La chiarezza e il rispetto dei tifosi del Torino

Perché la gente del Toro, davvero, di questi penosi teatrini non ne può più. Europa o non Europa. È questione di rispetto, ancor prima che di risultati
La chiarezza e il rispetto dei tifosi del Torino© LAPRESSE

Ora, delle due l’una: o Juric si è già impegnato con il West Bromwich Albion per allenarlo dalla prossima stagione nella Championship d’Inghilterra, Cairo lo ha annusato e - sentendolo parlare a ogni pié sospinto di ambizioni future con il Torino - gli è montata la mosca croata al naso; oppure il presidente, come la maggior parte della gente granata paventa, considerata la patina di mediocrità in cui da quasi un ventennio ha naftalinizzato il Toro, ha semplicemente perso l’autocontrollo ascoltando il tecnico vincolare le proprie aspirazioni di permanenza a «obiettivi prestigiosi, senza più vivacchiare».

Juric-Cairo, il grande freddo Toro

Il 10° posto e lo scudetto del bilancio

Esattamente ciò che i tifosi, dimenandosi tra disperazione e rassegnazione, da lustri depressi e repressi invocano. Esattamente ciò che da Juric - dopo certi proclami iniziali per un bel po’ supportati dai fatti, in campo e nelle interviste - avrebbero voluto continuare a sentire, prima che Ivan s’incartasse tra sbalzi d’umore, limiti dialettici e permalosità assortite, parto malnato di un’evidente involuzione nel gioco (in progressivo peggioramento) e nei risultati (altalenanti, all’insegna di una media modestia). Esattamente quello che Cairo, convinto di essere il miglior presidente del mondo e di aver sempre allestito organici da Champions League, non sopporta di sentir dire e nemmeno di leggere. Non lo sopporta perché lo mette di fronte alle sue responsabilità (mentre di obiettivi calcistici lui non ne dichiara mai mezzo, a parte quello da lui inventato - il 10° posto - e lo scudetto del bilancio; peraltro ora piange miserie pure lì) e soprattutto al nulla (due settimi posti in 19 campionati, di cui 4 in Serie B; un derby vinto su otto miliardi disputati) fin qui conquistato dalla sua squadra.

Polemiche sterili e insopportabili

Se nessuna delle due opzioni corrispondesse alla realtà, significherebbe che sia l’uno sia l’altro hanno completamente smarrito l’equilibrio e il buon senso: quello che imporrebbe, subito dopo una vittoria attesa come il pane e che in qualche modo alimenta ancora speranze d’Europa, di pesare le parole senza mostrarsi in balia degli umori del momento; di non ammorbare, cioè, l’ambiente con dispute polemiche a distanza che ormai sono divenute insopportabili, oltre che sterili; anche perché sempre meno persone credono alla buona fede, o quantomeno alla sincerità, dei protagonisti. Il fintissimo volemose bene a più riprese ostentato lascia ogni volta sconcertato, basito chi ben conosce il reale pensiero che ciascuno ha maturato dell’altro. Ma del resto ci troviamo ad analizzare le dinamiche relazionali di una società dove tecnico e direttore sportivo si sono quasi messi le mani addosso dicendosi le peggio cose in pubblico per poi andare avanti come se nulla fosse, tra imbarazzanti attestati di stima reciproci, ciccì e coccò.

Juric, il West Brom e i punti persi

L’eventuale intesa già trovata da Juric con un altro club (la notizia del West Bromwich, data da Tuttosport sei giorni fa, non è stata in alcun modo smentita) per poi riprendere a mandare messaggi più o meno ruffiani alla platea, darebbe un senso umano e manageriale allo sbrocco di Cairo, giustificandone almeno in parte l’incavolatura. Una cosa è certa: se il proprietario del Torino Fc - cedendo a un anomalo turpiloquio, come la peggior versione di un De Laurentiis minore, rivendicando il fatto di averlo scelto, difeso e pagato, come se si trattasse di meriti e non di doveri, di prerogative presidenziali - intendeva mettere ancor più in cattiva luce Juric e appuntarsi qualche stelletta sulla giacchina, ha ottenuto l’effetto contrario. Il calo di popolarità del croato, fu Ivan il credibile, era stato brusco e clamoroso, sull’onda di sbandate dialettiche allucinanti (cit.) che avevano legittimato il risentimento di una tifoseria sì brontolona ma certo impagabile, per attaccamento alla maglia e fede nel niente. Chi prima sosteneva il tecnico, al netto di qualche se e qualche ma, lo aveva sostanzialmente scaricato, convincendosi nella migliore delle ipotesi che non avesse capito niente del posto in cui ha avuto la fortuna (o, a seconda dei punti di vista, la sfiga) di dover lavorare; nella peggiore, che in fondo non gliene fregasse nulla, che avesse già la testa da un’altra parte, che cercasse soltanto delle scuse ai risultati deludenti e alle scelte sbagliate, che sotto la patina della schiettezza e dell’ingenuità celasse in realtà l’esclusiva protezione dei propri interessi e delle proprie idee di gioco (circoscritte, e ben codificate dagli avversari; pure da quelli più scarsi, seppur sempre esaltati manco fossero il Real Madrid).

Si vive senza Juric, perfino senza Cairo

Da venerdì sera, Juric ha riguadagnato punti; o, quantomeno, Cairo ne ha persi altri. E quanti, per motivi calcistici e caratteriali (non si può sempre deragliare, in campo e fuori; non ci si può sempre lamentare di qualcosa o di qualcuno), auspicano un cambio di panchina a contratto scaduto, certo non lo fanno per dare ragione a Cairo, che per la stragrande maggioranza dei cuori granata ha comunque sempre torto, per demeriti pregressi e, con costanza stupefacente, rinnovabili. La scaltrezza di Cairo nel gestire le risorse aziendali fa dubitare che si sia fatto passare sotto il naso l’accordo del suo allenatore con un altro datore di lavoro, nel momento in cui questi riapre a trattative di rinnovo in caso di eurorimonta. Ma se così è, l’uno e/o l’altro hanno il dovere di fare chiarezza. Subito. Perché la gente del Toro, davvero, di questi penosi teatrini non ne può più. Europa o non Europa. È questione di rispetto, ancor prima che di risultati. Si vive pure senza Juric, verissimo. Perfino senza Cairo.

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