"Uefa e Fifa devono ascoltare i club. Superlega, vi dico come andrà a finire"

Intervista a Giancarlo Abete, ex presidente Figc e vicepresidente Uefa, attuale numero 1 dei Dilettanti: "La sentenza era, a mio parere, abbastanza scontata"

In fondo la storia non è poi così nuova: la contrapposizione fra club e Uefa è vecchia di almeno trent’anni e si è presentata con sfumature e circostanze diverse. Ora i contorni sono più accesi, lo scontro è più duro e presenta più spaccature. Giancarlo Abete che di crisi di questo genere ne ha viste molte, oggi è il presidente dei Dilettanti e sorride: «Le vicende europee le vedo con molto meno stress».

Presidente, diversi i tempi in cui doveva gestire il pressing dell’Eca sull’Uefa, di cui era vicepresidente?
«L’Eca era una nostra controparte, anche molto aggressiva. Platini mediò e riuscì a portare l’Eca dentro l’Uefa, dando due posti nell’esecutivo con diritto di voto, che furono occupati da Agnelli e Rummenigge. Le istituzioni devono sentire le istanze dei club e i club devono farsi sentire, altrimenti sa cosa succede?».

Che cosa?
«Che le istituzioni si allargano (ride). Voglio dire, è una dinamica molto naturale delle situazioni politico-sportive. I club hanno delle esigenze e le istituzioni ne hanno altre, la mediazione è la strada per salvaguardare gli interessi e il sistema nel suo complesso».

Però, adesso, la Corte di Giustizia Europea ha sentenziato in modo piuttosto netto e ha detto che l’Uefa è un monopolio illegale.
«La sentenza era, a mio parere, abbastanza scontata. Mi spiego: la specificità dello sport, purtroppo, non è più riconosciuta da tempo, per cui era inevitabile che si arrivasse a quel tipo di pronuncia. Ora, però, dalla legittimazione di uno scenario bisogna passare all’operatività dello scenario stesso e può non essere facile. È una questione complessa quella di far nascere una nuova competizione internazionale dal nulla. Bisogna capire cosa vogliono fare i club, innanzitutto».

© RIPRODUZIONE RISERVATA



Al momento c’è un sostanziale attendismo, ma siamo solo all'inizio, è probabile che gli uomini della Superlega incomincino un lavoro di convincimento per poi contarsi. Nel frattempo la Uefa e, in generale, le istituzioni hanno una postura molto aggressiva.
«Ma sì, è logico. Adesso c’è anche un gioco delle parti. Da una parte c’è Florentino Perez che celebra il trionfo e parla di inizio di una nuova era, dall’altra Ceferin cerca di dare sicurezza al suo mondo. Ognuno con il suo carattere. Però, fra le righe, io ho inteso che Ceferin ha anche detto: “Leggeremo con attenzione”. Lo stesso Gravina è stato molto severo, ma come può comportarsi diversamente? È il vicepresidente dell’Uefa, deve essere lineare e allineato. Io credo che la mediazione sia l’unica strada per evitare di indebolire il sistema e, soprattutto, di impoverirlo, che in definitiva è quello che non vogliono i club, che da sempre reclamano più soldi».

Il fantasma della Superlega si agita in Europa da almeno trent’anni...
«Se si analizza la storia dei cambiamenti del format in Champions League si può leggere la storia dei rapporti fra i grandi club e l’Uefa. I grandi club cercano più risorse, ma forse ancora di più stabilità. Il rischio di non qualificarsi è sempre molto temuto per una società che si gioca con quella qualificazione una fetta importante del bilancio. Io credo che l’Uefa si renda conto di questo, così come è consapevole che se mancano i grandi club dei grandi Paesi il gettito dei diritti diminuisce».

Insomma, per lei, la mediazione è il finale di questa storia?
«Non lo so, intanto lo auspico per il bene del calcio che non necessita di divisioni. Poi posso pensare che alla fine le due parti possano trovare dei punti di contatto. Ogni volta che i club si sono mossi in modo intelligente hanno sempre trovato soddisfazione. Il progetto Superlega di aprile 2021, invece, è stato uno strappo, che di solito non porta a niente. Adesso mi sembra di leggere fra le righe la volontà di dialogare e il dialogo è essenziale. Ripeto: ci sono delle posizioni ufficiali, da tenere anche per dare forza ai propri eserciti, poi c’è la diplomazia».

Infantino da presidente della Fifa può essere l’uomo della grande mediazione?
«Sinceramente non lo so. Certo, Ceferin ha il suo carattere e io sono molto legato, per ragioni personali e di ricordo del periodo passato insieme, a Michel Platini. Insomma, preferisco non fare nomi, anche perché non spetta a me farli. Io posso dire che una mediazione fra gli interessi degli uni e degli altri si può e si dovrebbe sempre trovare».

© RIPRODUZIONE RISERVATA

In fondo la storia non è poi così nuova: la contrapposizione fra club e Uefa è vecchia di almeno trent’anni e si è presentata con sfumature e circostanze diverse. Ora i contorni sono più accesi, lo scontro è più duro e presenta più spaccature. Giancarlo Abete che di crisi di questo genere ne ha viste molte, oggi è il presidente dei Dilettanti e sorride: «Le vicende europee le vedo con molto meno stress».

Presidente, diversi i tempi in cui doveva gestire il pressing dell’Eca sull’Uefa, di cui era vicepresidente?
«L’Eca era una nostra controparte, anche molto aggressiva. Platini mediò e riuscì a portare l’Eca dentro l’Uefa, dando due posti nell’esecutivo con diritto di voto, che furono occupati da Agnelli e Rummenigge. Le istituzioni devono sentire le istanze dei club e i club devono farsi sentire, altrimenti sa cosa succede?».

Che cosa?
«Che le istituzioni si allargano (ride). Voglio dire, è una dinamica molto naturale delle situazioni politico-sportive. I club hanno delle esigenze e le istituzioni ne hanno altre, la mediazione è la strada per salvaguardare gli interessi e il sistema nel suo complesso».

Però, adesso, la Corte di Giustizia Europea ha sentenziato in modo piuttosto netto e ha detto che l’Uefa è un monopolio illegale.
«La sentenza era, a mio parere, abbastanza scontata. Mi spiego: la specificità dello sport, purtroppo, non è più riconosciuta da tempo, per cui era inevitabile che si arrivasse a quel tipo di pronuncia. Ora, però, dalla legittimazione di uno scenario bisogna passare all’operatività dello scenario stesso e può non essere facile. È una questione complessa quella di far nascere una nuova competizione internazionale dal nulla. Bisogna capire cosa vogliono fare i club, innanzitutto».

© RIPRODUZIONE RISERVATA
Loading...
1
"Uefa e Fifa devono ascoltare i club. Superlega, vi dico come andrà a finire"
2
Pagina 2