Le parole di Juric e di Cairo

E invece venerdì sera dopo una vittoria contro il Lecce il tecnico ha riproposto il “fosse per me rimarrei ma...”. Queste le sue parole: «Io voglio restare qui per tanto tempo, ma voglio portare in alto questo club perché lo merita. Voglio obiettivi chiari, vivacchiare non mi interessa». Pochi minuti dopo, nel replicare al proprio allenatore, Cairo si è infuocato: «Non mi interessa un c...o - ha scosso i presenti -. Ne abbiamo parlato e riparlato, adesso centriamo gli obiettivi e poi vedremo». Quindi l’affondo, più ragionato: «Juric l’ho voluto, l’ho difeso nei momenti difficili e gli pago un annuale da 2 milioni, chi più del sottoscritto lo stima, però si vive bene anche senza Juric». Parole di chi prende atto di un’attuale distanza, acuita dal giro d’orizzonte fatto dal tecnico con altri club. Concreto l’interesse del West Bromwich, per il granata che dall’Inghilterra era stato sondato anche dal Nottingham Forest.

La pace studiata e le rotture sfiorate

La storia con il Toro deve ancora essere scritta, ma la sensazione è che le parti abbiano stabilito una pace se non forzata comunque studiata a tavolino, e non sorta da un autentico progetto comune. Ora, almeno, pare così. Tanto che si dà conto degli allenatori già individuati dal direttore dell’area tecnica Vagnati per l’eventuale dopo Juric. E proprio sull’asse dt-tecnico si è consumata, nell’era-Ivan, una tensione passata alla storia dei ritiri estivi. Con spintoni, urla, insulti diretti e a terzi e il tutto trasmesso sui social. Tanti, in questi quasi tre anni, i momenti nei quali si è rischiata la rottura. O nei quali per non arrivare a strappi una delle parti ha fatto uno, due, o anche tre passi indietro. Proverbiali, e calati nel contesto positivi erano i pugni battuti da Juric per ottenere attenzione sul mercato e disponibilità ad acquistare da parte di Cairo.

Basta che a rimetterci non sia il Toro

Una lotta gliene va dato atto dura da sostenere, e che anche se parziali ha portato buoni frutti. Poi c’è stata la lotta per il Fila, adesso adeguato come più volte riconosciuto dallo stesso allenatore. Che però al terzo anno, e dopo un primo campionato nel quale il Toro si è scrostato la paura della retrocessione accumulata nelle due stagioni precedenti, e un secondo nel quale si è stabilizzato, si aspettava uno slancio che non è arrivato. Resta la buona base, con alcune eccellenze quali sono Schuurs (rotto dall’inizio), Buongiorno, Zapata e forse Bellanova. Gli altri sono elementi intermedi, o ancora in fase di maturazione come Ricci e Ilic: un gruppo che può provare ad andare in Europa, ma che per come è costruito non ha il dovere di riuscirci. Chiaro che sarà più semplice provarci infondendo tranquillità alla squadra, nel caso - di Juric - anche dichiarando in anticipo che quella in corso sarà l’ultima stagione sulla panchina granata. Ci può stare come ci può stare resti, purché la scelta sia fatta con cuore, testa e convinzione. Questo balletto, invece, rischia di urtare gli animi e creare problemi. Che ci fosse stato uno scarto tra i primi incontri e i fatti lo si era capito da subito: «Qui c’è una politica di austerity della quale non ero al corrente», diceva Juric nell’estate del 2021. La società rispose con l’arrivo di Zima, Praet e Brekalo. E si è un po’ sempre andati avanti così, a strappi, tra migliorie ottenute con lotte estenuanti e concessioni elargite a fatica. In questo spazio Cairo e Juric hanno provato a trovarsi più di una volta, senza però trovare l’intesa definitiva. Decisivo è che a rimetterne non sia il Toro, i cui successi sono necessari al tecnico come al presidente.

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