Aldo, ha scritto nel suo ultimo libro zibaldone, una collezione di riflessioni con afflato poetico: «Sono il peggior nemico di me stesso, ma nel mio mondo non esiste l’odio». Oppure: «Vivo l’età dei ricordi e dei sospiri».
«I problemi che ho incontrato me li sono creati io. Ho affrontato la vita a muso duro, come cantava Pierangelo Bertoli in quella canzone meravigliosa. Nella vita sono andato avanti più con l’istinto che col ragionamento e tante volte l’ho pagata. Ma il mio carattere è questo e non lo cambio. Combatto chi è falso o cattivo. Desidero la verità. Mia moglie Nadia mi ha sempre ripetuto: Aldo, pensa a quel che dici prima di parlare. Ma io faccio l’opposto. Il mio carattere esce dal cuore, dall’anima. Non c’è niente da fare».
Domenica, compirà 80 anni. Il giorno dopo il derby.
«Mamma mia come s’è fatto alla svelta! Invecchiare è stato un attimo. Scrivere è il mio passatempo, adesso. Ne sto già scrivendo un altro, di libro. Sono quadretti sulla mia vita e sulla vita di tutti. Butto giù ciò che mi esce dal cuore. Non volevo pubblicarlo, ma la moglie del mio caro fratello Cereser, Lorenza, lesse i miei fogli e iniziò a ripetermi di farci un libro, tanto le piacevano le mie riflessioni. Anche a scuola amavo l’italiano... Mi apro con me stesso, scrivendo. Se no il tempo ti muore in mano. Poi li lesse un amico del Toro che venne a trovarmi qui a Piombino. Franco Carena, amante dell’arte: organizza mostre di quadri. Mi chiese il permesso, prese i fogli e li fece stampare da una tipografia a Torino. Quindi ha distribuito il libro nel suo Toro club. E ha spedito un bel po’ di copie anche a me. E io le regalo agli amici».
Altre riflessioni: «Sono giorni di povertà calcistica per una società che luccica di gloria. Oggi essere tifoso del Toro è un mestieraccio... ma quella maglia è come la mamma».
«Non si vince più niente, a differenza dei miei tempi. Ma bisogna pensare che noi vinciamo e vinceremo sempre: ogni domenica. Il mito rimane. Quando giocavo, abitavo in Lungo Dora Voghera. Praticamente sotto Superga. Dal mio piano c’era una vista meravigliosa sulla basilica. Tutte le mattine era come dire una preghiera per il Grande Torino. Indossavo il numero di uno di quei campioni. E con l’anima colma di emozioni andavo ad allenarmi al Fila. La maglia me la sono sentita subito sotto la pelle. Ho decine di libri sul Grande Torino. La mia salute non mi consentirà di andare a Superga il 4 maggio, per i 75 anni. Resto felicissimo di aver combattuto per un ideale. Ben contento di non essere andato altrove».
La Juventus offrì Zigoni al Toro, per lei. Fine Anni 60.
«Ci fu chi rispose no senza chiedermelo, tanto mi conoscevano. Solo la maglia del Toro poteva regalarmi l’onore di indossare la mitologia. Diventai grande al Fila fin dal vivaio. Passavamo vicino all’elica, alla grande ruota trovata a Superga... Nel cortile gli anziani insegnandoci la storia piangevano... Noi del Toro siamo questi. Una leggenda. Anche tra secoli. Solo noi abbiamo il Grande Torino. Ecco perché il Toro vince sempre. Anche quando perdiamo».
I derby sono una tortura, ormai. Non come negli Anni 60 e 70 con voi in campo.
«Perché non abbiamo giocatori abbastanza bravi per battere quelli della Juve. E per lottare per lo scudetto. Devo recitarvi le nostre formazioni? Non abbiamo più grandi giocatori. E chi tifa, lo fa innanzi tutto per amore. I risultati non basterebbero più. Il tifoso del Toro ama lo spirito. Per questo tramanda la fede».